Out of The Forest

Robert Smith fuori dai Cure: le collaborazioni più interessanti

C’è vita per Robert Smith fuori dal pianeta Cure. Ed è molto più ricca e sorprendente di quanto si possa immaginare. Il ruolo che Smith ha avuto nella formazione di tanti artisti rende ancora più affascinanti le sue collaborazioni: incontri creativi non solo con coetanei, ma anche con musicisti emersi nei decenni successivi. Dalla partnership più celebre in campo dark con l’anima affine Siouxsie Sioux al duetto con l'idolo di sempre David Bowie, dalle partecipazioni a progetti di Crystal Castles, Billy Corgan, Gorillaz e Chvrches ai sodalizi più inaspettati, come quelli con i Blink-182 e il recente incontro a sorpresa con Olivia Rodrigo, ripercorriamo - con una canzone per ognuna - le tappe più significative dell’attività del frontman dei Cure fuori dalla band-madre, che si accinge a intraprendere un nuovo tour nel 2026, dopo il fortunato ritorno discografico con “Songs Of A Lost World”.

Siouxsie and The Banshees feat. Robert Smith – Dear Prudence (1983)
Robert Smith conobbe Steven Severin, bassista dei Banshees, il 3 agosto 1979, a un concerto dei Throbbing Gristle e dei Cabaret Voltaire all’Ymca di Londra. All’epoca le due band erano legate alla stessa etichetta – Siouxsie and The Banshees alla Polydor, i Cure alla sussidiaria Fiction – e Smith, già estimatore di Susan Ballion e compagni, strinse subito amicizia con Severin. Quest’ultimo lo invitò ad accompagnare i Banshees nel tour britannico a supporto di "Join Hands", che prese il via nell’agosto dello stesso anno. Nel frattempo, a settembre, Siouxsie ricambiò il favore prestando la sua voce nei cori di "I’m Cold", lato B del singolo dei Cure "Jumping Someone Else’s Train", pubblicato poi a novembre. Tuttavia, dopo poche date, il chitarrista John McKay e il batterista Kenny Morris abbandonarono i Banshees. Smith si offrì di sostituire provvisoriamente McKay, pur continuando a suonare con i Cure che restavano la band di supporto. Alla batteria entrò Budgie, ex-Slits, e il tour riprese il 18 settembre, con Smith a dividersi ogni sera tra i Cure e i Banshees. Conclusa la tournée, Robert tornò a tempo pieno con la sua band, ma venne poi richiamato da Severin anche tre anni dopo, per rimpiazzare stavolta l’altro chitarrista John McGeoch, alle prese con problemi di alcol e un esaurimento nervoso. Smith accettò, unendosi ai Banshees nel novembre del 1982 e insisté per pubblicare insieme una cover dei Beatles, “Dear Prudence”, nel settembre del 1983: diventò la massima hit del gruppo della musa goth londinese, raggiungendo il n.3 nella Uk Chart. Smith ha poi registrato con i Banshees due concerti a Londra nel settembre 1983 per l'album dal vivo e il video “Nocturne”. All'inizio del 1984 Smith scrisse e compose con loro un album in studio “Hyæna” che uscì nel giugno dello stesso anno. Quindi, si congederà definitivamente alla fine del 1984. Siouxsie non la prenderà bene e il legame tra i due resterà complicato. Ma Smith rivelerà: “Suonare con i Banshees ha cambiato del tutto il mio atteggiamento rispetto a ciò che volevo fare”.


Glove (Robert Smith-Steven Severin) – Mr. Alphabet Says (1983)
All’inizio degli anni 80 i Cure e i Banshees attraversavano entrambi una fase di crisi: i primi, svuotati dopo il tormentato "Pornography", i secondi scossi dall’uscita di John McGeoch, reduce da un esaurimento nervoso durante il tour di "A Kiss In The Dreamhouse". In questo clima, le strade degli amici Robert Smith e Steven Severin finirono inevitabilmente per incrociarsi, accomunate dal bisogno di ritrovare leggerezza e nuove energie. Nel 1982 Severin partecipò a una prima collaborazione con i Cure su "Lament" (in una caotica versione flexidisc poi riarrangiata in "Japanese Whispers"), mentre Smith tornò nei Banshees per colmare il vuoto lasciato dal chitarrista. Ma la loro intesa non si limitò a questo: nacque anche l’idea di un progetto parallelo, libero da vincoli discografici e dalla pressione delle rispettive band. Da questa esigenza di evasione prese forma "Blue Sunshine" dei Glove, un disco pensato come spazio libero di sperimentazione, in bilico tra new wave e rock psichedelico. I due si suddividono i compiti: Severin firma quasi tutti i testi, delineando un universo onirico in cui convivono follia, desiderio e crimine, mentre Smith si occupa delle musiche, cantando solo in due brani, tra cui questo spiazzante "Mr. Alphabet Says", capolavoro di ironia corrosiva rivolto a chi tenta di limitarne la libertà. Il pezzo, costruito su pianoforti meccanici e archi discendenti (con il contributo di Anne Stephenson delle Venomettes), intreccia suggestioni psichedeliche e un testo che richiama il “toperchio” dell’Alice disneyana, ossessione condivisa anche dai Banshees, come dimostra lo special televisivo "Play At Home".


Robert Smith & David Bowie – Quicksand (live, 1997)

Se nella maggior parte dei casi, Smith ha collaborato con artisti che si professavano suoi fan, almeno una volta è stato lui a coronare il sogno di esibirsi assieme a un suo idolo. Il 9 gennaio del 1997, al Madison Square Garden di New York, David Bowie tiene un party stellare per festeggiare i suoi 50 anni. Per l’occasione, oltre ad anticipare diversi brani di “Earthling” che sarebbe uscito il mese dopo, l'artista inglese, affiancato dalla sua band comprendente Reeves Gabrels e Mike Garson, accoglie sul palco amici e colleghi come Lou Reed, Dave Grohl (Foo Fighters), Billy Corgan (Smashing Pumpkins), Frank Black (Pixies), Kim Gordon e Thurston Moore dei Sonic Youth e, per l’appunto, Robert Smith dei Cure, con cui dà vita a una struggente “Quicksand”. Per il frontman dei Cure è il sogno di una vita: “Sono stato folgorato dall’apparizione di Bowie a Top of the Pops del 5 luglio 1972 - racconterà - Nel momento in cui cantava ‘I had to phone someone so I picked on you’, ci ha indicato la telecamera e sapevamo che stava cantando quella frase per noi e per tutti i ragazzi che in quel momento erano incollati davanti alla tv. È stata una vera chiamata alle armi che ci ha messo sulla strada che presto avremmo seguito". Il duetto lo vede emozionato e felice accanto a un sempre impeccabile Duca Bianco.


COGASM – “A Sign From God” (1998)

Proprio assieme al chitarrista di fiducia di Bowie di quel periodo, Reeves Gabrels (già nei Tin Machine) e al batterista britannico Jason Cooper, Robert Smith si lancia anche nel campo della musica per il cinema, realizzando un brano per la colonna sonora del film "Orgazmo". Una breve parentesi tra industrial e rock alternativo che, di fatto, non avrà seguito, ma che si rivela una preziosa chicca per i fan.


Reeves Gabrels feat. Robert Smith – “Yesterday’s Gone” (2000)

Sempre al fianco dell'energico Reeves Gabrels, all’inizio del nuovo millennio Smith dà vita a quest’altra traccia rock, sospesa tra atmosfere dark e malinconiche, e debitamente sfregiata dal fragoroso chitarrismo noisy dell’ex-Tin Machine. Praticamente una outtake dal coevo “Bloodflowers” dei Cure.


Junkie XL feat. Robert Smith – “Perfect Blue Sky” (2003)

Un’altra sorprendente collaborazione di inizio millennio vede il frontman dei Cure alla corte del producer olandese Junkie XL, all’anagrafe Tom Holkenborg, attivo da tempo in campo della musica elettronica, tra techno, house e breakbeat. In questa vellutata e visionaria “Perfect Blue Sky”, Smith canta con la sua tipica intensità su un tappeto elettronico sintetico, moderno e retrò al tempo stesso.


Junior Jack feat. Robert Smith – “Da Hype” (2003)

Sempre in campo elettronico, Robert Smith mette a segno un’altra interessante collaborazione nello stesso anno, suggellando con il suo canto tormentato questo brano firmato assieme a Junior Jack, pseudonimo di Vito Lucente, dj e produttore italiano noto soprattutto per l'hit “Make Luv” edita con il progetto Room 5. Ne scaturisce un’imprevedibile versione dance di Smith, in un numero house dalla cassa dritta e dalle sfumature electro-funk, seppur non privo della consueta malinconia di casa Cure. L’incursione più audace del pioniere dark sulle piste luccicanti dei dancefloor.


Blink-182 feat. Robert Smith – “All Of This” (2003)

Non meno sorprendente anche l’irruzione di Robert Smith nel colorato universo pop-punk di Mark Hoppus e Tom DeLonge, titolari della ditta Blink-182. Noti per i loro solari inni pop-punk e per i toni goliardici dei loro brani, intessuti di riff di chitarra e melodie orecchiabili, i californiani sono quanto di più distante si possa immaginare dall’universo sonoro dei Cure. Eppure, la voce di Smith, innestata su un arrangiamento più cupo e riflessivo del solito per i Blink, porta un pizzico di ombrosità alla Cure anche sotto il sole di San Diego, riportando alla mente lo spirito di “The Lovecats”. Una collaborazione che comunque non giunge casuale per Mark Hoppus che rivelerà ad Alternative Press: “‘Just Like Heaven’ dei Cure è stato l’inizio di tutto per me. Era l’estate dopo la junior high, un’amica mi prestò una cassetta di ‘Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me’. La prima canzone che mi fece ascoltare fu proprio ‘Just Like Heaven’. Quel brano e quell’album divennero subito i miei preferiti… la loro musica divenne la colonna sonora della mia vita… iniziai persino a vestirmi come Robert Smith”. Tom DeLonge ha invece confessato a Billboard di come il gruppo temesse che Smith non avrebbe accettato, vista la netta differenza di background musicali. Ma il frontman dei Cure sorprese tutti dimostrando di non avere pregiudizi: “Nessuno sa che canzoni scriverete in futuro, nessuno conosce il vero potenziale di una band. Mi piace molto la musica che mi avete mandato”. Il brano nacque in due fasi. DeLonge cantò le prime due linee del ritornello, poi venne inviato il brano a Smith in Inghilterra, che registrò i suoi vocals e lo rispedì alla band, che aggiunse tracce di batteria e Mellotron. “La canzone è stata registrata in quattro studi diversi su due continenti ed è una delle migliori del disco”, commentarono orgogliosamente i Blink-182 .


Tweaker feat. Robert Smith – “Truth Is” (2004)

Ancora elettronica, mista a scorie industrial e pulsazioni glitch, in questo brano magnetico in cui Smith porta il suo inconfondibile canto al servizio del progetto di Chris Vrenna, già batterista dei Nine Inch Nails fino al 1997. Un’altra chicca che dimostra come il frontman dei Cure si trovi particolarmente a suo agio anche in queste atmosfere più prettamente industrial e alternative, che forse non avrebbe fatto male a coltivare anche nel percorso dei Cure degli anni Duemila.


Billy Corgan feat. Robert Smith – “To Love Somebody” (2005)

Che Billy Corgan fosse un fan sfegatato dei Cure era apparso evidente da tempo – basterebbe anche solo l’ascolto del capolavoro alternative-dark “Adore” degli Smashing Pumpkins per rendersene conto. Meno prevedibile era la possibilità che l’agognato duetto con l’idolo della gioventù avvenisse sul terreno di una mielosa pop ballad firmata dai Bee Gees: quanto di più lontano si possa immaginare dai territori d’elezione di Cure e Pumpkins. Eppure, le due icone rock incrociano le voci con disinvoltura, in una gelida versione dream-pop del classicone dei fratelli Gibb, che tinge l’originale di cupezze dark e lampi glam. Corgan la racconterà così: “Io e Robert abbiamo parlato di fare qualcosa insieme. L’ho chiamato e gli ho detto: ‘Okay, penso di avere la canzone giusta per te’. ‘È una delle tue?’. ‘No, è una canzone dei Bee Gees’. E ci fu questa lunga, meravigliosa pausa sulla linea. Poi, con quell’accento inglese: ‘I Bee Gees?’. Di recente aveva visto un documentario su di loro e ha detto: ‘Okay, sono aperto a questa possibilità’”. Tanto per ribadire una volta di più l’apertura mentale del musicista inglese, ben distante dalla raffigurazione stereotipata che spesso se ne fa.


Crystal Castles feat. Robert Smith – “Not In Love” (2010)

Nacque quasi per caso l’incontro tra Smith e il duo elettronico canadese formato da Ethan Kath e Alice Glass. I Crystal Castles avevano campionato senza permesso la sua voce da una registrazione live dei Cure di “Killing An Arab”. Interpellato dalla band, invece di limitarsi a concedere l’autorizzazione, Smith propose di reincidere le parti vocali, portando “Not In Love” a un livello completamente nuovo. Si trattava di una cover dei connazionali Platinum Blonde, inclusa dai Crystal Castles nel loro secondo album omonimo del 2010. La prima versione di "Not In Love", in chiave synth-pop, risulta più morbida rispetto a quella di Smith, che si avvicina al gothic rock con ritmi più marcati e synth più intensi, dando vita a un brano magnetico. Una cover che riceverà molti apprezzamenti, in particolare per l’interpretazione vocale, al punto che diverse testate la inseriranno tra i migliori brani del 2010.


CHVRCHES feat. Robert Smith – “How Not To Drown” (2021)

La band scozzese ha raccontato che la collaborazione con Smith è nata da un curioso malinteso: il loro manager, parlando con un conoscente, aveva accennato alla possibilità di un contatto con il leader dei Cure. Poco dopo arrivò una mail da Smith stesso: “Ho sentito che mi stavi cercando”. Dopo aver ascoltato un brano dei CHVRCHES che richiamava chiaramente le chitarre dei Cure, Smith ironizzò: “Volete che lo suoni io, così andate direttamente alla fonte invece di imitarmi?”. Poco dopo, la notte di Halloween, inviò alla band le sue tracce vocali: così nacque “How Not To Drown”. Martin Doherty ha ricordato l’emozione di quel momento: “Non voglio ammettere che mi sono venute le lacrime agli occhi, ma è stato davvero speciale”.


Gorillaz feat. Robert Smith – “Strange Timez” (2020)

Nel progetto “Song Machine” dei Gorillaz (2020), ogni brano prevedeva almeno un ospite. “Strange Timez”, inciso in piena pandemia da Covid-19, è nato interamente via mail. Damon Albarn ha spiegato: “Abbiamo fatto tutto a distanza”. E Smith ha commentato entusiasta: “Ho pensato che fosse un lavoro eccellente. Ho sentito una scossa nella forza e ho detto: ‘Meglio che lo faccia subito’”. Ne è nato un brano che oscilla tra elettronica e psichedelia, con la voce di Robert Smith, ipnotica e stralunata da par suo, che pare provenire direttamente da un’altra galassia.


Olivia Rodrigo & Robert Smith – Just Like Heaven (live, 2025)

La strana coppia nata sul palco di Glastonbury 2025. Vedere insieme Olivia Rodrigo e Robert Smith ha incuriosito fan di generazioni e generi decisamente distanti. Ma durante il suo set al festival britannico, la popstar statunitense presentò Smith come il suo "eroe personale": "Non riesco a trattenere l’eccitazione per il prossimo ospite, è forse il miglior autore di canzoni mai uscito dall’Inghilterra", disse prima di cantare con lui "Friday I’m In Love" e "Just Like Heaven". In seguito, l'ex-stellina Disney e oggi regina del pop della Generazione Z ha pubblicato i due brani dei Cure cantati insieme al frontman inglese nel suo "Live In Glastonbury", in uscita a dicembre del 2025.

05/10/2025