I numeri di Wikipedia

Parte 3: i dischi pił venduti di tutti i tempi

Terza e ultima parte del viaggio a puntate fra i numeri sballati e le esagerazioni che riguardano il mercato discografico, con attenzione particolare sulle responsabilità di Wikipedia nel diffondere quelle che sono a tutti gli effetti informazioni scorrette. 
Il primo appuntamento è stato dedicato a "La vita è adesso", il celebre album di Claudio Baglioni, mentre il secondo ha riguardato l'analisi di un elenco dei presunti dischi più venduti sul territorio nazionale.
 
"La lista degli album più venduti" (?)

Per chiudere il cerchio, l'attenzione si sposterà sul mercato internazionale: l'oggetto in analisi sarà infatti la pagina di Wikipedia "List of best-selling albums", dalla versione in inglese dell'enciclopedia online (mentre le prime due puntate si erano confrontate con quella in italiano).
La pagina contiene cinque liste: gli album sopra i 40 milioni di copie, quelli nelle fasce 30-39 e 20-29, una lista in ordine cronologico degli album che hanno di volta in volta ottenuto il titolo di disco più venduto di sempre (conclusa da "Thriller" di Michael Jackson, che dall'epoca è rimasto insuperato), e infine una lista dei dischi più venduti anno per anno a livello mondiale, che copre però soltanto il nuovo millennio.
 
Sono esattamente dieci gli album accreditati nella prima fascia da Wikipedia. Al primo posto c'è appunto "Thriller", con 70 milioni, circa 51,3 dei quali ufficialmente certificati. I restanti 18,7 possono tranquillamente essere frutto di mancati aggiornamenti o di vendite avvenute prima che una data nazione si dotasse delle certificazioni: basti pensare che in Italia l'album risulta aver venduto 200mila copie dal 2009 in poi (fra le quali sono conteggiati i cosiddetti streaming equivalents). Prima di quella data il disco è stato un bestseller sul nostro mercato (fu il più venduto del 1983), ma non ci sono certificazioni a testimoniarlo: mancherà all'appello almeno un milione di copie.
In Giappone la certificazione è di 100mila copie, ma solo le vendite tracciate da Oricon ammontano a oltre un milione e 740mila copie entro il 2012 (saranno pertanto anche superiori alla cifra in questione, dato che Oricon non traccia le vendite una volta che un album abbandona la sua classifica e che "Thriller" ha sempre continuato a vendere in sordina nel corso del tempo).
In Francia l'album è stato certificato per un milione di copie vendute, ma la cifra è in realtà di gran lunga superiore (sia InfoDisc, sia ChartMasters lo stimano sopra i 3,5 milioni – nessuno dei due siti è esente da difetti, ma nei casi in cui riportano dati concordanti si va tendenzialmente sul sicuro).
In sostanza, solo fra Italia, Giappone e Francia mancano all'appello delle certificazioni oltre 5 milioni di copie: 18,7 milioni a livello mondiale non appaiono pertanto assurdi, soprattutto se si includono gli streaming. 
 
Al secondo posto è stato piazzato "Back In Black" degli Ac/Dc, con 50 milioni (31,2 dei quali certificati). MediaTraffic stima l'album a 39 milioni, ChartMasters a 43 includendo vendite digitali e streaming, in ogni caso ben sotto i 50 e l'unica fonte riportata al riguardo su Wikipedia è un articolo di Billboard, che – e questa cosa andrebbe ripetuta fino allo sfinimento – non ha alcuna autorità sulle vendite a livello mondiale. L'articolo, a firma Kenneth Partridge, non era peraltro basato su dichiarazioni ufficiali di case discografiche o su certificazioni di sorta: il giornalista non ha specificato da dove provenisse la cifra.
Ciò detto, visti i grandi volumi di streaming che il disco continua a muovere e le sue vendite fisiche, che nonostante tutto proseguono benché a ritmi molto più lenti che in passato, il traguardo verrà probabilmente tagliato prima o poi: al momento però non è ancora all'orizzonte. Inoltre, l'affermazione di Partridge sui 50 milioni risale al 2015 e non è pertanto giustificabile in alcun modo.
 
Al terzo posto appare "The Bodyguard", colonna sonora dell'omonimo film interpretata per metà della scaletta da Whitney Houston, con 45 milioni (28,7 dei quali certificati). La cifra non è spropositata, ma andrebbe limata al ribasso.
Controllando altre fonti, MediaTraffic lo stima a 38 milioni, mentre ChartMasters proprio a 45. ChartMasters non è tuttavia convincente nella sua stima: per esempio, dà l'album a 2,95 milioni sul mercato giapponese, ma il disco è stato certificato per 2 milioni dalla Riaj, peraltro dopo che era uscito dalla classifica per non farvi più ritorno: è impossibile che abbia venduto quasi un ulteriore milione senza risultare una forza di catalogo particolarmente rilevante.
In Francia il disco è stimato a un milione e 300mila copie da ChartsInFrance e a un milione e 440mila da InfoDisc, mentre ChartMasters dichiara un milione e 735mila: sono circa 300mila copie oltre la stima più ottimistica degli altri siti specializzati, un eccesso basato su presunte vendite di catalogo del disco, che in realtà sono state scarse, a giudicare dalle classifiche locali. 
Il disco viene dato a un milione e 250mila copie anche in Italia da ChartMasters, cifra non dissimile da quella della Wikipedia inglese, che per il nostro paese segnala un milione di copie fino al 1999 e 25mila copie dal 2009 a oggi. Tuttavia, ChartMasters non riporta fonti, mentre Wikipedia riporta un articolo del Corriere della Sera a firma Mario Luzzatto Fegiz, proverbialmente noto per la sua scarsa credibilità.
Andando a vedere i dati reali, ciò che si sa con certezza è che l'album rimase al numero 1 per quattro settimane nella classifica di Tv Sorrisi e Canzoni, per due in quella di Musica e Dischi e per sette in quella della Rai. Nella classifica per dimensioni più completa delle tre, quella di "Sorrisi", rimase nella top 50 per 32 settimane. Nessun disco dell'epoca con una simile permanenza in classifica e un solo mese passato in vetta ha superato il milione di copie vendute, non si capisce pertanto perché dovrebbe esserci riuscito quello di Houston, considerando che in Italia non si è neanche rivelato un long-seller (il suo unico rientro in classifica, al numero 36, è avvenuto in seguito alla morte dell'artista). Il dato di ChartMasters per il nostro paese è stato gonfiato di almeno 400mila copie.
In Germania il disco è certificato per un milione e mezzo, ma ChartMasters lo stima a un milione e 850mila copie, senza che risulti alcuna vendita di catalogo rilevante. Solo fra Giappone, Francia, Italia e Germania, insomma, il sito gli conferisce un eccesso di due milioni di copie: se ha operato simili stime in eccesso anche per il resto del mondo, ecco che i 38 milioni calcolati da MediaTraffic appaiono più credibili.
Tornando a Wikipedia, i 45 milioni riportati non sono frutto di stime calcolate in base a classifiche o quant'altro, ma semplicemente affermazioni perentorie riportate da qualche articolo, il più vecchio dei quali, datato maggio 2017, proviene dal sito dei Grammy Awards, che non hanno alcuna autorità sulla misurazione delle vendite, né negli Stati Uniti, né nel resto del mondo.
 
La lista di Wikipedia prosegue con "The Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd, che pareggia "The Bodyguard" a 45 milioni di copie, solo 24,8 dei quali certificati. Il distacco di quasi 20 milioni è giustificato dalla data d'uscita del disco: negli anni Settanta le certificazioni erano in fase embrionale, e in seguito molte nazioni non si sono premurate di aggiornarle per dischi usciti anni o decenni prima della loro nascita. Per esempio, in Italia è il disco più venduto di tutti i tempi, sopra i due milioni di copie, ma ne risultano certificate soltanto 300mila, come spiegato nel precedente articolo di questa serie.
MediaTraffic stima l'album a 43 milioni, Charmasters a 47,5 includendo vendite digitali e streaming, in ogni caso si veleggia intorno ai 45 e per una volta non serve approfondire più di tanto, qualsiasi indicatore rintracciabile conferma stime di quest'ordine di grandezza, e ciò ne fa il vero secondo disco più venduto di tutti i tempi dopo "Thriller".
È anche vero che "Back In Black" se la cava nettamente meglio in fatto streaming equivalents (bastano la title track e "You Shook Me All Night Long" per superare l'intero album dei Pink Floyd), quindi entro qualche anno potrebbe colmare la distanza. In fatto di copie fisiche, invece, il secondo posto di "The Dark Side…" appare inscalfibile. 
 
Al quinto e sesto posto della lista appaiono gli Eagles, con "Their Greatest Hits (1971-1975)" e "Hotel California", rispettivamente 44 milioni (41,2 certificati) e 42 milioni (31,8 certificati).Nel caso della raccolta, le certificazioni provengono quasi per intero dagli Stati Uniti, dato che la casa discografica, la Rhino, si è premurata di mantenere i dati aggiornati.Va tuttavia detto che, ancor prima della stima di Wikipedia, questa volta sono proprio le certificazioni ad apparire di dubbia veridicità: la Riaa ha infatti riconosciuto alla raccolta la bellezza di 38 milioni di unità sul mercato statunitense entro il 2018. La precedente certificazione, di 29 milioni, risaliva al 2006.
Da dove provengono questi 9 milioni di copie? Si potrebbe pensare a vendite di vecchio corso che non erano state ancora tracciate, come quelle dei music club, ma non è il caso, dato che a partire dal 1994, quando la Riaa lo rese possibile, gli Eagles avevano già aggiornato il catalogo delle loro certificazioni al riguardo. 
Deve quindi trattarsi di vendite nuove, ma non c'è modo in cui la raccolta possa aver venduto 9 milioni di copie in dodici anni a partire dal 2006: Nielsen SoundScan ha rilevato "soltanto" un milione e 200mila copie in questo arco di tempo e anche aggiungendo tutte le copie digitali e gli streaming, come ricostruito da ChartMasters, questa volta in maniera credibile, si potrebbero aggiungere al massimo un altro paio di milioni: ne mancano ben 6 all'appello. Nonostante la cosa sia stata fatta notare in giro per la Rete da innumerevoli appassionati, la Rhino e la Riaa non hanno mai fornito risposte al riguardo.
Insomma, quei 41 milioni certificati andrebbero più onestamente letti come 35 milioni, almeno finché non verrà fatta chiarezza.
La cifra dei 44 milioni riportati su Wikipedia non è neanche da prendere in considerazione, usando come fonte un articolo di una rivista britannica di carattere regionale, Harrogate Advertiser, che non vanta ovviamente alcuna autorità.
Anche per i 42 milioni di "Hotel California" la fonte riportata da Wikipedia è una rivista regionale, questa volta statunitense, ossia "Tuscaloosa News".
MediaTraffic e ChartMasters riportano rispettivamente 35 e 34 milioni di copie, cifre decisamente più credibili (anche "Hotel California" vanta un sospettoso balzo da 16 a 26 milioni nelle certificazioni statunitensi nel 2018). 
 
Al settimo posto compare Shania Twain con "Come On Over", con 40 milioni di copie (30,4 dei quali certificati). La cifra è da ritoccare al ribasso: MediaTraffic lo stima a 33 milioni, ChartMasters oltre i 36, includendo vendite digitali e streaming, cifre in ambo i casi sufficienti a renderlo il disco più venduto di sempre da parte di una donna solista. I 40 milioni di Wikipedia hanno come fonte un articolo del Guinness dei primati del 2015, che non ha autorità al riguardo e che peraltro spiega soltanto l'ammontare delle vendite sul mercato statunitense, ma non giustifica quelle nel resto del mondo.
 
L'ottavo posto è per "Rumours" dei Fleetwood Mac, con 40 milioni di copie (30,3 dei quali certificati). ChartMasters lo stima a 46 milioni di copie, incluse vendite digitali e streaming, mentre MediaTraffic a 36 milioni. Il distacco fra le due fonti è notevole. Le certificazioni non aiutano, perché se alcune sono piuttosto aggiornate (i 21 milioni negli Stati Uniti, i 4,5 nel Regno Unito), altre sono invece rimaste molto indietro (i 2 milioni del Canada risalgono al 1995, le 910mila copie dell'Australia al 2011) e il disco nel frattempo ha continuato a macinare numeri importanti.
ChartMasters potrebbe aver inflazionato alcuni numeri, avendo piazzato il disco a 525mila copie in Francia (InfoDisc ne stima invece 380mila ed è ben più verosimile, considerando che nel nuovo millennio le fortune della band in Francia sono state prossime allo zero, con appena due settimane nella top 100 degli album racimolate dal loro intero catalogo) e a 250mila in Italia, cifra sostanzialmente impossibile: l'album è stato certificato per 50mila copie fra il 2009 e il 2024, che è però sostanzialmente anche il periodo in cui si è affermato come classico nel nostro paese, in particolare grazie alla Rete e agli streaming, mentre in precedenza non aveva mai avuto particolare fama, basti pensare che all'epoca dell'uscita non entrò in alcuna classifica locale, neanche per una singola settimana. Un cifra complessiva di 100mila copie nel nostro paese è ben più verosimile.
Anche le 450mila copie vendute in Giappone non si capisce da dove provengano, dato che l'album all'epoca raggiunse soltanto il numero 33 della classifica locale e che in seguito non si è rivelato un buon titolo di catalogo (a oggi non ha ottenuto alcuna certificazione). Il problema maggiore è tuttavia che il suo totale delle vendite fisiche su ChartMasters riporta 37,7 milioni di copie, ma nel dettaglio delle stesse la somma delle cifre indicate è di circa 33,7 milioni. I 4 milioni mancanti sono accreditati alle nazioni su cui il sito non è riuscito a ottenere dati ufficiali, calcolati seguendo discutibili pattern di mercato e di siti collezionistici, in maniera del tutto arbitraria. Sottraendoli, farebbero scendere il totale stimato a 42 milioni, comunque ancora distanti dalla cifra di MediaTraffic, che dal canto suo non riporta fonti: se 46 è sicuramente troppo e 36 potrebbe essere poco, il disco si troverà da qualche parte intorno ai 40, il che renderebbe la stima di Wikipedia accettabile (anche se le fonti utilizzate per sostenerla – Cnn e Rolling Stone – non hanno alcuna autorità al riguardo).
 
Il nono posto spetta a un disco che in Italia non è mai entrato in classifica e non ha mai generato particolari entusiasmi neanche fra gli appassionati: "Bat Out Of Hell" di Meat Loaf, con 40 milioni di copie (22 dei quali certificati). La cifra è spropositata. MediaTraffic e ChartMasters concordano in una stima di 28 milioni, decisamente più verosimile e che non sminuisce in alcun modo l'impatto di quello che rimane a tutti gli effetti un blockbuster.
Chiude la top 10 la colonna sonora di "Saturday Night Fever", 40 milioni di copie (22,1 certificati). ChartMasters conferma la cifra, mentre MediaTraffic si tiene più cauto, con 35 milioni: non ci sono elementi per stabilire un dato preciso, ma è ragionevole che si trovi da qualche parte all'interno della fascia in questione. Per certo, all'infuori dei mercati anglofoni le certificazioni sono per la maggior parte embrionali e non aiutano a dare un'idea dell'enorme successo del disco.
 
La classifica corretta
 
Come visto, nella prima fascia c'è un solo album che appare fuori posto: "Bat Out Of Hell". Gli altri, pur essendo stati in diversi casi esagerati, vantano comunque le dimensioni per rientrare fra i dieci dischi più venduti di sempre. Con chi sostituire l'album di Meat Loaf?
Plausibilmente, con l'album più alto fra quelli che la stessa Wikipedia piazza nella fascia fra i 30 e i 39 milioni, ossia il quarto dei Led Zeppelin. Il celebre album senza titolo viene stimato sui 37 milioni di copie (la fonte è un articolo tratto dal sito di Wror, una radio del Massachussets). Di questi, 30,4 sono certificati. MediaTraffic lo stima intorno ai 34 milioni di copie, mentre ChartMasters si spinge oltre i 40, includendo vendite digitali e streaming. È ragionevole che l'album sia da qualche parte fra i due estremi indicati.
 
Va inoltre aggiunto un undicesimo album, perché non avendo possibilità di stabilire vendite precise al milione, una volta raggiunte simili dimensioni, è facile che le stime generino dei pari merito.
Il disco in questione è "Bad" di Michael Jackson, stimato su Wikipedia a 35 milioni di copie (come fonte, un articolo di Abc News: valore nullo, ma se non altro non è una radio regionale…), con certificazioni sorprendentemente basse: 21,2 milioni. Basterebbero a farne un successo colossale, ma non danno l'idea della mole dall'album, stimato da MediaTraffic a 33 milioni e da ChartMasters a 40, contando vendite digitali e streaming.
Il numero di ChartMasters va però ribassato, dato che le vendite di alcune specifiche zone non appaiono credibili. Il sito ha ipotizzato 4 milioni di copie sul mercato asiatico, ma la sola nazione di quel continente in cui ha generato numeri importanti è il Giappone, dove comunque, interpolando i dati di Oricon e Riaj, è poco sopra le 800mila copie (Sony Music reclama un milione e 300mila copie, ma la stessa Sony nel 2006 reclamava 104 milioni di copie venduti nel mondo da "Thriller", quando a oggi è ancora intorno ai 70: non esattamente la più infallibile e disinteressata delle fonti), e che abbia totalizzato altri 3,2 milioni di copie nel resto del mercato asiatico è ben dura, anche contando che il mezzo milione di copie stimato per la Turchia (peraltro senza fonte) è stato conteggiato per l'Europa. Per il resto del mercato europeo le stime appaiono invece più o meno esatte, eccetto per la Francia: un milione e 800mila copie, laddove InfoDisc si ferma a un milione e mezzo.
 
Stando a quanto sopra analizzato, si può ragionevolmente affermare che i dischi più venduti di sempre siano i seguenti:
 
Michael Jackson: "Thriller" – circa 70 milioni
Pink Floyd: "The Dark Side Of The Moon – circa 45 milioni 
Ac/Dc: "Back In Black" – circa 40 milioni
Fleetwood Mac: "Rumours" – circa 40 milioni
Whitney Houston + vari: "The Bodyguard" – circa 40 milioni
Bee Gees + vari: "Saturday Night Fever" – fra i 35 e i 40 milioni
Led Zeppelin: "Untitled" aka "Led Zeppelin IV" – fra i 35 e i 40 milioni
Eagles: "Their Greatest Hits (1971-1975)" – circa 35 milioni
Eagles: "Hotel California" – circa 35 milioni
Michael Jackson: "Bad" – circa 35 milioni
Shania Twain: "Come On Over" – circa 35 milioni
 
Come si noterà, si è preferito utilizzare delle approssimazioni, perché la verità è che neanche col massimo rigore possibile si potrebbero ricostruire delle cifre esatte, in particolar modo per dischi che vanno tutti piuttosto indietro nel tempo e per i quali ci si deve districare in una giungla di dati. Si invita a non prendere mai alla lettera una classifica dei dischi più venduti di sempre, qualora pretenda di saper specificare con certezza quanto abbia venduto uno qualsiasi dei dischi di cui sopra.
La lista potrebbe cambiare entro qualche anno in quanto gli streaming equivalents stanno alterando fortemente le dinamiche. Come già accennato, i Pink Floyd si sono rivelati più deboli del previsto in streaming, risultando nettamente inferiori ad altri classici del rock che un tempo sarebbero stati percepiti più o meno sulla loro stessa categoria, se non al di sotto: fra questi, ci sono loro diretti inseguitori come Ac/Dc e Fleetwood Mac.
Un altro disco con streaming sì ragguardevoli, ma che in proporzione alle sue vendite fisiche deludono, è "Come On Over" di Shania Twain, che ben presto potrebbe ritrovarsi scavalcato da album poco sotto la soglia dei 35 milioni, ma che macinano ascolti a velocità ben maggiori, come "21" di Adele o "Legend", celebre raccolta di Bob Marley.
Qui andrebbe invero aperta una parentesi sul calcolo degli streaming equivalents, che alcune case discografiche, con l'apparente compiacenza degli organi di certificazione, conteggiano in maniera particolarmente truffaldina, ma forse è il caso di rimandare la questione a un articolo a parte, perché è molto più complicata di come possa apparire.
 
La credibilità di Wikipedia
 
Tornando all'enciclopedia, cosa salta all'occhio della loro top 10? Che tutto sommato è abbastanza esatta: i dischi sono quelli e l'unico vero errore evidente è rappresentato dall'inserimento di "Bat Out Of Hell". Anche le alternative sono azzeccate: il quarto Led Zeppelin e "Bad", esclusi dalla top 10, appaiono comunque come i dischi più alti nella fascia appena al di sotto.
Rispetto al completo disastro della lista omologa creata dalla versione italiana di Wikipedia per il mercato nazionale (invero cancellata poco dopo la pubblicazione dello scorso articolo), quella della versione inglese per il mercato mondiale appare molto più solida. A ennesima riprova del fatto che la nostra versione della famosa enciclopedia è particolarmente scalcinata e inaffidabile.
 
Dopodiché, non bisogna neanche usare troppa benevolenza verso la Wikipedia in inglese: non può bastare il paragone impietoso di cui sopra per farle fare bella figura. Le imprecisioni sulle cifre rimangono (a causa dell'utilizzo di fonti che non hanno autorità in materia) e se si scendesse la lista nelle fasce sottostanti troveremmo ulteriori errori. Uno dei più vistosi è alla sezione "Timeline of the best-selling albums" (Cronologia degli album più venduti), dove spunta "In-A-Gadda-Da-Vida" degli Iron Butterfly, indicato come primo disco a raggiungere gli 8 milioni di copie e stimato a oggi a 30 milioni, con fonte il libro di Jeff March "Echoes Of The Sixties" (1999), che ovviamente non ha alcuna autorità al riguardo.
Il disco è stato quantificato per 4 milioni di copie entro il 1993 negli Stati Uniti e dall'epoca la sua certificazione non è più stata aggiornata. L'unica altra nazione in cui risultino vendite imponenti è la Germania, con mezzo milione di copie. Risultati di catalogo particolarmente rilevanti non ce ne sono: l'unica certificazione ricevuta nel nuovo millennio è per la ristampa in cd sul mercato britannico, che ha racimolato 60mila copie. Il disco è più verosimilmente da qualche parte nella fascia fra i 5 e i 10 milioni (ChartMasters lo stima intorno agli 8 milioni, benché senza riportare alcuna cifra dettagliata).
Inoltre, finora si è presa in considerazione una sola pagina, ma Wikipedia è composta da migliaia di pagine, e in quelle degli specifici album incontrare dati controversi è molto facile, anche per la versione inglese.
 
Il caso Blondie
 
Verrà preso in esame un caso per tutti, forse il più eclatante: "Parallel Lines" dei Blondie, la cui pagina Wikipedia ha per anni spacciato vendite per 20 milioni di copie, riportando come fonte un articolo del 2008 firmato da Gary Graff per Billboard, nonostante Billboard all'epoca non avesse alcun ruolo nella misurazione delle vendite dei dischi all'infuori degli Stati Uniti (e anche la classifica mondiale che stila attualmente è molto discutibile).
La cifra è stata in seguito abbassata prendendo come fonte un articolo di Bbc Four, che nel 2017 ha assegnato al disco 16 milioni di copie. Come non ha alcuna autorità al riguardo Billboard, non la ha neanche la Bbc, e la cifra rimane troppo alta. Dopo anni e anni – in cui il dato dei 20 milioni prima e quello dei 16 poi hanno così avuto modo di diffondersi ovunque – il 24 ottobre 2024 finalmente è stata aperta nell'apposita sezione dell'enciclopedia una discussione che mette in dubbio la stima. La stessa cronologia della discussione ci fornisce peraltro una piccola storia della diffusione di questa bufala: parrebbe che una delle prime fonti a citare la cifra dei 20 milioni di copie sia stata la rivista di cultura Lgbt Out, in un articolo del 1992. Prima di allora una delle stime maggiori era quella della rivista Cash Box (storica rivale di Billboard), che nel 1980 riportava 7 milioni di copie a livello mondiale. Come abbia potuto vendere 13 milioni a livello mondiale nei dodici anni successivi, quando era ormai uscito da qualsiasi classifica, non è dato saperlo. Senza contare che, per quanto Cash Box non avesse autorità sulle vendite a livello mondiale, ne aveva comunque più di Out, che non era neanche una rivista a indirizzo musicale.
Gli unici paesi dove l'album abbia ottenuto forti vendite di catalogo sono stati il Regno Unito (dove a oggi sfiora il milione e 700mila copie) e la Grecia (dove è rientrato in top 10 nel 2023, ma sullo stato del mercato musicale greco del 2023 è meglio sorvolare).
Il disco si aggirerà in realtà intorno ai 10 milioni di copie: contando le sue performance in classifica all'epoca, la più importante della quali fu rappresentata dalle 103 settimane nella top 200 di Billboard (tuttavia, soltanto 16 di queste nella top 40) e rapportando il dato alle vendite dei dischi che si comportarono in maniera simile in quella classifica, si può arrivare nella più ottimistica delle stime a 5-6 milioni, ma verosimilmente si sta al di sotto visto che la band non si è mai mostrata forte a livello di vendite di catalogo negli Stati Uniti (basti pensare che a oggi nel paese sono certificati per soli 5,5 milioni di album in tutta la carriera).
Anche ChartMasters si riferisce alla stima di 20 milioni di copie per l'album come al dato "più ridicolmente gonfiato di sempre" (titolo che spetterebbe forse a "In-A-Gadda-Da-Vida", ma poco cambia): in un articolo del 2016 il sito assegna 8,7 milioni di copie vendute all'album, più o meno in linea con quanto scritto poco sopra, anche se, come già detto, per dischi usciti in un'epoca in cui certificazioni e conteggi dettagliati non esistevano, è preferibile non fornire stime così precise.
 
In conclusione? Se si parla di vendite a livello mondiale, i dati vanno sempre presi cum grano salis e non esistono fonti certe al riguardo: il risultato più alto che si può raggiungere è di accumulare abbastanza esperienza nel corso degli anni – scovando il numero maggiore possibile di dati – da riuscire a distinguere, tramite paragoni ragionati, le stime fasulle da quelle realistiche, e sempre concedendo a quelle realistiche un margine più o meno ampio di errore, a seconda delle informazioni rintracciate. È uno di quegli argomenti in cui, purtroppo, non esiste una bacchetta magica.

16/01/2025

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