La mano tesa di Kanye West è arrivata insomma proprio nel momento in cui entrambi necessitavano di una rinascita umana prima ancora che artistica. Dimenticati alcuni recenti attriti, l’album/progetto a quattro mani che ne è scaturito, intitolato “Kids See Ghosts”, è quindi un’autocelebrazione di chi è riuscito a superare critiche e difficoltà, a ritrovare la fiducia in sé stesso e a concentrarsi sui sentimenti che contano davvero anche quando là fuori i fucili sono puntati contro (le sarcastiche mitragliate dell’invettiva d’apertura “Feel The Love”).
E’ una vera resurrezione musicale per entrambi, con l’uomo chiamato Cudi che finalmente si riposiziona sulla luna durante la riconciliante “Reborn”, ormai capace di convivere coi fantasmi del passato (quelli della spettrale e narcotizzante title track) e di non dissipare inutilmente le sue energie (i pezzi in scaletta sono ovviamente sette). D’altro canto, proprio grazie all’inclinazione folk di Cudi e alla sua cadenza perennemente scazzata, quelle atmosfere lo-fi che per molti intaccavano la qualità degli ultimi due lavori di West e finivano per donar loro quel non so che di raffazzonato, trovano finalmente in “Kids See Ghosts” la giusta collocazione e funzionalità, esaltando le canzoni e non facendole sembrare incompiute. Ed è così che Kanye ritrova il sacro fuoco di “Jesus Walks” in “Fire” e “4th Dimension”, intrise di tradizione e umori gospel.
Incurante delle dinamiche trap che dominano la scena attuale, anticonvenzionale e di rottura al limite del desueto, “Kids See Ghosts” è quanto di più grunge si possa immaginare in questo decennio e non soltanto per via delle cadenze rock di “Freeee (Ghost Town Pt. 2)” e della chitarra di Kurt Cobain campionata nell’allucinata “Cudi Montage”.
A differenza della vecchia collaborazione con Jay Z in “Watch The Throne”, Kanye West non ha preso alcuna precauzione con Kid Cudi ed è per questo che, almeno stavolta, 1+1=3.
(06/07/2018)