Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 127 - Marzo 2022

01_hatemer_600HATE & MERDA - OVUNQUE DISTRUGGI (Dio Drone et al., 2022)
post-hardcore

Unnecessary 1, batteria, e Unnecessary 2, chitarra e voce, sono due non meglio identificati figuri del sottosuolo cacofonico e bombarolo del fiorentino uniti negli Hate & Merda. Dopo "L'anno dell'odio" (2014) e "La capitale del male" (2016) i due rimangono più che mai fedeli alla loro linea con "Ovunque distruggi". "Zoster" è un'altra matrice della loro visione negativa, in cui lanciano strali e maledizioni su un palpito di simil-mellotron King Crimson-iano e poi un irretito informe duetto che, infine, assume tinte funeree. Gli discende per prima una "Cardioide" di otto minuti, l'elettronica ridotta a un sordido battito nel buio con bisbigli di terrore che erutta in una tragicità noise-core slabbrata. Seconda figlia è "Sotto voce", un'elegia introdotta da una nuova bava di vento di tastiere e condotta da una recitazione monologante che culmina in una più coerente espansione sinfonica post-rock. "Andrà tutto muori" comincia con un hardcore classico, svaria a doom-metal fino, in "Ovunque", a dipingere ironicamente la loro idea di nulla (vento, piatti e accordi dolenti). Tra i brani brevi, il singolo "Un coltello sotto il letto divide il dolore in due" (2021) non va molto oltre la routine a parte una fugace evocazione del galoppo dei Gun Club. Meglio il death-core tribale di "Peculiar Cerbero", sudicio di rivoltante elettronica concreta vocale, e "Incontrovertibile", tra un'arringa alla Jesus Lizard e la "Negativland" dei Neu. Terzo capitolo dopo una pausa di un lustro, il loro più quintessenziale a partire dalla titolazione visceralmente "contro": è una sorta d'album-risposta al sentimentalismo di Capossela ("Ovunque proteggi", 2006) da parte di un combo-risposta al fighettume della nota griffe (H&M). Ingolla stilemi - invero spesso risaputi - e li risputa come grezzi contrasti d'ira, nervosismi, malanimi, asti, ansie. Postmodernismo nichilista, volendo. Co-prodotto con Toten Schwan Records e Breathe Plastic Records. Grafica: Riccardo "Zulhate" Zulato (Michele Saran, 6,5/10)


02_deephDEEPHO - CHIARO (Peermusic Italy, 2021)
alt-rap

L'estetica sconnessa e il rap parimenti molle, che spesso imita una modificazione casuale del pitch, del Deepho di "Chiaro" sono espresse nei quattro gioielli d'apertura. "A pensar male" si fonda su sax scisso e voci moltiplicate. Anche meglio, "Zima blu" vomita droni e stridori allucinogeni mentre il rap giochicchia con l'avanguardia vocale. "Samo" è un delirio a velocità tripla amplificato da nuovi miasmi e inceppamenti del beat. "Brutto da dì" è più babele ad armonie vocali folk che hip-hop (malato). Giusta appendice è "Dipo telefono casa", uno skit folleggiante. Da "Non mi va" (un urban-rap rivisitato in digitale) a "Cosa ti chiedi" (una meditazione in forma d'anthem) passando per "Dita cotte", l'affare invece s'infurbisce di mainstream, pur continuando a toccare corde eversive. Prodotto, come il primo mixtape "Ventunesimo fallimento" (2018), da Michael "iiodato" Mills, il debutto di Deepho (al secolo Matteo Di Felice, Parma, 97) è uno dei pochi dischi del nuovo hip-hop digitale, e unico in Italia finora, a radicalizzare il procedimento creativo riscoprendo il caro vecchio caos graffitaro e persino inglobare - non consciamente e non proprio compiutamente - nobili stilemi Dadà. Accompagnato da un "Documentary" (2021) su YouTube di una ventina di minuti a cura dei due (Michele Saran, 6,5/10)


03_helenaHELEN ARIA - AFRODISIACO (Tde ProductionZ, 2021)
pop

Eleonora Iamonte, cantante e multistrumentista (flauto e autoharp), coadiuvata dal produttore e arrangiatore Momo Riva, dà vita al progetto Helen Aria. Primo Ep, "Helen" (2019), e primo mini, "Clouds" (2020), sono ancora acustici. "Aria" (2020), al contrario, si affida ciecamente all'elettronica dance. Dissipa per bene questo squilibrio il tenue folk orchestrale di "Afrodisiaco", a partire proprio dalla title track cantata con serena pace zen, e poi nella tenera marcetta-motto de "La sfinge". "Deneb" spettacolare nei suoi rigurgiti hard-rock, e la "Achoo" degli Sparks, volta a energetico reel celtico, alzano comunque la posta. Le cose mutano ancora con un'altra doppietta, "Diamanti di cuoio" e "Grandma's Reading Class", con l'adozione del bilinguismo e, soprattutto, di un suadente folk-jazz, la prima in forma da camera, la seconda in forma di busker alla Quintorigo. Primo vero successo e primo album poliglotto dell'aostana (anche il francese in "Et Cetera"), scisso con poco organica nonchalance e di transizione, ma pure figlio di una papabile, singolare gazzarra inventiva. Mette in luce connotati da folletto Dusty Springfield-iano e St Vincent-iano - "Mama Show Me" è prossima a "Somebody Like Me" - in canzoni sentite, e si corona della duttile lucentezza del violoncello di Federico Puppi, tanto Malmsteen quanto Vivaldi, forse il leader morale del progetto. Marginale, invece, l'altro cello di Stefano Blanc dell'Orchestra Rai. Apporti multimediali a cura di Andrea Cadioli (Michele Saran, 6,5/10)


04_francescobFRANCESCO BAIGUERA - POST JAZZ CHAMBER MUSIC (Aut, 2022)
post-bop

Il chitarrista jazz bresciano Francesco Baiguera esordisce come compositore con gli otto "Preludes" (2020) in trio, ma "Nues" (2020) si rivolge alle cover pop e il live "Reithia" (2020) è vieppiù un affare di gruppo. Il primo personale raggiungimento artistico si concreta dunque nelle elastiche composizioni contenute in "Post Jazz Chamber Music". "Heavy Blue" è un duello noir swingante che sa di Grappelli e Hawkins. "Beauty Through Clouds" è una sonata d'avanguardia post-tonale condotta dal violino (fughe, fraseggi imitativi e variati), e la prima parte di "Never So Close" si addentra ancor più in meandri oscuri Bartok-iani con tracce di contrappunto Dixie. Dall'"Intermezzo" (un groove funk del contrabbasso e un riff rhythm 'n' blues di sax e chitarra) l'affare si fa più tradizionale in senso bebop, specie nel blues catalettico di "Istantanea" (pur con un assolo diabolico di un violino in vena Tartini-iana). Concepita nel lockdown, questa quasi-suite priva di batteria ma comunque parecchio attenta alle scansioni ritmiche, forse un po' supponente (vedi titolo), ha indubbie qualità narrative e cinematiche ottimamente distribuite e, talvolta, intensificate nei finali. Massimiliano Milesi (sax tenore e soprano), Daniele Richiedei (violino), Giulio Corini (double bass) suonano talmente convinti da sopravanzare le intenzioni del leader (Michele Saran, 6,5/10)


05_vintageviVINTAGE VIOLENCE - MONO (Maninalto, 2021)
alt-rock

A sette anni da "Senza paura delle rovine" (2014) e a tre dalle rivisitazioni acustiche di "Senza barrè" (2018), Nicolò Caldirola, Rocco Arienti, Roberto Galli e Beniamino Cefalù, in arte Vintage Violence, riprendono un bello slancio in "Mono". L'anthem quasi-apocalittico di "Piccolo tramonto interiore", uno dei loro migliori, si esprime con un deciso piglio dance-punk, a tratti con vezzi prog. Gli seguono "Have A Nietzsche Day", melodioso e dolente, e una disamina esistenziale ancor più torrenziale e sfrigolante, "L'astronauta". "Zoloft" assume la struttura da tipica ballata quieta nella strofa e forte nel ritornello, ma è una scusa per aumentare un contrasto sottile tra dotti toni da camera e sgolate lapidarie alla Ferretti. Non suonano affatto incoerenti, così, due numeri revisionisti come la ballata-slogan antimilitarista post-De Andrè di "Prato fiorito" e il manifesto ideologico post-Guccini di "Dicono di noi". Il quinto e forse più riuscito album dei lecchesi in vent'anni di esistenza ha tre qualità: urgenza, secchezza, autenticità. Un caso abbastanza raro di flusso chitarristico all'unisono o a staffetta ben equiparato al flusso di parole, non meno ben integrato alla sezione ritmica. D'enfasi un po' robotica, in altalena tra durezza e irriverenza, evidenzia come mai prima un'estetica di complesso post-punk fronteggiato da un cantautore. Non un cantautore qualsiasi, ma qualcuno nella vena tutta Phil Ochs di condire i temi seri con l'ironia, spesso citazionistica. Camei di Gianpiero "Jam" Kesten, mitico speaker di Radio Popolare, e della figlia di Caldirola. Master di "Ragno" Favero (Michele Saran, 6,5/10)


06_kic_600KICK - LIGHT FIGURES (Anomic, 2022)
noise-pop

Chiara Amalia Bernardini (voce e basso) e Nicola Mora (chitarra e dispositivi elettronici) danno vita ai Kick. Ancora piuttosto amatoriali nel primo "Mothers" (2016), che comunque contiene "Land" e gli otto quasi-elettroacustici minuti di "Human Error", i due mostrano potenzialità nel mini "Post-Truth" (2018), affine a certi territori della Too Pure. "Light Figures" invece si rimangia quelle leziosità per incorporare viepiù una spinta punk e lo-fi, fin da "Rubberlover", loro nuovo classico insieme dolce e tossico, etereo e urbano, aulico e lascivo. A partire da "Sirens Never Sleep" si danno a un rozzo ritrovato industrial-pop, insistentemente formulaico, insieme con "Setting Tina", ancor più rarefatta e fantasmagorica, spappolata in un concertino di distorsioni lancinanti, e "24-Hour Delivery Club", acidamente cibernetica. Compromesso ma pure apice è "Sparks", cantilena strafatta dapprima incanaglita in un ritmo rimbalzante con clavicembalo, quindi adagiata su una spianata di screziature Jesus And Mary Chain. Chiuso il periodo Giovanni Versari, produttore dei primi dischi, il duo bresciano apre quello Marco Fasolo: indovina un'atmosfera spompata, sospesa, che sa di malsano e di vuoto, risalta l'impulso ritmico, a partire dal basso di Bernardini, oltre, pur non brillantemente, a rovistare e mischiare cliché elettronici e chitarristici. Erroracci in canzoncine fuori posto ("Viole", "Eleven") il cui languore frutta idealmente un sonnambulismo esoterico, "Atlantide" (Michele Saran, 6/10)


07_sanleviSANLEVIGO - UN GIORNO ALL'ALBA (autoprod., 2021)
alt-rock

Matteo Lambertucci, Lorenzo Imperi, Emanuele Campanella e Mattia Leoni, capitolini, sono i Sanlevigo. "Un giorno all'alba", loro esordio lungo, nelle intenzioni è un concept improntato alla psico-tanatologia, ossia l'ambito degli impulsi di morte e rinascita. Praticamente obbligatorio, finanche prevedibile, dunque, il clima crepuscolare delle loro ballate, anche se sussiste una certa varietà. C'è quella radiofonica, "Mille fiori", la lamentosa, "Nei panni sporchi di Venere", la lisergica e progressiva, "Perdersi" (con tromba, effetti sonori e dissonanze), la sprintante, "Le mie ombre", e la più "arena-rock", "Un pugnale nel cuore" (con il lavorio più consistente di chitarre). Un'ultima breve idea sta nel sax caotico nel mezzo di "Destini diversi", mentre diverse altre suonano soporifere o inutili ("Origami", "La nostra orbita", ecc). Anche gli intermezzi elettronici non disorientano a dovere. Suonato e cantato con apprezzabile grazia, anche per merito di Giovanni Versari, sempre bravo nel confezionare il rock medio, soffre di una certa superficialità nella gestione del dramma, sovente incollato al Radiohead-ismo prima maniera. Voce recitante di Alessia Amendola, nipote del grande Ferruccio (Michele Saran, 5,5/10)


08_migli_600MIGLIO - MANIFESTI E IMMAGINARI SENSIBILI (Matilde Dischi, 2022)
songwriter

Alessia "Miglio" Zappamiglio, bresciana ma di stanza a Bologna, debutta col breve "Manifesti e immaginari sensibili", il cui "manifesto" sembra essere "Autostrade", propulsiva e affilata, sospinta nel battito da una versione accelerata della "Tusk" dei Fleetwood Mac. Riferimenti al dance-rock androgino all'italiana si scorgono in "India", laddove "Giardini pubblici" sembra puntare al techno vintage dei Daft Punk. L'autrice, mentre discorre sulle sue impressioni di vita fino a sciogliersi nella più sentimentale delle serenate pop alla Spector ("Saliva"), ha l'accortezza di mantenersi a debita distanza dai cliché delle dive da discoteca, anche quando eccede nell'anthem Raffaella Carrà-esco di "Baby Baby". Coronamento dei primi singoli, "Gli uomini elettronici" (2018), "Il bar sui binari" (2019), "Pianura padana"(2020), "Pornomania" (2020), "Bagno paradiso" (2020), "Erasmusplus" (2020), prodotto da Marco Bertoni del Confusional Quartet, un po' meglio rispetto al coevo lavoro con Ibisco: integra le deficienze melodiche compattandole addosso ritmo e un po' di brio. Parecchio pendente sul nuovo birignao sanremese elettronico (coma_cose, Madame, Ditonellapiaga) (Michele Saran, 5,5/10)


09_barabbBARABBA - PRIMO TEMPO (autoprod., 2022)
trip-hop

Jonathan Jencinella, Riccardo Franconi e Nicola Amici si riformano elettronici nel downtempo fortemente orientato alla voce a nome Barabba. Nel loro "Primo tempo" così molte parole, e non così originali, si trovano a sovrastare una musica stentata, appena abbozzata: non è un punto di forza. "Un altro" non va oltre la filastrocca rap scheletrica, "Bastare a me stesso" scimmiotta gli Almamegretta scremandoli all'era della trap, "Momo" cerca malamente di aggrapparsi a qualche barrito melodico di sax, ma almeno "Quei due" si fonda su una soundscape mista di scarti industriali. Un vero tema guida "L'ultima mano", un tema di piano sfumato che è un po' l'antitesi dell'epica, ma qui avviene il contrario: il canto non vi si integra finendo per sciuparlo. Maggiore solennità permea "Bianco Natale", come un Ferretti alla testa dei Massive Attack di "Mezzanine". Breve tentativo degli alfieri della mitica scena anconetana dei 2000, e dei Butcher Mind Collapse in particolare, di addentrarsi nel maledettismo urbano nero pece. Decoroso, casual, ma fuori fuoco e basato sulla ripetizione, ha il piccolo merito di mettere in scena, qua e là, venature digitali e un uso scaltro dei campioni. Altre voci in qualità di ospiti ben mimetizzate: Paco Sangrado, Serena Abrami, Caterina Trucchia, Giovanni Succi, oltre al sax di Tommaso Uncini. Più creativi i Carver (Michele Saran, 5/10)


10_aligALIGI - ALIGI EP (autoprod., 2021)
songwriter

Dal quartetto milanese dei Revo Fever, un innocuo rocketto-wave all'italiana, si distacca il leader e cantante Aligi Nocerino per un primo singolo, "La mia luce"(2021), poi incluso nell'Ep omonimo di debutto. Tipica ruffianata elettronica ballabile a base di revival nostalgico - Nicolas Di Saverio alla produzione -, nei testi insistentemente metafisica. Scarsi sprazzi (forse solo qualche secondo di simil-clavinet alla Stevie Wonder in "Amore nel deserto") in un generale sentore di karaoke sofisticato (Michele Saran, 3,5/10)

Discografia

HATE & MERDA - OVUNQUE DISTRUGGI (Dio Drone et al., 2022)
DEEPHO - CHIARO (Peermusic Italy, 2021)
HELEN ARIA - AFRODISIACO (Tde ProductionZ, 2021)
FRANCESCO BAIGUERA - POST JAZZ CHAMBER MUSIC (Aut, 2022)
VINTAGE VIOLENCE - MONO (Maninalto, 2021)
KICK - LIGHT FIGURES (Anomic, 2022)
SANLEVIGO - UN GIORNO ALL'ALBA (autoprod., 2021)
MIGLIO - MANIFESTI E IMMAGINARI SENSIBILI (Matilde Dischi, 2022)
BARABBA - PRIMO TEMPO (autoprod., 2022)
ALIGI - ALIGI EP (autoprod., 2021)
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