19/06/2022

Nick Cave

Medimex, Taranto


di Antonio Cammisa
Nick Cave

Ormai è passata circa una settimana da quello che può ritenersi uno dei grandi concerti dell’estate 2022. In una settimana sono sedimentati ricordi ed emozioni per un Sud Italia troppo spesso trascurato dai grandi booking e abbandonato da una politica disinteressata all’aspetto culturale. Stiamo parlando del live a Taranto di Nick Cave e dei suoi Bad Seeds.
Da qualche anno la Puglia fa da capofila almeno per il Meridione nella sensibilità e nella scelta di campo di curarsi dell'universo musicale nazionale e internazionale: anche nelle edizioni precedenti del Medimex, gli ospiti in palinsesto sono stati di indubbio spessore. Quest’anno il palco allestito nella rotonda sul mare della città dei due mari ha visto in scena uno dei più grandi profeti del rock contemporaneo.
Nick Cave non è un rocker, non è soltanto una rockstar, Nick Cave è un officiante, un sacerdote laico, uno degli ultimi dèi dell’olimpo sonico che lapidariamente sarà impresso per sempre nell’iconografia e nella storia della musica. Forse anche della poesia o comunque sicuramente dell’universo letterario.
Dopo due anni di pandemia, in cui le nostre vite sono state vittime di quella triste e terrificante espressione nota come “distanziamento sociale”, riprendere la stagione dei concerti con il rocker australiano rappresenta quanto di più emozionale e carnale possa presentarsi. Nick Cave non lambisce animi e cuori con versi e parole che decantano tematiche che spesso trovano rappresentazioni subdole: Nick Cave canta e decanta l’amore, celebra l'esistenza nella sua spiritualità più alta e al contempo la graffia nei suoi più bassi aspetti terreni. La pandemia da Covid ha confinato ognuno di noi nella propria bolla fisica e psichica. Nick, con la sua necessità di contatto, di fisicità e di brutalità, in una serata di giugno ha fatto esplodere quelle bolle liberando ognuno del pubblico dal terreno, dalla lontananza, dalla chiusura. Quelle bolle che ci avevano imprigionato si sono frammentate, ogni loro brandello si è librato nel cielo di Taranto come le urla di Nick e i corpi “nudi e abbandonati” alle note hanno preso a ondeggiare, si sono toccati, abbracciati.

 

Cave dal palco (per quel poco che vi è stato sopra, preferendo il contatto con le prime file) sembrava avere un'aura, appunto, da profeta. Officiante di un rito pagano ed estatico che nelle quasi due ore e mezzo di concerto si è sublimato fino alla catarsi. L'inizio è violento, rude, quasi a voler schiaffeggiare il pubblico per risvegliarlo dall’attesa . "Get Ready For Love" e "There She Goes My Beautiful World" hanno colpito in faccia senza filtri, allontanando illazioni di un concerto intimo immaginato dai tanti dopo un periodo così complicato per Nick, che ha perso il suo secondo giovane figlio solo un mese fa. Due brani in cui le sberle forse erano anche al destino, un destino infausto che gli ha tolto tanto, proprio a lui che tanto dona “From Her To Eternity” (titolo della terza canzone proposta in scaletta). Chi, come qualcuno intorno a me non aveva gran conoscenza dell'artista, è stato coinvolto da uno dei pezzi più pop (nel senso di popolarmente assimilabile): "Jubilee Street". Prima sosta per prendere respiro, primo ritorno sul palco per il cantante dopo un breve sorso di acqua.

È il momento di cullarsi e di entrare dentro di sé, pur contornato da settemila persone che puntano gli occhi sul suo vestito elegante mentre è seduto al pianoforte. Il pensiero è per quei due ragazzi che sono in altri lidi e "O Children" ne è l’omaggio. Segue "Waiting For You", un lamento, un’esternazione di debolezze di un uomo che in quei minuti è anche un padre. Sul palco i musicisti sono molti, ma agli occhi balza un folletto con la lunga barba e dall’aspetto mefistofelico nella sua magrezza. Usa un violino. Si dimena (ripresosi da una indigestione delle famigerate cozze tarantine che gli ha impedito, il giorno prima, l’incontro con i fan annunciato in cartellone). Warren Ellis è uno spettacolo già di per sé. Dal loro sodalizio in studio "Carnage", i due compari tirano fuori per il live l’omonimo brano. Cave rimane al piano e tenta di ricordare qualche brano intonando degli accordi che però per due volte non gli vengono in mente, lo dice apertamente. Chissà quale fuori programma voleva regalare. Alla fine si arrende…..e torna rude, indietro negli anni. Ai primi anni dei Bad Seeds e della sua discografia.

Inanella senza soluzione di continuità e senza tirar fiato "Tupelo", "Red Right Hand" e una meravigliosa versione di "The Mercy Seat", che parte in acustico e risucchia come in una spirale nel suo crescendo catatonico, senza dubbio la perla dell’intero concerto. "City Of Refuge", ripescata da "Tender Prey", e "White Elephant", da "Carnage", sono le scelte per la chiusura. Quindi, il cantante australiano saluta con il suo “Thank you Taranto”. Più volte e nella sua pronuncia bizzarra del nome del capoluogo pugliese sembra in realtà ringraziare la quasi omonima città canadese di Toronto. Battute a parte, conta l’essere, l’Io, la presenza e…la catarsi.

Tutti ne vogliono ancora. L’uscita dal palco è contornata da fischi che ne invocano il ritorno, ma a dire il vero nell’aria aleggia un estasi quasi mistica. Rieccolo ancora; ancora intimità, ancora pianoforte. "Into My Arms". Aspetto sconvolgente è la potenza del cantato e delle note che letteralmente obbligano la gente ad abbracciarsi, a cercarsi. Il sacerdote laico celebra il momento più sacro del proprio rito. A sorpresa segue "Vortex", pezzo del side-project Grinderman. Proposto più volte in questo tour, alleggerisce un po’ l’aria con il suo incedere scanzonato, quasi leggero rispetto all’intensità del brano precedente. Poi "Rings Of Saturn", estrapolato da "Skeleton Tree". L’epilogo è affidato a "Ghosteen Speaks". Suona veramente bene live questo pezzo, in pieno stile new wave, colpisce nella sua cupezza. Ricorda le sonorità dei Joy Division di "Atmosphere".

La serata ha appagato tutti. Per chi ha la fortuna di vivere il presente ed essere contemporaneo di Nick Cave l’obbligo è di presenziare almeno una volta alle sue celebrazioni.
Ultima riflessione, balenata in testa più volte durante il concerto, o meglio una piacevole osservazione. Nell’era digitale in cui il pubblico è più impegnato a riprendere con gli smartphone che a godersi il live, ho constatato che rispetto a qualsiasi altro concerto contemporaneo vi erano ben pochi cellulari alzati...

Setlist

Get Ready For Love
There She Goes, My Beautiful World
From Her To Eternity
O Children
Jubilee Street
Bright Horses
I Need You
Waiting For You
Carnage
Tupelo
Red Right Hand
The Mercy Seat
The Ship Song
Higgs Boson Blues
City Of Refuge
White Elephant

Encore

Into My Arms
Vortex
Rings Of Saturn
Ghosteen Speaks

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