Take what you want
Take everything
("Jail")
Superare in ogni occasione il proprio delirio di onnipotenza è la missione di Kanye West su questa terra. C’è poco da fare. Anche a questo giro, infatti, Ye ha infranto ogni “record” personale. Tra rimandi, post immediatamente cancellati, anticipazioni sommarie, presentazioni improvvise e performance in streaming da record - di cui l’ultima, a Chicago, da oltre un miliardo di interazioni - mancava, evidentemente, qualcosa di veramente scioccante. E così, pochi istanti dopo il lancio ufficiale da parte della Universal dell’agognato decimo disco, West ha fatto sapere al mondo che tutto è stato tirato fuori “senza il suo permesso”.
Marketing a orologeria? L’ennesima trovata scenica? La miliardesima polemica contro tutto e tutti? Chissenefrega. Una cosa, però, è certa: “Donda” nasce, come da previsione, tra le fiamme. Un fuoco che, smaltita la sbornia iniziale del lancio esplosivo con annessa bomba social sul finale, è innanzitutto interiore.
Il rapper di Atlanta mette al centro dell’universo sua madre Donda - acclamata professoressa di inglese, nonché sua manager per i primi tre album - scomparsa nel 2007, e il resto della sua famiglia. Non c’è spazio per nessun altro. O quasi. Il suo orizzonte tematico è circoscritto in un flusso di coscienza che interseca passato e presente in ben 27 momenti per quasi due ore di musica (per l’esattezza 1 ora e 48 minuti). Per l’occasione, Kanye ha addirittura ricostruito la casa d’infanzia al Soldier Fields Stadium di Chicago, e “ricelebrato” il suo matrimonio, esorcizzando il fallimento avvolto dalle fiamme in compagnia di una sposa misteriosa vestita da un abito haute couture.
L’avvio è emblematico, esplicativo di un dolore già chiaro fin dalla copertina, con il quale il musicista mira a nutrirsi per tutta la durata dell’album nel nobile intento di mandare in soffitta i turbamenti del divorzio con Kim Kardashian - alla quale sono dedicati implicitamente molti versi - e liberarsi definitivamente da ogni peso. Nell’open track, "Donda Chant"(nome di battesimo di sua madre), Donda viene ripetuto per 52 secondi da Syleena Johnson in diverse cadenze. Una litania che anticipa la lunghissima liturgia alle porte e che avvia un cerimoniale che non bada a spese, tra soluzioni estemporanee e ospitate di turno. La lista, d’altronde, è come spesso accade “nuziale”. Ci sono più o meno tutti. Spuntano e ricompaiono, tra gli altri, Jay Z, Travis Scott, The Weeknd, Vory, Playboi Carti, Lil Baby, Kid Cudi, Francis and the Lights, Pop Smoke, e i “discussi” DaBaby & Marilyn Manson presenti in “Jail 2”, traccia rimasta in ballo fino all’ultimo, essendo il primo accusato di abusi sessuali e il secondo ancora nella bufera per frasi omofobe lanciate al festival Rolling Loud di Miami.
“Jail”, con Jay Z e Francis and the Lights, pone la faccenda in chiaro all’istante. Kanye ricorda la crisi coniugale con parole di rinascita e una melodia epica quanto basta per poter essere definita la sua “Heroes”. La prima parte dell’opera scorre via tra saliscendi killer, beat spaziali che cozzano di continuo, imprecazioni, preghiere e cori gospel. E’ ciò che accade nella successiva “God Breathead”, accesa da un campione di “Belle Head (Live)” dei Liquid Liquid, e rubata, guarda caso, dal cassetto di “JESUS IS KING”.
“Donda” rispecchia l’umore del recente passato, ma la vocazione religiosa ora è perlopiù intesa come un espediente necessario per calibrare traiettorie "inedite", infarcire un disagio, nutrire una perdita. Donarsi a Dio resta, quindi, un onesto escamotage narrativo. L’esaltazione evangelica, in buona parte della prima metà del piatto, è a suo modo contratta. West rincorre una liberazione totalizzante. Chiede, ansima, volteggia, fa di tutto per pulirsi la coscienza; gira su se stesso e prova a rigare dritto per imbattersi finalmente verso un nuovo cammino.
I know He got His hands on this
I know we got a chance on this
No, I never planned on this
I might need a band on this
This might get banned off rip
Gon' say somethin' for y'all quick
Let me know something, who y'all with?
(“God Breathead”)
“Off The Grid”, con Playboi Carti e Fivio Foreign, alza, in questo senso, ulteriormente l’asticella. Beat massiccio e un climax vorticoso da tappeto assecondano le istanze dei due compari chiamati a raccolta. La trap “pastorale” di “Hurricane”, con The Weeknd e Lil Baby, esalta il passo intrapreso, mentre in “Praise God” riappare la madre defunta attraverso il sample di un suo discorso in una conferenza accademica, prima che Scott restituisca il flow con un sermone in compagnia di Baby Keem.
Sono amplessi confidenziali, quelli che West chiede a gran voce ai conviviali. Abbracci per fortuna ricambiati al meglio. Intrecci compatti dai quali riaffiora il lato religiosamente più “fanatico” di Ye.
La luce in fondo al tunnel riappare invece in “Believe What I Say”, traccia dal basso birichino e dalla tastiera caldissima che non sfigurerebbe in un disco di Thundercat, con il sample rotante di “Doo Wop (That Thing)” di Lauryn Hill a impreziosire. La corale “24” espone, in netta contrapposizione, i prima vagiti della rotta cristiana intrapresa in coda, mentre “Moon” affievolisce gli animi in terzetto con Kid Cudi e Don Toliver. In “Heaven And Hell” West è solo. E non potrebbe essere altrimenti. Superbo, ancora una volta, il cambio ritmico sulla seconda strofa.
Tra una confessione e uno sputo in faccia ai demoni del passato, si arriva all’epocale “Jesus”. L’apporto in cabina di regia di Jay Electronica è fondamentale e spinge Ye in alto. Il crescendo è stabilmente celestiale. Stesso dicasi della seconda versione da 11 minuti piazzata in fondo come un mantra purificatore. Tanto vale anche per la discussa “Jail 2”, variante rock della prima.
Potremmo girarci intorno o più banalmente sollevare dubbi sulla necessità di una durata simile, fino a storcere il naso per la presenza di qualche riempitivo. Ma “Donda” è l’album più intimo, compatto e animato dai tempi di “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”. Estimatori accaniti di “Life Of Pablo” permettendo. L’altra versione di uno spirito magmatico.
Insomma, checché se ne dica in giro delle sue sparate, West rimane l’asso di sempre. E questa è molto più di una buona notizia.
01/09/2021