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Xeno-rock: in fuga dalle dodici note

Alla scuola primaria si insegna ancora che le note sono sette, doremifasollasi? "Dodici" sarebbe più corretto — diesis e bemolli vanno contati anche loro? Ma a ben vedere: perché proprio dodici, e perché proprio quelle? Non andrebbero bene tredici, o diciannove, o ventiquattro? Le ragioni sono molteplici: culturali, fisiche, matematiche, pratiche e perfino politiche (prima della conferenza Iso del 1955, ogni nazione adoperava le proprie differenti frequenze di accordatura) e spirituali (c'è chi insiste che il La andrebbe stabilito a 432 Hz anziché a 440 Hz, per armonizzarsi con la "frequenza naturale" della vita, dell'universo e tutto quanto). Ma non verranno approfondite qui, perché lo scopo di questa playlist è guardare oltre.


Nuovi spazi fra le righe

Se adeguarsi al canone delle dodici note porta molteplici e innegabili vantaggi, anche allontanarsene può avere il suo perché. Sistemi basati su una diversa ripartizione delle altezze sono stati in uso per millenni, sono tuttora impiegati in molte musiche extraeuropee e, soprattutto dalla seconda metà del Novecento, sono stati adottati da numerosi compositori accademici. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, la possibilità di ricorrere a note "fuori dallo spettro" delle consuete dodici ha interessato anche un numero crescente di autori pop - soprattutto in area elettronica, metal e progressiva.
Non si tratta, a dire il vero, di un'assoluta novità. Le blue notes, note "di passaggio" leggermente calanti introdotte per potenziare l'espressività, sono uno stratagemma che la vocalità pop ha ereditato prestissimo dal blues e dal jazz, e senza cui l'interpretazione di Sinéad O'Connor di "Nothing Compares 2 U" perderebbe molto del suo magnetismo. "These Boots Are Made For Walking", brano di Lee Hazelwood inciso da Nancy Sinatra nel 1965, si apre con una frase discendente di contrabbasso percorsa a gradini di meno di un semitono (tecnicamente parlando, si tratta insomma di una melodia microtonale). E che dire di bending, glissato, slide - espedienti per riempire lo spazio fra le dodici note, sfruttatissimi da generazioni di guitar hero e tratto distintivo del suono fretless di bassisti come Percy Jones, John Giblin e Mick Karn?
C'è tuttavia una differenza fra gli esempi appena citati e il fenomeno degli ultimi anni: sempre più artisti, oggi, scelgono di non ricorrere alle note "extra" come semplici elementi di passaggio, coloriture da inserire in un contesto armonico ordinario, bensì di farne un pilastro della propria visione compositiva. Di pari passo, la gamma di strumenti progettati per lo scopo è in costante aumento: chitarre refretted (con tasti in posizioni anomale), tastiere elettroniche che rompono l'usuale organizzazione tasti bianchi-tasti neri, e poi ovviamente un buon ventaglio di plugin digitali che aiutano i musicisti a rimappare i propri strumenti midi su scale non convenzionali. Espandere a nuove note la propria tavolozza armonica, insomma, non è mai stato così facile per un artista pop.
E non è mai stato così facile nemmeno trovare supporto nella propria crescita. Sul web è sorta una community assai attiva dotata di una propria wiki, di gruppi Facebook e un subreddit con svariati post al giorno. E il podcast Now and Xen, nato nel 2018 e disponibile su molteplici piattaforme, conta più di sessanta episodi.

d97cd9_106dd2981cf34b80a9a9be02eea4d050A illustrare fascino e potenzialità del campo di gioco provvede proprio una pagina della wiki xenarmonica (per inciso: la radice greca xen- significa "altro", "alieno"). Vengono citate ragioni come la ricerca di "qualcosa di nuovo", la disponibilità di suoni "più intonati" (ma anche, volendo, "meno intonati") di quelli abituali, la maggiore versatilità melodica e contrappuntistica, l'interesse per proprietà e coincidenze matematiche dei diversi temperamenti, la curiosità storica verso sistemi musicali utilizzati nel passato o la volontà di allontanarsi dall'eurocentrismo insito nello schema dominante.
Più semplicemente, si può però argomentare che la spinta verso microtonalità e xenarmonia (i due termini sono spesso interscambiabili) è di natura espressiva. Cambiare la mappa delle altezze utilizzabili è, come cambiare metri o timbri, ampliare gli spazi per dar vita a sensazioni. Frastornanti o sottilmente anomali, spesso ostici ma talvolta capaci di incantare al primo ascolto, i paesaggi emotivi evocati dagli xeno-rocker sono un ambiente inesplorato in cui addentrarsi in punta di piedi, magari in cerca di qualche guizzo esotico o sgangherato, oppure gettarsi a capofitto alla ricerca di un qualche imprendibile Graal compositivo.



Dei cinquanta brani che compongono la playlist di accompagnamento di questo articolo, la prima dozzina è scelta secondo un criterio di abbordabilità. Sono pezzi particolarmente immediati e indicativi della varietà del panorama, e se non avete ancora premuto il pulsante "play" forse è il momento di farlo. Poi la compilation, come l'articolo, esce dalla sua fase introduttiva per farsi più impervia e settoriale.
Fra i primi nomi presentati, alcuni sono discretamente noti agli appassionati di rock alternativo. Sufjan Stevens e King Gizzard & The Lizard Wizard sono artisti stimati da milioni di ascoltatori; gli Horse Lords sono una band di culto che ha visto la sua reputazione crescere notevolmente negli ultimi anni. Se le incursioni di Stevens in campo microtonale possono dirsi episodiche (e legate in particolare alla collaborazione col padrino Lowell Brams), King Gizzard e Horse Lords sono decisamente habitué della xenarmonia - al punto da potersene definire fra i principali alfieri in campo rock. Entrambi fanno largo uso di chitarre elettriche con tastiere modificate.
In "Flying Microtonal Banana", del 2017, gli iperprolifici psych-prog-garage-rocker australiani si ispirano al cordofono turco bağlama per introdurre i quarti di tono nelle possibilità dei loro strumenti e accentuare il carattere esotico delle loro jam. La doppietta "K.G." e "L.W.", del 2020/21, espande ulteriormente il loro repertorio di riff turcheschi.
Il sound ieratico degli statunitensi Horse Lords, invece, nasce dalla combinazione fra minimalismo, totalismo, tempi dispari e rigorose proporzioni armoniche dettate dalla just intonation. Poi però si straniscono se qualcuno etichetta la loro musica come math-rock!

Altri artisti, meno noti fuori dalla cricca, sono nondimeno punti di riferimento cruciali per la community xenarmonica. Il progetto "Hark Ye Music Lovers", realizzato dalla band An Exciting Event, unisce musicisti di diversa estrazione ispirati dalla passione per la microtonalità e dall'eclettico stile musicale di Moondog. "Nuclear Fusion" del turco Tolgahan Çoğulu è il lavoro più recente inciso con la sua versatile chitarra microtonale, i cui tasti possono essere spostati di posizione per adeguarsi a temperamenti differenti. Due band di impianto progressivo, Ventrifacts e Mercury Tree, condividono la presenza del polistrumentista Ben Spees e segnano un apice in fatto di compiutezza del songwriting in campo xenarmonico. Il poliedrico compositore Brendan Byrnes, infine, è una figura stimatissima per la musicalità delle sue opere e per l'ampiezza stilistica delle loro esplorazioni, che spaziano dal post-rock al synth-pop passando per exotica, ambient, shoegaze, Idm, musica per la danza e alt-rock progressivo (con la band Ilevens).

Cartografia dei mondi alieni

 

verticalkeyboardsFin qui, si è proceduto senza mappe e con poca teoria. Ma ora è il caso di entrare nel merito: cosa significherebbe mai "uscire dalle dodici note"? E come farlo evitando - ammesso che invece non sia il fine - di sfociare nel puro caos?
Poiché ogni "altezza" riconosciuta dal nostro orecchio è associata a una frequenza, avventurarsi nel mondo della xenarmonia significa riplasmare gli abbinamenti attualmente dominanti. Chi si sentisse cogliere da capogiri alla sola menzione dell'espressione "radice dodicesima" può tranquillamente saltare il paragrafo. Gli altri allaccino le cinture: servirà un po' di matematica (non troppa, promesso).

L'associazione note-frequenze alla base della quasi totalità della musica occidentale (e non solo) degli ultimi secoli è codificata dal temperamento equabile, impostosi dal Settecento. Ecco un bigino dei suoi principi: a) due frequenze che siano una il doppio dell'altra corrispondono alla stessa nota, ma su ottave consecutive; b) fra le due "copie" a distanza di un'ottava l'una dall'altra sono situate altre undici note, ciascuna alla distanza di un semitono dalla precedente; c) il rapporto delle frequenze fra due note consecutive è sempre lo stesso. Conseguenza di questi postulati è che la frequenza del Do e quella del Do#, o quella del Do# e quella del Re e via dicendo, differiscano l'una dall'altra per un fattore che è la radice dodicesima di due.
Per esplorare altre possibilità, è sufficiente modificare uno o più dei tre postulati. Una via è conservare lo schema generale, ma ripartire l'ottava in un diverso numero di suddivisioni: si ottengono così le "scale Edo" (Equal Division of the Octave), di cui l'abituale dodecafonica rappresenta un caso particolare (12-Edo). Oppure, è possibile rigettare l'idea dell'"equidistanza" fra note adiacenti e affidarsi a qualche altro metodo per associare note e frequenze: il più gettonato è la Just Intonation (JI), che ritorna alla cara vecchia fissa pitagorica dei rapporti fra numeri interi. Nello schema individuato da Pitagora, e largamente applicato in Europa e non solo per svariati secoli, fra un Do e un Sol c'è un rapporto di 3/2, tra un Do e un Fa di 4/3, e ogni altro intervallo corrisponde a un rapporto coinvolgente multipli di due e tre: più intricato è il rapporto, meno consonanti risultano le due note.
Oggi il temperamento pitagorico sopra descritto è etichettato come 3-limit Just Intonation, perché il numero primo più alto consentito nei rapporti è il 3. Ma numerosi artisti si sono dedicati ad esempio al 5-limit tuning, piazzando la frequenza del La a 5/3 di quella del Do anziché ai 27/16 del temperamento pitagorico, ottenendo così un intervallo più consonante.
Spingendosi ancora più in là, c'è chi ha pensato di abbandonare l'uguaglianza d'ottava: un approccio possibile è quello della scala Bohlen-Pierce (Bp per gli amici), che si fonda, anziché sul rapporto 2/1, su quello 3/1 — dal Do al Sol un'ottava sopra.



Ci sono tuttavia anche strade meno esplicitamente matematiche per approcciare la xenarmonia: rifarsi agli schemi musicali in uso presso culture non occidentali può essere una notevole fonte di ispirazione, sia per artisti che fin dalla nascita sono vissuti immersi in quei suoni, sia per chi ci arrivi attraverso ascolti e studi successivi. Il maqām islamico, il gamelan indonesiano e il raga indiano sono sistemi strutturati e di lunga tradizione, ciascuno articolato su proprie nozioni armoniche e intervalli non incastrabili nel temperamento equabile dodecafonico. Già all'inizio del Ventesimo secolo, i teorici musicali di area mediorientale iniziarono a ricondurre l'estrema varietà di scale e intervalli del maqām a un temperamento basato su quarti di tono (oggi si direbbe 24-EDO). Più complessa la situazione con le orchestre di percussioni indonesiane, la cui musica è incentrata su due differenti collezioni di note (note come pelog e slendro) che presentano tuttavia notevoli differenze di intonazione da orchestra a orchestra. Addirittura, negli ensemble gamelan dell'isola di Bali, è usuale che coppie di strumenti dello stesso tipo presentino intonazioni leggermente diverse, in modo da produrre un battimento acustico (in balinese ombak, "onda") la cui brillantezza sarebbe associata a elementi spirituali come lo sposalizio fra maschile e femminile.

La sfida dell'espressione

Nessuna delle scelte armoniche prospettate sopra è, di per sé, garanzia di efficacia espressiva delle composizioni. Il ricorso a scale provenienti da tradizioni musicali consolidate porta con sé anche la possibilità di rifarsi a fraseggi rodati, combinazioni di note emotivamente "funzionali" in almeno qualche contesto culturale. Adottare una scala "sintetica" come Edo e Bp impone invece una scalata che offre ben pochi appigli a chi vi si voglia cimentare.
Scorrendo la playlist, si può iniziare a familiarizzare con gli usi fatti della xenarmonia nei diversi contesti stilistici. Artisti dal background indie come Jack Tickner e Jock Tears sfruttano il suono "scordato" delle nuove note per riconnettersi al piglio "sgangherato" del rock di Guided by Voices, Pavement, Yo La Tengo, o dei Ween di "Pure Guava". Il loro è un approccio tutto sommato cauto, e senz'altro poco incline all'astrazione teorica: lo scopo non è abbandonare il campo melodico consueto, ma sporcare la tavolozza armonica per ottenere un sound un poco ruvido. L'equivalente musicale dei jeans strappati, insomma.

Una prima infornata di artisti legati a forme espressive tradizionali apre a prospettive più ardimentose. I Catler Bros del chitarrista Jon Catler suonano un jazz-blues-rock articolato su una just intonation a 49 intervalli per ottava, mentre il country/blues di Neil Haverstick si ferma in "667" a "soli" 19. In entrambi i casi, la proposta è virtuosistica e ben collocata in un'espressività di tipo blues. Più avventurosi i Vex Collection del polistrumentista Max Muntz, con un mix di strumenti tradizionali (bombarda, cornamusa scozzese, taepyeongso coreano, creski meh croato e percussioni varie) che creano un assalto decisamente progressivo ed evocativo.

closeupkirtyplayingUn'ampia porzione della scaletta è dedicata a progetti elettronici: è proprio in quest'ambito che l'avanzamento tecnologico ha condotto alle maggiori aperture in tempi recenti, con strumenti come il Lumatone e la Continuum Fingerboard. Alcuni degli artisti proposti sono personaggi di spicco della scena: l'alaskana Dolores Catherino è una teorica e sperimentatrice attiva da oltre dieci anni (su YouTube è possibile seguire un suo intervento TEDx del 2016); il biologo belga Sintel traffica dal 2019 con ambient, chiptune e jazz xenarmonici realizzati anche con software da lui stesso progettati. È nutrita, poi, la popolazione di xeno-musicisti che si muovono in ambito Idm e drum'n'bass: oltre a un peso massimo della scena come Aphex Twin, altri tre nomi importanti nel panorama sono l'australiano Xotla, lo statunitense Acreil e il britannico Sevish (fondatore del podcast Now and Xen).

Le possibilità cromatiche offerte dalla xenarmonia (che Catherino chiama non per nulla "policromia") sono in effetti manna dal cielo per generi musicali da sempre incentrati sull'evocazione di paesaggi sonori inconsueti e sottili metamorfosi emotive. In ambito drum'n'bass e dintorni, poi, il gioco è spesso rivolto al mindfuck, e pochi stratagemmi sono più adatti a provocarlo che l'impiego di accordi e linee melodiche che dribblano le usuali logiche musicali.
Rientrando in campo rock, un discreto numero di formazioni cavalca l'esotismo delle armonie mediorientali, vuoi per questioni di identità culturale (Altın Gün e Al-Qasar contengono musicisti di origini turche e marocchine rispettivamente), vuoi per un interesse spirituale - nonché maniacale - per i sistemi di pensiero del mondo islamico (è il caso dei camaleontici Secret Chiefs 3 dell'ex-Mr. Bungle Trey Spruance).
Lo djent progressivo dei Cryptic Ruse guida verso l'ultima folta compagine della compilation, quella di stampo metal. In questo ambito il progetto pioniere risponde al nome di Jute Gyte, ed è responsabile di un black decisamente incompromissorio che sfrutta in modo efficace (ma non troppo inventivo) il potenziale caotico malvagio delle accordature non convenzionali. Su una scia diversa gli Untu di Sean Hayward, che ricercano una fusione - piuttosto riuscita - tra sonorità doom e gamelan giavanese.



Sarebbero molti altri i nomi citabili, e alcuni avrebbero decisamente dovuto comparire nella playlist - non fosse che la loro musica non è disponibile su Spotify. Una rapida carrellata fornirà ai più curiosi gli spunti per approfondire in autonomia. Elaine Walker e Stephen Weigel sono due personaggi centrali della scena, autori di musica fra la più divertente e variegata nel filone. Walker è attiva dalla fine degli anni Ottanta, ha un master in tecnologie musicali e un'esperienza alla Nasa, e ha pubblicato musica sia a nome proprio sia nel progetto spacetronico Zia. Weigel ha invece alle spalle studi in composizione e media production, e oltre che di scrivere ed eseguire brani per chitarra e tastiere microtonali ha messo a punto un vasto repertorio di cover xenarmoniche di pezzi noti (condite da video mirabilmente geek). È lui a curare oggi il podcast Now and Xen, e si può incontrare la sua chitarra anche in un brano di un altro riuscito progetto xeno-pop non reperibile su Spotify: i FastFast di James Mulvale.
Assente dalle piattaforme di streaming anche l'instancabile sperimentatrice elettronica Wendy Carlos, che con il caleidoscopico "Beauty In The Beast" già nel 1986 esplorava la xenarmonia attraverso slendro e pelog, accordature costruite sulla serie armonica (estendendo la just intonation) e due scale di sua invenzione non basate sull'ottava, battezzate alpha e beta. Come Carlos, molte altre persone trans troveranno nella xenarmonia un campo di espressione artistica particolarmente congeniale alla propria sensibilità, e più di un nome in questa playlist conferma la facilmente comprensibile affinità elettiva.

A chiusura della selezione, altri due nomi di indubbia notorietà. Sia i recenti Nine Inch Nails che lo YouTuber/enfant prodige Jacob Collier si sono cimentati con la microtonalità, e con notevole capacità melodica. La linea strisciante di "Your New Normal" è una delle tante escursioni xenarmoniche della serie "Ghosts", e contribuisce con piano e synth pad alla costruzione di un clima misterioso e instabile. "In The Bleak Midwinter" è invece il riarrangiamento a cappella di un canto natalizio musicato da Harold Drake nel 1911: fra 4:15 e 4:30, presenta una modulazione (un graduale cambio di tonalità) da Mi maggiore a Sol𝄲 maggiore (un quarto di tono sopra all'ordinario Sol). Il passaggio è così fluido da non spezzare la stucchevolezza dell'incisione!

 

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