"Bad Moon Rising", uno dei capisaldi del noise-rock targato Sonic Youth, e "Surfer Rosa", l'influente manifesto dell'eccentrico garage-rock dei Pixies: due dischi cruciali dell'America underground degli anni 80, al centro della nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 sulle web-frequenze di Radio Città Aperta (www.radiocittaperta.it).
Due dischi che hanno posto le basi della grande "alternative nation" americana in campo rock nella seconda metà del decennio 80: dagli esorcismi noise sotto una Luna maligna di Thurston Moore e compagni, alle prese con gli spettri dell'era reaganiana (e della fine dell'era hippy) alla originale mistura di garage-rock, hardcore e power-pop dei Pixies, che ispirò in modo decisivo i Nirvana e un'intera generazione indie.
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Sonic Youth - Bad Moon Rising
Pixies - Surfer Rosa
Uno spaventapasseri con una zucca di Halloween in fiamme al posto della testa, sullo sfondo un tramonto urbano color porpora, che lascia presagire l'imminente calare delle tenebre e il sorgere di una luna maligna: "Bad Moon Rising". Più che un'immagine, la foto firmata da James Welling in copertina è un maleficio a stelle e strisce. Il sogno americano infilzato come una bambola voodoo. "Volevo usare la metafora della zucca perché mi piaceva come simboleggiava le paure degli americani", spiegherà Thurston Moore. A ispirarlo nel titolo era stata l'omonima canzone di "Green River" dei suoi idoli Creedence Clearwater Revival, così lontani musicalmente dai Sonic Youth eppure così vicini alle loro fosche premonizioni. Attraverso quella espressione mutuata dal gergo blues, infatti, nel 1969 John Fogerty e compagni avevano gelato l'euforia flower power, ammonendo sulle sciagure in arrivo ("I see bad times today") e puntando il dito contro le contraddizioni di un'America che aveva ormai perduto la sua innocenza, tra guerre, violenze e scontri sociali. Più o meno ciò che avevano profetizzato due anni prima i Doors di "Strange Days" e, in modo ancor più cupo e nichilista, i Velvet Underground dell'esordio. Ma ribadito da quei padri fondatori del genere patriottico per eccellenza, l'americana, il concetto suonava ancora più inquietante.
Sotto la luce giallastra e malata di quella "Bad Moon Rising" si era consumata la dissoluzione dell'era dell'Acquario, idealmente sancita da due sanguinosi eventi di quell'anno: l'incubo a cielo aperto di Altamont, dove nel corso di un concerto dei Rolling Stones un giovane afroamericano fu accoltellato a morte da parte del "servizio d'ordine" fornito dagli Hells Angels, e i massacri ad opera della setta di Charles Manson a Los Angeles, incluso quello celeberrimo di Cielo Drive, in cui fu uccisa Sharon Tate, la moglie di Roman Polanski. Tre lustri dopo Thurston Moore, Lee Ranaldo e Kim Gordon ripartono proprio lì, da quell'orgia di violenza, droghe e follia al grido di "Helter Skelter" che affossò per sempre l'utopia hippie. Perché ai Sonic Youth il "nuovo mattino per l'America", preannunciato dallo slogan elettorale di Ronald Reagan, suona fasullo e illusorio tanto quanto lo era il "peace & love" della generazione freak, destinato a essere spazzato via dal realignment nixoniano. L'imperialismo guerrafondaio in America Latina, le crescenti disuguaglianze sociali, la crisi economica e il dilagare del crack (una nuova eroina degli 80's) appaiono a Moore e soci i nuovi tasselli del mosaico di un'America in disfacimento. Lanciata a folle velocità verso il baratro della sua "Death Valley '69".
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Realizzato con un budget di soli 10.000 dollari messo a disposizione dalla 4AD di uno scettico Ivo Watts-Russell e griffato da una conturbante copertina in bianco e nero con una ballerina di flamenco in topless davanti a una tenda strappata e a un crocifisso, "Surfer Rosa" è un'opera sorprendente, dalle infinite sfaccettature e sfumature. Pochi altri album sono riusciti a comprimere in ritornelli power-pop questa palpitante tensione di fondo, a vestire di forme melodiche il fervore allucinato e la violenza brada dell'hardcore.
Grazie a questa prodezza (e al successivo "Doolittle"), i Pixies hanno coniato un nuovo linguaggio rock, destinato a diventare, insieme a quello dei Sonic Youth, una gigantesca miniera di idee per tutti i gruppi della scena "alternative" degli anni Novanta. Grazie a loro, l'energia primitiva del garage-rock è stata rielaborata in chiave postmoderna, con un dosato miscuglio di eccentricità intellettuale e alienazione metropolitana, esuberanza da teenager e lirismo epico, anarchia latina e humour tipicamente anglosassone.
"Surfer Rosa" sfonderà nelle college-radio americane, raggiungerà il primo posto delle classifiche indipendenti britanniche e sarà celebrato dalla critica come uno degli ultimi capolavori del "post-punk" o come il manifesto di un nuovo "art-punk".
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