15-16-17/09/2022

Spring Attitude 2022

Cinecittà Studios, Roma


Spring Attitude è sempre stato un evento quasi alieno per Roma, città nella quale - salvo rarissimi casi - i Festival sono organizzati come un insieme di concerti, spesso anche poco omogenei, diluiti nell’arco di settimane, se non addirittura di due o tre mesi. Il format del Festival “vero”, quello che sta spopolando ovunque nel mondo, la full immersion concentrata in un weekend lungo, nella Capitale non ha mai trovato spazio, nonostante nella nostra penisola si siano affermate negli ultimi anni non soltanto eccellenze di livello europeo (il TOdays e il Club 2 Club a Torino, il Siren a Vasto, Ypsigrock in Sicilia, giusto per citare i più ovvi casi scuola) ma anche un'infinità di piccole situazioni che pullulano persino nelle località più remote dello stivale, ospitando cartelloni mai meno che interessanti. Ma poi è arrivato Spring Attitude, finalmente un appuntamento che dimostra di possedere una visione, chiara, sfidante e ragionata, la visione impressa da Andrea Esu e dal suo staff che, edizione dopo edizione, hanno visto crescere e consolidarsi notorietà e successo.

 

Spring Attitude non ha una sede fissa, è pensato come un evento itinerante, ospitato in luoghi sempre diversi e sempre straordinari, fra i quali ricordiamo almeno Spazio Novecento, la Caserma Reni e il Maxxi, ma quest'anno l’organizzazione si è superata, riuscendo a farlo entrare in uno spazio da molti ritenuto “sacro”, all’interno dei leggendari Studi di Cinecittà, sostituendo quindi ai consueti spazi urban o post-moderni lo splendore dei templi della Roma Antica, ricostruiti negli Studios per esigenze cinematografiche. Una location da togliere il fiato, sia al pubblico intervenuto, sia agli artisti che si sono esibiti in uno scenario con pochi uguali al mondo. Immaginiamo le difficoltà che si possano incontrare in Italia per realizzare un’idea simile, oltretutto in un periodo complicato come quello del post-lockdown e della crisi energetica mondiale. La sfida è stata quella di portare nel luogo più scenografico di sempre la migliore line-up possibile, coinvolgendo – come è nel Dna dello Spring - in maniera trasversale musicisti che abbiano l’attitudine a contaminarsi con la musica elettronica.

Due anteprime si sono consumate il 10 settembre, con Olafur Arnalds alla Cavea dell'Auditorium Parco della Musica, e giovedì 15 settembre all’Alcazar, con protagonisti – fra gli altri - Todd Terje e Ginevra Nervi. Poi le due lunghe cavalcate del venerdì e del sabato nell’ampia area open di Cinecittà, dove sono stati montati due grandi palchi, uno di fronte l'altro, per assicurare lo svolgimento dello spettacolo senza alcuna interruzione.
Tanti i nomi di rilievo, in grado di far totalizzare un numero di tagliandi venduti ben più alto rispetto a qualsiasi edizione passata. Apprezzatissimo come al solito il gigantesco Iosonouncane, che assieme alla sua ormai rodatissima band interpreta i brani di “Ira” con un’inedita "cattiveria", evidenziando in maniera marcata gli aspetti ritmici e tribali di quello che rappresenta un lavoro epocale nella storia della musica italiana. Riscontri altrettanto favorevoli per l'incontenibile synth-pop 2.0 di Cosmo, in grado di trascinare il pubblico a pogare come se fosse stato catapultato in un contesto hardcore-punk. Sono loro i trionfatori della prima serata, che ha registrato anche la bella prestazione fra le mura amiche di Fulminacci, bravo a giocare con le proprie canzoni e a invitare sul palco prima Willie Peyote e poi Daniele Silvestri – il cantautore al quale da sempre si ispira – per proporre assieme il tormentone “Salirò”. Delirio totale fra il pubblico.

Il secondo giorno menzione d’onore per Venerus, il quale si conferma luminosa stella del nuovo cantautorato italiano, affiancato da una formazione in grado di spaziare con naturalezza dal pop all’r&b, dal rock al jazz al funk, alternando il furore delle svisate di chitarra che arricchiscono vere e proprie jam psichedeliche alla profonda intensità di certe atmosfere malinconicamente notturne.
Anche i Nu Genea si impongono come audaci trascinatori grazie alla loro world music dal timbro partenopeo, e se proprio non dovessero bastare per smuovere l’intero parterre, ad assestare la botta del ko tecnico provvede la biondissima Ellen Allien, un’istituzione della scena techno berlinese, 54 anni portati alla grande, dei quali almeno gli ultimi trenta trascorsi a far ballare il pubblico di mezzo mondo. Il dj-set che ha sigillato la serata precedente ha visto invece in console The Blessed Madonna, altra grande protagonista della club culture internazionale, con all’attivo un fittissimo elenco di collaborazioni, fra le quali spiccano quelle con la superstar del pop Dua Lipa.
Dovessimo segnalare la sorpresa più inattesa di questa edizione, propenderemmo per Ditonellapiaga, titolare di uno dei migliori esordi del 2022, “Camouflage”, premiato anche con la Targa Tenco. Non perché l’avessimo sottovalutata, ma perché nella dimensione live riesce a porsi ben oltre qualsiasi ragionevole aspettativa: se nei brani più lenti e malinconici, quelli che meglio evidenziano le sue qualità vocali, appare un pochino prevedibile, in quelli più sfrenati diviene davvero irresistibile, con una chiusura pirotecnica consumata sulle note di “Repito”.

 

Nessuno ha demeritato, sia gli artisti più orientati verso il jazz (i sopraffini ma svantaggiati dall’orario 72-Hour Post Fight, i più ritmati Kokoroko, collettivo londinese che si sta ritagliando un seguito rilevante), sia quelli più inequivocabilmente legati alla scena elettronica (il big beat dei Red Axes, l’electro songwriting di Whitemary), sia quelli che si sporgono sul versante indie (l’esordiente Centomilacarie, coraggioso a presentarsi da perfetto sconosciuto, con appena due singoli finora diffusi sui canali streaming, i ben più rodati Post Nebbia, Marco Castello che si propone anche in duetto con Fulminacci).
Fuori campionato i Calibro 35, abili a replicare in maniera inappuntabile – e a tratti anche personale - le immortali composizioni di Ennio Morricone, con il plus di Valeria Sturba a violino, theremin e voce, Sebastiano De Gennaro alle percussioni e Paolo Ranieri alla tromba, e lo fanno all’interno degli Studios di Cinecittà: cos'altro si può pretendere di più? Se poi valutiamo che il prezzo del biglietto di una serata dello Spring Attitude è grosso modo pari a quello di un concerto singolo di uno qualsiasi degli artisti principali che si sono esibiti, e che l'abbonamento all'intero Festival corrisponde circa alla metà del costo da sostenere per assistere a un concerto di Springsteen, direi che il discorso è definitivamente chiuso.

 

Per chi ama e segue a Roma manifestazioni di questo tipo, da oggi in poi ci sarà la percezione di aver vissuto un prima e un dopo Spring Attitude 2022, un evento spartiacque in grado di spostare l’asticella in alto, non consentendo più a nessuno di poter tornare indietro, dimostrando che questa città quando vuole non è seconda a Berlino, a Londra, a Parigi, a Barcellona o a New York. Fra venti o trent'anni ci sarà ancora qualcuno pronto a ricordare "io c'ero", così come tuttora accade per chi ha avuto l’occasione di vedere in Italia i Nirvana negli anni Novanta o i Beatles nei Sessanta. Speriamo che tutta questa bellezza non finisca sperperata, restando impressa nella memoria come un fenomeno estemporaneo.
Le vestigia dell’Antica Roma, ricostruite negli Studios, hanno rammentato a tutti che la nostra capitale per secoli e secoli ha tracciato la via, con autorevolezza, e molte opere sono ancora lì, in piedi, a testimoniarlo, sopravvissute a due millenni di storia. Auguriamoci che anche le istituzioni inizino a dare un serio contributo – non soltanto economico - a chi si sbatte per organizzare eventi di questa portata. Il pubblico lo sta già facendo, numeroso, perché ha compreso che sostenere iniziative artistiche di questo tipo oggi è davvero di vitale importanza.

 

Foto di Raffaella Favilla (in alto) e Alessio Belli (home)