God save the Queen (of gothic). Mentre dilagano sul web immagini e commenti sul ritorno in tour di Siouxsie Sioux dopo dieci anni (il 7 maggio la tappa a Milano), riannodiamo i fili della sua carriera con questa playlist di 25 brani che – in maniera del tutto soggettiva – tenta di costruire una sorta di “best of” delle sue svariate prodezze alla testa dei Banshees (e non solo). Dagli esordi in campo punk come ex-groupie dei Sex Pistols, nelle file del famigerato Bromley Contingent, ai successi gothic degli 80’s e alle ballate pop-noir della maturità, un compendio dell’art of darkness di colei che era e resta la sovrana incontrastata di uno stile e di un approccio che hanno fatto epoca. Che sia tornata “per mozzare le teste a quelle povere fesse, illuse di averle usurpato il trono” – come sostiene Marco Pipitone sul Fatto Quotidiano – o che l’abbia fatto semplicemente per rinverdire le finanze domestiche, per noi non ha importanza: celebriamo il ritorno sul palco di Susan Janet Ballion come l’occasione per ripercorrere una storia musicale di straordinario fascino e cruciale influenza sulle generazioni successive. E pazienza se oggi le corde vocali non sono esattamente quelle dei tempi d’oro... Lunga vita alla Regina!
25. Siouxsie - Into A Swan
Partiamo – forse inevitabilmente – dalla fine, che segna però anche la prima volta a nome semplicemente “Siouxsie”. Ovvero, l’album “Mantaray” pubblicato nel 2008, a un anno dal divorzio con Budgie, batterista e sodale di una vita, sia nei Banshees sia nei Creatures. Il disco non è certamente tra i suoi vertici, ma fa baluginare qualche traccia del vecchio splendore, ad esempio in questa ossessiva “Into A Swan”, imbottita di elettronica, distorsioni e percussioni oscure. A conferma che Siouxsie può ancora avere piena cittadinanza anche nel Duemila.
24. Siouxsie and the Banshees - Not Forgotten
L’ultimo atto a nome Siouxsie and the Banshees risale invece al 1995, con l’album “Rapture”. Il sound ormai ha poco a che spartire con quello storico della band nata in piena era post-punk, ma resta il fascino della protagonista, ormai in veste dark lady matura, qui alle prese con le cadenze martellanti e tenebrose di una “Not Forgotten” che, oltre a qualche sana scudisciata di chitarra, rispolvera anche un testo funereo, degno dell’era gothic. O di una puntata di CSI (“You buried it so deep/ So safe in hidden sleep/ But like a tell-tale corpse/ Rises to the surface/ Over-ripe and bloated”).
23. The Creatures – Dancing On Glass
Nel 1981, in una pausa dai Banshees, Siouxsie fonda assieme al fido Budgie i Creatures, duo percussivo che guarda a sonorità esotiche e tribali. Nel 1983 il debutto su Lp con “The Feast” in cui compare questa “Dancing On Glass”: poco più di due minuti tutti costruiti sul tambureggiare minimalista delle percussioni e sul canto ipnotico di Siouxsie, in uno straniante mix tra exotica, musical indiano, art rock e (post)punk. Con lo scioglimento dei Banshees, nel 1996, i Creatures progrediranno da side project a occupazione a tempo pieno, pubblicando altri tre dischi, “Boomerang” (1989), “Anima Animus” (1999) e “Hái!” (2003), purtroppo non presenti su Spotify.
22. Siouxsie and the Banshees - Christine
Non fatevi ingannare dalle tonalità apparentemente scanzonate: la Strawberry Girl e la Banana Split Lady sono in realtà solo due delle inquietanti 22 personalità della scrittrice americana Chris Costner Sizemore, cui venne diagnosticato negli anni 50 un disturbo dissociativo dell'identità (una storia ripresa anche nel film “La donna dai tre volti” del 1957). Al suo romanzo biografico "Eve" (titolo del lato B del singolo in cui trovano posto le identità più estreme della donna, "Eve White" e "Eve Black") è ispirata questa cantilena con tanto di riff d'organo, che spopolerà nelle discoteche dark, contribuendo a rendere ancor più accessibile e popolare il fenomeno-Siouxsie. Pop, ma con classe e turbamento, in un brano che marca anche una svolta sonora nel gruppo con l’ingresso del chitarrista John McGeoch: inizia con un riff suonato alla chitarra acustica e prosegue sulla cadenze martellanti del basso di Steven Severin, mentre il ritornello viene sostenuto dai sintetizzatori e un effetto di flanger chiude le danze.
21. Siouxsie and the Banshees - Cities In Dust
L’album “Tinderbox” del 1986 segna un'altra tappa del progressivo riallineamento di Siouxsie ai canoni pop. Non mancano, però, inventiva e ispirazione, come in questa sinuosa dark-dance propulsa da un sintetizzatore che mima anche il suono delle campane. Siouxsie canta con piglio fatalista e decadente tra le rovine di una città in polvere: la “Cities In Dust” è Pompei, distrutta in un'eruzione vulcanica nel 79 d.C.. Il brano descrive il vulcano e la sua camera magmatica, la condizione delle vittime dell'eruzione, la successiva scoperta e lo scavo della città, senza tralasciare immancabili accenni dark con l’allusione al santuario dei Lares Familiares. “Cities in Dust” diverrà il maggior successo tra i singoli pubblicati dai Banshees fino ad allora, sconfinando anche in discoteca in virtù del suo energico ritmo in 4/4. Tra i fan, Brett Anderson dei Suede che la citerà tra le sue canzoni preferite e i Garbage di Shirley Manson che ne faranno anche una cover.
20. Siouxsie and the Banshees - Happy House
Uno dei numeri più eccentrici del primo periodo del gruppo inglese, destinato a diventare anche uno dei suoi più celebri successi. "Happy House" è tutta giocata sul tema della casa simbolo materno e della solitudine dell'individuo, con un Budgie particolarmente intraprendente, che sfrutta il suo interesse per i poliritmi africani imbastendo cadenze reggae, mentre McGeoch intesse i suoi riff taglienti. “Abbiamo quasi inventato un nuovo suono con questo singolo, la fase due dei Banshees”, racconterà Siouxsie, sottolineando il carattere sarcastico del testo, che ironizza sull’ipocrisia delle famiglie idilliache solo in apparenza. “Come nelle pubblicità”. Folgorerà anche The Weeknd che la campionerà nella sua “House Of Balloons”.
19. Siouxsie and the Banshees - The Last Beat Of My Heart (live, 1991)
Ma c’è anche un’anima romantica che pulsa nel corpo (di strega) di Siouxsie. “The Last Beat Of My Heart” – qui catturata dalla struggente versione live registrata nel 1991 al Lollapalooza - ne è l’essenza più pura e melodrammatica, con la sua invocazione all’amante di non abbandonarla perché desidera essergli vicina fino all’ultimo battito del suo cuore. Una ballata atmosferica ad ampio respiro, sostenuta da archi e fisarmonica, interpretata da una Siouxsie col cuore in frantumi. Finirà addirittura nella lista delle “50 migliori canzoni d'amore alt-rock” di Spin. E se ne invaghiranno anche insospettabili fan come gli Arcade Fire, che ne realizzeranno una cover nel loro Ep del 2006 “Curse Your Little Heart”. Decisamente meno romantico il titolo dell’album da cui è stata estratta come terzo singolo: “Peepshow”.
18. Siouxsie and the Banshees - Face To Face
A contribuire al rilancio delle quotazioni di Mrs. Ballion all’alba del decennio Novanta contribuirà anche il cinema, grazie al più gotico dei supereroi: sì, naturalmente Batman. A Siouxsie and the Banshees, insieme a Danny Elfman, viene offerta la possibilità di comporre un brano della colonna sonora di “Batman Returns”, il film di un altro maestro del gotico come Tim Burton. È una ballata avvolgente, orchestrale e ipnotica, che Siouxsie interpreta da par suo e che richiama direttamente una scena del film, in cui Batman e Catwoman si ritrovano proprio Face To Face, in una danza sensuale e pericolosa.
17. Siouxsie and the Banshees - Fireworks
È degli anni Novanta anche la preziosa antologia “Twice Upon A Time” (1992), con cui la Polydor riporta alla luce singoli mai editi su Lp e altre rarità, completando la collezione iniziata dieci anni prima con “One Upon A Time”. Tra i brani, anche questo scoppiettante (nomen omen) singolo di nome “Fireworks” uscito solo su 45 giri nel 1982, in piena stagione d’oro della band, a cavallo tra gli Lp “Juju” e “A Kiss In The Dreamhouse”. Tutto si gioca attorno alle chitarre, al basso e agli archi che irrompono donando un tocco di pathos e sensualità. Ritmi forsennati e cantato stregonesco con (inevitabile) finale pirotecnico.
16. Siouxsie and the Banshees - Melt!
Nel corso del decennio Ottanta, l'esuberante ragazzaccia punk degli esordi si trasforma progressivamente in una vocalist più matura ed elegante, virando verso una forma-canzone più composta. Evidenti segnali di questa trasformazione si colgono già da “A Kiss In The Dreamhouse” del 1982, dal quale abbiamo estratto un brano tra i più “necrofili” del suo intero repertorio: un’ode a eros e thanatos, con versi piuttosto espliciti come “ogni singolo sospiro porta a un insaziabile desiderio di suicidio nel sesso” o “nel retro di una lunga macchina nera, fuggendo da un funerale di fiori, con la mia mano tra le tue gambe in liquefazione”... “Melt!”, ovvero la dissoluzione più sexy di sempre.
15. Siouxsie and the Banshees - Dazzle
Un rapporto d’amore e odio, quello tra Siouxsie e Robert Smith, amici/rivali in competizione per il trono della darkwave nella prima metà degli 80’s. Nel 1984 la cantante dei Banshees chiama ancora alla sua corte il leader dei Cure per suonare la chitarra nell'album “Hyaena”. La sua collaborazione contribuisce ad addolcire ulteriormente il suono dei Banshees. E il miglior saggio di questo nuovo corso è una vera e propria sinfonia pop, con batteria, archi e uno scarno pianoforte introduttivo (detto "Baby Piano") al servizio della voce evocativa e suadente di Siouxsie. Un glittering prize di nome “Dazzle”.
14. Siouxsie and the Banshees - Night Shift
"Ju-Ju" è probabilmente il capolavoro di Siouxsie and the Banshees, il disco che segna il culmine del loro affiatamento e la sublimazione della loro torbida mistura sonora. Alle visioni catacombali, al romanticismo inglese, al tipico gusto per l'occulto, Siouxsie unisce qui il gusto per i riti e le liturgie stregonesche dell'Africa profonda ("ju-ju" è una tradizione musicale nigeriana). Ed è un vero cerimoniale questa “Night Shift”, ballata dalla maestosità demoniaca: la notte di Siouxsie si consuma in un ideale cimitero muschioso delle brughiere d'Albione, affollato di vampiri, zombie e assassini: "The cold marble slab submits at my feet/ With a sweet dissection/ Looking so sweet to me - please come to me/ With your cold flesh - my cold love...".
13. Siouxsie and the Banshees - Red Light
Ingaggiato alla chitarra il formidabile John McGeoch (già nei Magazine), Siouxsie and the Banshees pubblicano nel 1980 “Kaleidoscope”, che frutta anche le prime hit, come “Christine” e “Happy House”. Ma la formazione londinese svela anche un’anima sempre più elettronica e sperimentale, con synth cupi e beat sempre più claustrofobici, come in questa splendida istantanea di nome “Red Light”, ossessivamente scandita dai click di una macchina fotografica: la luce rossa che si accende e Siouxsie che si lascia trafiggere dalla luce dei flash reiterando il suo canto sempre più alienato e distaccato (e riverberato), in pieno stile new wave.
12. Siouxsie and the Banshees - Hong Kong Garden
Il singolo con cui tutto iniziò. Un lugubre balletto giapponese che si distende in una specie di danza macabra. Un colpo di kung-fu di nome "Hong Kong Garden" (1978) per un ko assicurato fin dalla travolgente intro. Con un testo curioso, scritto dalla stessa Ballion, sugli abusi inflitti alla comunità cinese nel ristorante che era solita frequentare con le amiche. Da qui nasce il mito di Siouxsie (come Susan) and the Banshees (letteralmente "spiriti di donna preannuncianti la morte"). A suonare è il primo nucleo del gruppo, formato attorno al duo Siouxsie-Steven Severin, con il chitarrista John McKay e il batterista Kenny Morris.
11. Siouxsie and the Banshees - Turn To Stone
Il “ritorno alla pietra” è in realtà un nuovo passo verso una raffinata maturità. Se l’album “Peepshow” (1988) pare aver un po’ smarrito lo slancio e l’energia vibrante dei primi lavori, Siouxsie conferma tutta la sua duttilità d’affascinante interprete, riuscendo a sfoderare ancora alcuni colpi di classe pura, come questa sinuosa e trascinante “Turn To Stone” posta al settimo posto in scaletta. Chi resta ancorato al passato post-punk storce il naso, tutti gli altri applaudono la riuscita metamorfosi.
10. Siouxsie and the Banshees - This Town Ain't Big Enough For Both Of Us
Se per molti le cover per eccellenza di Siouxsie sono “The Passenger” (Iggy Pop) e “Dear Prudence” (The Beatles), noi abbiamo scelto un’altra prodezza contenuta in “Through The Looking Glass”, il disco che vede la cantante londinese alle prese con una serie di omaggi ad alcuni dei suoi artisti preferiti (dai Doors ai Roxy Music, da Bob Dylan a Television e Kraftwerk). La rilettura di un brano già di per sé geniale come “This Town Ain't Big Enough For The Both Of Us” degli Sparks (dalla pietra miliare “Kimono My House”) è tutta giocata sui timbri chiaroscuri della cantante londinese, che mitraglia i versi dei fratelli Mael su forsennate cadenze post-punk, in un’accelerazione vertiginosa, scandita dai ruggenti riff della chitarra di John Valentine Carruthers. Siouxsie nel Paese delle Meraviglie.
9. Siouxsie and the Banshees - Switch
L’ultimo acuto del primo album. “The Scream” (1978) è un disco ambivalente: acerbo e preveggente al tempo stesso. È ancora post-punk ma già con un piede in quel territorio dark-gothic in cui i Banshees a breve avrebbero messo radici. Il gran finale di "Switch" dimostra tutta la solidità e le potenzialità della formazione inglese: l’andatura accelera fino a un ritmo sostenuto, senza però mai raggiungere la furia punk. Il sax è sinistro, il riff arpeggiato è ipnotico, poi riverberato e lugubre, la voce torna a farsi profetica e allucinata, le percussioni secche e tribali. E Siouxsie imprime il suo definitivo stampo con un monumentale inno alla drammaticità.
8. Siouxsie and the Banshees - The Staircase (Mystery)
Se è mai esistitito il “dark-punk”, un pezzo come questo dovrebbe esserne la sintesi perfetta. La frenesia rock’n’roll dei primi lavori si stempera in un vortice di suspense horror che lambisce la psichedelia più torbida e ipnotica: ascensori, scale a chiocciola, ringhiere e cimiteri animano un climax hitchcockiano, sapientemente alimentato dalle linee di basso di Severin e dagli uncini di chitarra di McKay, metallici e inquietanti come non mai. L’ambientazione perfetta per una nuova interpretazione scalmanata di Siouxsie, più che mai sacerdotessa gothic con il suo tipico look: parrucca nera, cerone bianco e pesantissimo make-up, simboli necrofili e abiti in pelle sadomaso.
7. Siouxsie and the Banshees - Metal Postcard
Ritmi marziali, riff acuminati e versi inquietanti come “Metal is tough, metal will sheen/ Metal won't rust when oiled and cleaned” miagolati da Siouxsie con registro sgraziato alla Nina Hagen e Lene Lovich. “Metal Postcard” è un omaggio all'artista anti-nazista John Heartfield, con il quale il gruppo voleva distaccarsi dalle accuse ricamate dai media nel periodo in cui Siouxsie, per pura provocazione, sfoggiava una fascia con la svastica sul braccio (cosa che le costò anche un boicottaggio da parte dei Clash). Un brano splendidamente paranoico: è il punk che ha perso il suo spirito da "white riot" e preferisce rintanarsi negli angoli più bui della mente, alimentando incubi, paranoia e alienazione. Sarà poi reinterpretato anche in tedesco, con il titolo di “Mittageisen”.
6. Siouxsie and the Banshees - The Ghost In You
La Siouxsie che non t’aspetti, paladina dei diritti civili a sostegno dei ragazzi cinesi di Piazza Tienanmen in una commovente ballad dai profumi orientaleggianti. “Torni a Tiannammen... per vederli cadere, per sentirli arrendersi, svelando il terrore della folla”, canta l’ex-groupie dei Pistols. E ancora: “Il tuo cuore prigioniero, l’idea che condividi con un bacio eterno, gli spiriti della piazza”. Nessun cedimento alla retorica: la canzone funziona, grazie alla sobrietà dell’interpretazione e al bel giro melodico del ritornello. Non sarà una delle sue hit storiche, ma un posto nel cuore di scrive lo conquista agevolmente (e definitivamente).
5. Siouxsie and the Banshees - Playground Twist
Il vero e proprio passaggio in campo gothic avviene a partire dal sophomore, “Join Hands”, in cui il canto mesmerico di Susan si esalta in pezzi tirati e lugubri, come questa filastrocca, spaventosa nel suo refrain straniante, che centrifuga un surreale sax alto e rintocchi di campane (a morto, of course) in una coltre di distorsioni metalliche. “You can drown when you're shallow” (“Puoi annegare quando sei superficiale”) ammonisce minacciosamente la chanteuse della suburbia londinese. Prodotta dal manager Nils Stevenson e da Mike Stavrou, tecnico del suono dei T. Rex di Marc Bolan (idoli glam di Siouxsie, al pari di David Bowie) “Playground Twist” presenta di un'alterazione del tempo in 3/4, insolita per la musica rock. Un sinistro “parco giochi” che Roy Carr di Nme paragonò ai film di Ingmar Bergman sottolineando che richiedeva di essere “ascoltata più volte a un volume al limite della sopportazione per cogliere pienamente la sua qualità da incubo”. Scalerà anche la Uk Chart (n.28) permettendo al gruppo di suonarla dal vivo a Top of the Pops.
4. Siouxsie and the Banshees - Spellbound
È invece sicuramente una delle sue hit storiche questa devastante cavalcata rock che diventerà anche un classico dei live di Siouxsie e che riassume tutte le coordinate della sua darkwave: la furia della chitarra (acustica) di McGeogh e il tribalismo ossessivo delle percussioni di Budgie, sposato alle pulsazioni del basso di Severin, spalancano le porte degli inferi, mentre Susan canta come una strega indemoniata, in un vortice di deturpazioni sonore e urla lancinanti. Del punk resta solo l'impronta - il ritornello, la velocità, l'immediatezza - ma tutto è ammantato da una cappa nera e maledetta. “Spellbound”, un incanto che assomiglia a un sortilegio.
3. Siouxsie & Morrissey - Interlude
Può una punk essere romantica? No, probabilmente. Ma, forse senza neanche volerlo troppo, Siouxsie riesce a esserlo appieno a fianco di un altro amico/nemico, Steven Patrick Morrissey, ormai affrancatosi dagli Smiths e in vena di raffinate tenerezze in chiaroscuro. Il cantautore di Manchester ha per le mani un brano scritto nel 1968 da Georges Delerue e Hal Shaper e interpretato, nella versione originale, dalla cantante italoamericana Timi Yuro, per la colonna sonora del film omonimo diretto da Kevin Billington. Propone a Susan di farne un duetto. Ed è subito magia, con il canto salmodiante di Moz che si sposa alle tonalità tenebrose della vocalist dei Banshees per una memorabile ballata senza tempo. Ma sarà anche troppo per i due, che torneranno alle rispettive ruvidezze individuali, chiudendola qua.
2. Siouxsie and the Banshees - Israel (live)
Nel 1983 si consuma una breve spaccatura nei Banshees, che si dividono in due coppie: Siouxsie e Budgie formano il progetto The Creatures pubblicando l'album, “Feast”, mentre Steven Severin fonda il duo The Glove con Robert Smith. Il ritorno in gloria del marchio Siouxsie and the Banshees viene celebrato nel 1983 con un evento live a suo modo storico: la "profanazione" dell'austera Royal Albert Hall di Londra da parte di orde di giovani punk e dark. Un evento testimoniato nello splendido doppio live “Nocturne”, in cui Siouxsie si conferma mirabolante performer: canta, balla a piedi nudi, si getta a terra e gronda rimmel dal suo impressionante "mascherone". Ad aprire il live, è uno dei capolavori dei Banshees: un singolo “natalizio” (a modo loro!) originariamente inciso nel 1980 con il Welsh choir ai backing vocals. Preceduto nel concerto da una bizzarra intro strumentale che assomiglia a un danza di streghe, è un maestoso inno in "crescendo" intonato teatralmente da Siouxsie su uno sfondo cupo, animato dalle pulsazioni ossessive del basso di Severin e dal drumming tumultuoso di Budgie. “Israel” diventerà un classico dei loro concerti e folgorerà anche diversi artisti, inclusi Jean-Benoît Dunckel degli Air, che la definirà “una delle sue dieci canzoni preferite di sempre”, i Ride e il produttore Howie B. (Björk, Tricky).
1. Siouxsie and the Banshees - Arabian Knights
Una Siouxsie da Mille e una notte. Dalla pietra miliare “Ju-Ju” del 1981, un brano semplicemente magnifico, sospeso tra atmosfere arcaiche e sapori mediorientali, con le sue continue variazioni di ritmo che sfociano in un galoppo forsennato e con un testo che sembra quasi un'invettiva contro l'occidentalizzazione dell'Arabia, ma in un contesto "demoniaco": "I heard a rumour, what have you done to her/ Veiled behind screens/ Kept as your baby machine/ Whilst you conquer more orifices". Siouxsie è l'indiscussa dominatrice di questa cavalcata sonora nei deserti d'Arabia con il suo vocalismo selvaggiamente roboante e sensuale, ma va sottolineato anche il ruolo cruciale del drumming di Budgie e delle linee di chitarra di McGeoch, che diventano riferimenti assoluti a livello tecnico tra il 1980 e il 1982. Una fascinazione esotica che nell’Lp – come detto - lambisce anche il tribalismo dell'Africa profonda. L'uso della musica etnica, combinato con l'elettronica, dà vita a una sorta di trance allucinata: non sarà unica volta, per la Regina della notte, che qui però raggiunge la sua apoteosi.
SIOUXSIE AND THE BANSHEES | ||
The Scream (Geffen, 1978) | 8 | |
Join Hands (Geffen, 1979) | 7 | |
Kaleidoscope (Geffen, 1980) | 7,5 | |
Ju-Ju (Geffen, 1981) | 8,5 | |
Once Upon A Time - The Singles (antologia, Geffen, 1981) | ||
A Kiss In The Dreamhouse (Geffen, 1982) | 7 | |
Nocturne (live, Geffen, 1983) | 8 | |
Hyaena (Geffen, 1984) | 6,5 | |
Tinderbox (Geffen, 1986) | 7 | |
Through The Looking Glass (Geffen, 1987) | 7 | |
Peepshow (Geffen, 1988) | 7 | |
The Peel Sessions (Dutch East India, 1991) | ||
Superstition (Geffen, 1991) | 6,5 | |
Twice Upon A Time - The Singles (antologia, Geffen, 1992) | ||
The Rapture (Geffen, 1995) | 5 | |
THE CREATURES | ||
Feast (Wonderland, 1983) | 6,5 | |
Boomerang (Geffen, 1989) | 5,5 | |
Anima Animus (Instinct, 1999) | 6,5 | |
Hai! (Sioux, 2003) | 6 | |
SIOUXSIE | ||
Mantaray (Universal, 2007) | 6 |
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