È un Unipol Forum gremito all'inverosimile, quello che si presenta sotto gli occhi di chi è in attesa di un'inconsueta funzione domenicale diretta da Nick Cave, accompagnato dai suoi Bad Seeds; a questi ultimi si è anche recentemente aggregato nientemeno che Colin Greenwood al basso, in sostituzione a Martyn Casey, assente per malattia.
A fare gli onori di casa per l'unica data italiana sono i Murder Capital che, insieme a Dry Cleaning e Black Country, New Road, erano stati designati come supporter per parte delle tappe in Europa e Uk. Il serpeggiare del tamburello di "The Stars Will Leave Their Stage" ingrana gradualmente verso i ritmi di batteria di un'inaspettata e oscura "Love, Love, Love", traccia conclusiva di "When I Have Fears", ben più vorticosa della sua versione su disco, e sicuramente calzante nella setlist delineata come apertura al Re Inchiostro (nonché indicazione della linea intrapresa dal gruppo, sempre più votato alla melodia, ma senza snaturarsi).
Potrebbe prestarsi bene ai sing-along in futuro la non ancora edita "That Feeling", che qui dà man forte all'ormai classico di punta "Ethel", trainato dal crescendo di chitarre. Le atmosfere languide (e al contempo maestose, dato il contesto) dei passaggi strumentali di "Slowdance I" e "Slowdance II" lasciano spazio a un tris di novità che include una traccia misteriosa, apparentemente incentrata sul tema della famiglia e delle origini, l'inedita e potenzialmente radio-friendly "Words Lost Meaning", e "Can't Pretend To Know", fresca di pubblicazione. La chiusura del set è affidata alle stilettate della più dinamica "Don't Cling To Life".
Sono le 21 in punto quando le luci del palazzetto si abbassano, annunciando l'arrivo dei protagonisti. King Ink guadagna immediatamente il centro della scena e il grande rito pagano collettivo ha inizio. La tripletta iniziale mette subito in chiaro che al centro della serata c'è innanzitutto il nuovo lavoro (con un totale di nove tracce su dieci inserite in scaletta) e dimostra quanto i brani che lo compongono sappiano trovare nella versione live un'incisività non evidente su disco. È in particolar modo "Wild God" - incastrata tra "Frogs" e "Song Of The Lake" e malgrado tutti i limiti acustici della sala - ad avere un impatto prepotente, irradiando luce ed energia nelle sue aperture guidate dal coro, e candidandosi a divenire un classico da palco.
Brano dopo brano Cave consolida il contatto visivo e carnale con il pubblico, si lascia andare sulle mani tese in adorazione, dialoga con costanza introducendo ogni storia con parole generose, spesso ironico ma anche pieno di commozione, come nel caso dell'intro toccante a "O Children", sancendo la definitiva trasmutazione in reverendo che ammalia e guida i suoi fedeli. L'australiano è in piena forma, si muove senza sosta sfoderando una voce che non ha perso per nulla smalto, tra pianissimi e urla graffianti, fino a zittire la band per ergersi solitario su tutto. I Bad Seeds, in piena simbiosi, assecondano ogni passaggio in modo impeccabile, con Warren Ellis centro indiscusso dell'universo sonoro, tranne quando il Re Inchiostro siede al piano in solitudine, con una magnetica l'esecuzione di "I Need You", superiore anche alla conclusiva "Into My Arms".
Touched by the spirit, touched by the flameUna menzione d'onore è riservata anche a una potentissima "Conversion", che detta uno dei leit-motiv della serata, con un botta e risposta tra l'artista e il pubblico che si proporrà a più riprese nel corso del resto dell'esibizione.
Frogs
Wild God
Song Of The Lake
O Children
Jubilee Street
From Her To Eternity
Long Dark Night
Cinnamon Horses
Tupelo
Conversion
Bright Horses
Joy
I Need You (Solo)
Carnage (Nick Cave & Warren Ellis cover)
Final Rescue Attempt
Red Right Hand
The Mercy Seat
White Elephant (Nick Cave & Warren Ellis cover)
Encore
O Wow O Wow (How Wonderful She Is)
Papa Won't Leave You, Henry
The Weeping Song
Into My Arms (Solo)