Gathering

Souvenirs

2003 (Psychonaut)
alt-rock, trip-hop, post-prog

Alcuni album sono così inclassificabili da richiedere una categoria propria. A cavallo fra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, gli olandesi The Gathering ne pubblicarono una serie: dischi di confine, sospesi fra più generi ma dotati di un sound estremamente coeso e di atmosfere inconfondibili. Qualcuno provò a impiegare etichette affermate per descriverne lo stile ("gothic metal", "alternative rock", "experimental") o a ricorrere a diciture più esoteriche ("psychedelic metal", "atmospheric rock", o "trip-rock" come proposto dalla band stessa), ma nessuno se ne curò più di tanto. La musica bastava, con la sua capacità di soddisfare tanto gli amanti dei suoni più duri quanto patiti di rock classico e curiosi provenienti da ascolti "alternative" o sconfinanti nell'elettronica. Quello dei Gathering era senz'altro un nome di nicchia, ma di una nicchia insolitamente trasversale in fatto di pubblici coinvolti.

 

Diversi anni più tardi, quello stile così personale ed eclettico ha guadagnato una collocazione: il post-progressive rock. Si tratta di un'etichetta ancora in fase di affermazione, introdotta già nel 1998 dal filosofo e musicologo Bill Martin ("Listening to the Future: The Time of Progressive Rock") ma diffusasi soprattutto dal 2008 della fondazione della label Kscope legata a Steven Wilson. I saggisti Martin Halliwell e Paul Hegarty inquadrano questo campo eterogeneo come "quel progressive rock che trae le sue origini da fonti diverse dal progressive rock" ("Beyond and Before: Progressive Rock Since the 1960s", 2001). Al suo interno possono trovare posto molti "incatalogabili", come David Sylvian e i tardi Talk Talk, gli Archive e i Marillion del dopo-Fish, i No-Man, i Blackfield, svariati album dei Radiohead, gli Oceansize, gli Amplifier, gli Airbag, gli Elbow, i Gazpacho, i Dredg… Oltre che una serie di artisti provenienti dall'ambito metal ma proprio a ridosso del nuovo millennio pronti ad aprire la propria formula a una pluralità di influenze: Anathema, Katatonia, Tiamat, Ulver, Manes e altri ancora. Fra questi i Gathering, che nel febbraio 2003 pubblicano uno dei dischi più emblematici della corrente: "Souvenirs", uscito in Europa sulla loro label Psychonaut e negli Stati Uniti per The End Records (Agalloch, Estradasphere, Sleepytime Gorilla Museum, Ulver, Sigh, Today Is The Day).

 

Sarebbe inappropriato affermare che "Souvenirs" sia l’apice della carriera degli olandesi, o che segni un prima e un dopo nella loro discografia. Fin dall'esordio gothic/doom "Always" (1992), la storia dei Gathering è un continuo di evoluzioni stilistiche attraverso uscite curate e convincenti: tentare di identificare un vertice in senso qualitativo sarebbe fuorviante. Il loro settimo album offre però un punto di vista privilegiato sulle loro trasformazioni, con una linea espressiva al crocevia fra le molteplici chiavi del loro sound: la componente gotica, sempre evidente nelle atmosfere e nella voce avvolgente di Anneke van Giersbergen; il ruolo centrale delle chitarre, qui ormai più alternative rock che metal e spesso filtrate da un'effettistica di impianto shoegaze; l'interiorizzazione delle costruzioni elettrico/elettroniche dei Massive Attack; il gusto per la dilatazione e le dinamiche di progressivo addensamento e rarefazione sonora.
Scrive Alessandro Mattedi nella monografia dedicata alla formazione olandese, "Le sonorità mettono da parte ogni residuo riff-centrico, facendosi più tenui ma anche più oscure e psicologicamente tese, soprattutto nei testi. […] 'Souvenirs' è forse l'album più cupo e ispirato del gruppo fino a questo momento". In effetti, i toni dei brani sono probabilmente i più slavati e claustrofobici esplorati dalla band. L'ingresso lento di "These Good People", che apre il disco, detta il mood predominante: una stagnazione inebriante, che nasconde tensioni in perenne ricerca di una qualche risoluzione purificatrice. Basso ipnotico, sgocciolii di piano, loop elettronici e una batteria trip-hop ampiamente giocata su rim click e rim shot (colpi secchi o fragorosi ottenuti colpendo il cerchio del rullante) sono gli ingredienti chiave di uno sviluppo che alterna vuoti e pienissimi senza mai incontrare una vera esplosione risolutrice.

La passione per le transizioni graduali attraverso le emozioni è un cardine di gran parte degli altri episodi (è cruciale, ad esempio, in "Broken Glass", nella title track e in "We Just Stopped Breathing"), ma non è una chiave di volta solo dell'album o dello "stile Gathering". Si tratta, invece, di un tratto distintivo di moltissime band oggi associate all'etichetta post-progressive. La costruzione di atmosfere evocative e la loro articolazione in architetture sequenziali è il più palese degli aspetti comuni con il progressive rock settantiano (almeno nella sua veste più celebre, quella sinfonica); band come Gathering, Archive o Marillion era-Hogarth tuttavia raramente sfruttano l'"effetto sorpresa" dettato dai cambi dirompenti di tempo, strumentazione, chiave o intensità. Anche i virtuosismi sono rari, e l'impianto sembra legato più alle stratificazioni dei Pink Floyd che ai voltafaccia che all'epoca avevano guadagnato a Yes o Genesis il nomignolo di "flash-rock". A guidare lo sviluppo sono ingressi e cancellazioni in sordina, passaggi sfumati in cui non sia visibile alcun punto di sutura. L'ascoltatore si trova così immerso nel flusso di sensazioni, vivendone l'inesorabilità, senza però poter indicare un preciso punto di svolta. Alle suddivisioni dai confini netti è costretto a sostituire, al più, un'indicativa mappa delle correnti.
In quegli stessi anni, anche l'assai progressivo filone "soft/loud" capitanato da Mogwai, Gospeed You! Black Emperor, Explosions In The Sky e Sigur Rós sviluppò una venerazione per le strutture in crescendo e gli sviluppi "meteorologici" degli intrecci compositivi. Sebbene i punti di raccordo fra gli approcci siano molteplici, un aspetto sotto cui si discostano sta nella diversa gestione della tensione: mentre le band soft/loud tendono a puntare su dinamiche forti e deflagrazioni sonore esplicite, suscitando forti riscontri emotivi nell'ascoltatore, lo schema dei Gathering e di chi adotta soluzioni a loro affini è più indiretto. La loro musica avvince grazie a un gioco di addensamenti e rannuvolamenti che preludono a una tempesta che è quasi sempre rinviata, evolvendo invece in perturbazioni nuove attraverso rarefazioni e cambiamenti sottili delle tessiture strumentali.

Oltre agli elementi che lo accomunano agli altri artisti post-prog, il percorso dei Gathering presenta inclinazioni proprie, ben evidenziate nella tracklist di "Souvenirs". La vocazione trip-hop li lega ai già citati Archive ma anche a un'ispirazione significativa: i norvegesi The 3rd And The Mortal, autori di una traiettoria dal doom metal all'art-rock elettronico e ambientale dagli esiti forse meno progressivi negli accostamenti, ma certamente affascinanti. Molte delle costruzioni ritmiche allestite dal batterista Hans Rutten e dal bassista Hugo Prinsen Geerlings risentono dell'approccio dub tipico della Bristol di qualche anno prima. "Even The Spirits Are Afraid", in particolare, si apre con un pattern batteristico su due battute e un basso pulsante che ricordano da vicino i Massive Attack periodo "Mezzanine"/"100th Window" (anche quest'ultimo del 2003). Altrove emergono echi dei Portishead, e i toni grigi e suburbani di molti pezzi contribuiscono senz'altro a rafforzare la connessione.

 

La presenza vocale di Anneke Van Giersbergen è un secondo, innegabile aspetto caratterizzante. La sua interpretazione carismatica è responsabile da un lato delle inclinazioni goth più persistenti del Gathering-sound, dall'altro anche delle rare ma fondamentali aperture pop. I tratti chiaroscurali che nascono dal contrasto fra le due tendenze marcano i due episodi più ascoltati del disco (almeno stando a Spotify): "Broken Glass" e "You Learn About It". Entrambi presentano un umore meno torvo del consueto: la prima esplora il versante più dinamico della tavolozza del gruppo (al suo interno figura una delle poche sezioni autenticamente catartiche dell'album); la seconda, complice la radiosa chitarra acustica, guadagna sfumature a un passo dai Cranberries ed è facilmente il pezzo più luminoso di questa parte della carriera degli olandesi.
Forse anche in cerca di traiettorie meno di nicchia, dopo il successivo "Home" la cantante lasciò la formazione per concentrarsi su vita privata e produzione solistica. Il suo percorso discografico con i Gathering durava dal 1994 di "Mandylion".

 

Nonostante l'allontanamento dal metal, la sensibilità gotica rimane nel bilancio stilistico una componente importante, che emerge non solo nella voce e nei suoi frequenti riverberi, ma anche nelle tessiture strumentali. Pianoforte e sintetizzatore del tastierista Frank Boeijen sono spesso impegnati nell'evocazione di atmosfere umbratili, come quelle di "We Just Stopped Breathing", "Golden Grounds" o della coda di "Jelena". Anche le chitarre di René Rutten, nel loro suonare quasi sempre assai più alternative rock che metal, con la loro forte effettazione fanno riemergere i fili che le uniscono al filone shoegaze e a capostipiti dell'estetica dark come i Cocteau Twins.
Ciò che continua a mantenere un legame diretto con il metal sono invece i testi. Accigliati, talvolta criptici e spesso saturi di dilemmi esistenziali, toccano temi come odio, scelta e mancanza della felicità ("These Good People"), distanza e insaziabilità delle persone ("Monsters"), degrado e perdita dei riferimenti ("Debris", bonus track tratta dall'ep "" dell'anno precedente, e presente in alcune edizioni dell'album fin dal 2003). La loro scrittura è curata principalmente da Anneke Van Giersbergen, ma in due occasioni la firma è quella del produttore, Zlaya Hadzich, che dal 2000 collaborava con la band olandese e qui figura anche come coautore della musica in tutti i brani.
Hadzich diede un contributo significativo anche all'ampiezza di spettro in fatto di ospiti coinvolti. Proprio in quegli anni, il tecnico e produttore curava per la label di Amsterdam Konkurrent le incisioni della serie "In The Fishtank", che abbinavano in session estemporanee artisti di estrazioni diverse (il post-rock dei Tortoise più l'avant-rock in opposition dei The Ex, lo slowcore dei Low e il folk gotico dei Dirty Three, il math dei Solbakken e il cupo indie-folk dei Black Heart Procession…). È probabilmente da quelle registrazioni che nacque il contatto con il trombettista Mathias Eick, presente nel brano "We Just Stopped Breathing": il membro dei post-rocker norvegesi Jaga Jazzist era all'opera con Hadzich giusto nel 2002, per l'episodio di "In The Fishtank" realizzato in coppia coi Motorpsycho.
Sempre in "We Just Stopped Breathing" compare anche il beatmaker Kid Sublime, mentre in "These Good People" e "You Learn About It" la chitarra Acustica è di Wouter Planteijdt degli Sjako!, veterani del rock indipendente olandese. La conclusiva "A Life All Mine", infine, è un duetto fra Anneke Van Giersbergen e il cantante di Ulver, Arcturus e Borknagar Kristoffer Rygg: un episodio dalle tinte noir che tuttavia svetta come uno dei più speranzosi dell'album ("A life all mine/ Is what I choose/ At the end of my days").

 

Assente nella versione in streaming del disco, la hidden track "Telson" tenta in due minuti una sintesi di svariate fra le direttrici sperimentali che concorrono in "Souvenirs". C'è il trip-hop (qui estremizzato in una veste elettronica che rimanda ai Radiohead di "Kid A"/"Amnesiac"), ci sono gli aspetti gotici nella voce, nel piano e nelle tastiere soffuse. C'è anche, nei nastri rovesciati che conquistano il primo piano, un richiamo alla personale declinazione della psichedelia esplorata dalla band dalle parti di "How To Measure A Planet?". Manca del tutto, invece, l'elemento rock/metallico.
Fortunatamente, non si trattava di una dichiarazione programmatica: nel successivo "Home", e ancor di più in "The West Pole" (primo album con la nuova cantante Silje Wergeland), le chitarre acquisirono un'ulteriore centralità, combinandosi peraltro con atmosfere sorprendentemente solari nella loro indiscussa malinconia. Sebbene i Gathering non acquistarono mai un pubblico numericamente davvero ampio, il loro percorso di allargamento a nuovi stili e possibilità espressive non si sarebbe mai fermato.

12/02/2023

Tracklist

  1. These Good People
  2. Even The Spirits Are Afraid
  3. Broken Glass
  4. You Learn About It
  5. Souvenirs
  6. We Just Stopped Breathing
  7. Monsters
  8. Golden Grounds
  9. Jelena
  10. A Life All Mine
  11. Telson (Ghost Track)

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