18/07/2024

Nick Mason's Saucerful Of Secrets

Teatro Arcimboldi, Milano


Nick Mason’s Saucerful Of Secrets è il nome del progetto che il batterista storico dei Pink Floyd, l’unico a essere sempre stato presente nella formazione, ha dedicato ai primi anni e dischi della celeberrima band inglese.
In un’estate caratterizzata da show faraonici che hanno scomodato economisti (Taylor Swift) e ambientalisti (Coldplay), quello guidato da Mason è un concerto decisamente in controtendenza, centrato sulla musica e sul puro piacere di stare sul palco in favore di un pubblico cresciuto, ma anche invecchiato, con la musica floydiana.
Accanto all’ottantenne batterista si muovono sul palco vecchie conoscenze come Gary Kemp, già chitarra degli Spandau Ballet, alfieri new romantic, e il bassista Guy Pratt, sostituto in pianta stabile di Roger Waters nei Pink Floyd sin dagli anni 80. Completano la formazione il chitarrista Lee Harris e il tastierista Dom Beken.

La serata si articola in poco meno di una ventina di canzoni, mantenendo l’ossatura della scaletta presentata sei anni fa in Italia, con qualche variazione. La scelta di Mason è precisa: omaggiare gli anni psichedelici dei Pink Floyd, dal primo disco “The Piper At The Gates Of Down” del 1967 fino a “Obscured By Clouds” del 1972, con una inaspettata incursione nelle primissime fasi della carriera.
Mason ha voluto sin dall’inizio che i suoi Saucerful Of Secrets cogliessero ed evocassero lo spirito dell’epoca, più che ne riproducessero maniacalmente il suono, obiettivo peraltro ben perseguito dalle numerose tribute band che spopolano in ogni angolo del pianeta.
Qual è dunque lo spirito evocato? Intanto sul palco i musicisti sono protagonisti, si divertono e non eseguono uno spartito. Il clima è rilassato, la band non si prende troppo sul serio e soprassiede a errori e imprecisioni. Mason prende le distanze sia dai sermoni socio-politici di Waters sia dal perfezionismo tecnico di Gilmour. Il batterista non è mai stato un grande autore di liriche e nemmeno un maestro del suo strumento. Ma la sua dimensione, come quella del compianto Wright, è stata quella di essere parte di un tutto, i Pink Floyd appunto, una band nella quale il risultato finale è stato ben superiore alla somma delle parti. Alchimia, insomma, gestalt, vera magia che si è concretizzata soprattutto negli immediati anni del post-Barrett, quel breve arco temporale nel quale la band inglese ha saputo travalicare le etichette dialogando con la musica concreta e d’avanguardia, dialogando a tutto tondo con l’intellighenzia dell’epoca, basti pensare alle collaborazioni con il regista Michelangelo Antonioni e con il coreografo Roland Petit. I Pink Floyd, prima della svolta segnata dal successo planetario di “The Dark Side Of The Moon” del 1973, sono stati pionieri capaci di spingersi oltre gli stessi confini della musica.

I tanto acclamati mega concerti delle popstar contemporanee sono spettacoli multimediali totali che si avvalgono di sofisticati light show, megaschermi, balletti, fuochi d’artificio, tutte contaminazioni esplorate proprio dai Pink Floyd tra gli anni 60 e 70. Mentre Waters e Gilmour (quest’ultimo atteso in autunno al Circo Massimo di Roma) propongono i cavalli di battaglia dei grandi dischi anni 70 dei Pink Floyd, da “The Dark Side Of The Moon” fino a “The Wall”, Mason torna alle origini.
“Astronomy Domine”, capolavoro del primo Lp, apre le danze ed è uno dei più convincenti episodi della serata. Diretto e compatto, il brano è uno dei più fulgidi esempi di forma canzone rock con venature psichedeliche a partire dalle evocazioni cosmiche del testo. Il drumming imperioso, centrato sui tom, è il marchio di fabbrica di Mason. L’età si sente e il batterista nel corso della serata asciuga le proprie parti riducendole all’essenziale, ma mantenendo quel ruolo espressivo delle percussioni che interpretano e arrangiano il brano, non semplicemente lo guidano ritmicamente.
L’omaggio a Syd Barrett, vero leader carismatico e compositivo della primissima ora dei Pink Floyd, continua con altri quattro brani. Viene eseguito “Remember Me”, un robusto rock-blues, una delle prime incisioni della band risalente al 1965, con la traccia della potente voce solista di Syd che trascina i musicisti sul palco.
Le incursioni tra le perle di Barrett comprendono anche i primi due singoli “Arnold Layne” e “See Emily Play”, oltre a due ulteriori tracce del primo disco: “The Scarecrow”, che incarna l’anima di folletto cantastorie di Syd, e “Lucifer Sam”, ruvido rock psichedelico.
Il secondo disco “A Saucerful Of Secrets” è rappresentato da una ballata scritta da Rick Wright, “Remember A Day”, cadenzata dal drumming di Mason, e dal classico “Set The Controls For The Heart Of The Sun”, con il batterista impegnato a colpire i tamburi con le mazze. Il brano, dalle venature esotiche, mantiene il suo fascino ipnotico e rappresenta uno degli episodi più significativi dell’intera discografia. Ancora più in alto si posiziona forse “A Saucerful Of Secrets”, canzone scelta per il gran finale. Questo brano è probabilmente una delle vette assolute del rock per la capacità di coniugare sperimentazione rumoristica contemporanea con un finale mistico che evoca progressioni armoniche classiche.

La scaletta, che non contempla brani in studio di “Ummagumma”, propone invece “The Nile Song”, pezzo tratto dalla colonna sonora “More” del 1969, una sorta di parodia dell’hard rock che Guy Pratt intona con determinazione. Mancano all’appello classici come “Cymbaline” e “Green Is The Colour”, così come l’inedito per eccellenza dei Pink Floyd, “Embryo”, cavallo di battaglia nei concerti dell’epoca.
La lunga suite “Atom Heart Mother”, dall’omonimo disco del 1970, viene proposta come sei anni fa in una versione ridotta e piuttosto confusa, introdotta e chiusa dalla delicata “If”, tratta dal medesimo Lp.
“Meddle” del 1971 è rappresentato da “Fearless”, accompagnato dai cori dei tifosi del Liverpool e suonato con particolare divertimento da parte di Kemp e Pratt, e da “One Of These Days”, primo bis della serata capace ancora di coinvolgere il pubblico con il suo basso pulsante. Forse il più compiuto e convincente omaggio ai primi anni floydiani arriva con “Echoes”, altra suite memorabile presentata però in versione integrale e tratta sempre da “Meddle”.
L’ultimo disco presente in ordine cronologico è un’altra colonna sonora, “Obscured By Clouds”, di cui vengono proposte la strumentale title track e “When You're In”. Una menzione particolare va a “Childhood's End”, un rock-funk presto sparito dalle scalette storiche dei Pink Floyd e che meriterebbe invece maggiore attenzione.

Nell’ambito di una offerta sempre più ampia di concerti dal vivo, dove la musica in sé sembra perdere terreno in favore delle parole e dell’intrattenimento spettacolare, Nick Mason con il suo progetto ci riporta là dove tutto è partito: dai musicisti e dalla loro creatività, dal loro desiderio di superare i limiti e allargare gli orizzonti del conosciuto. I Pink Floyd per una manciata di anni sono stati un vero e proprio laboratorio alchemico come ben ci ricorda la misteriosa copertina di “A Saucerful Of Secrets”.