Scrittrice e polistrumentista di origine honduregna, nata in Texas nel 2002, ma da qualche anno di stanza in quel di Aliso Viejo, California, Monty Cime potrebbe essere il segreto meglio custodito del sottobosco statunitense. Personalità brillante e combattiva, dotata di un’intelligenza al di sopra della media, Monty, dopo essersi laureata in etnomusicologia, si è dedicata allo studio della storia dell’America Latina, soprattutto di quella relativa agli anni Settanta e Ottanta del Novecento, focalizzando la sua attenzione sui movimenti sociopolitici che si formarono in quell'epoca.
Di formazione classica, Monty varò il suo primo progetto solista, Syzygy, all’epoca del liceo, realizzando tre Ep: “Spatial Awareness" (2018), in cui domina un indie-folk molto approssimativo e lo-fi; “The Little Church” (2019), sospesto tra post-punk, industrial e neo-folk; “Syzygy” (2019), che si apre anche a una sorta di cabaret in salsa glam. Il nome Syzygy saltò fuori “a undici anni, quando, scoperta l’esistenza della parola ‘sizigia’, cercai di mostrarne il significato con un esempio, e così ipotizzai che l'arte è il risultato di un allineamento (una ‘sizigia’, per l’appunto) di influenze ed esperienze di vita al di fuori del nostro controllo’”.
Alla fine del 2019, insieme agli amici Yui e Rowan, Monty fondò i Costco Boyfriend, artefici, nell’omonimo Ep uscito nel gennaio 2021, di una stuzzicante e divertita commistione di post-punk, garage-rock, neo-psichedelia, jangle-pop, freak-folk e bassa fedeltà. I Costco Boyfriend avevano un principio guida, “rintracciare l'umorismo nella tragedia", come quello che emerge quando si pensa “alla vacuità del neoliberismo americano post-11 settembre”, oppure alle “periferie come cimiteri ideologici e culturali”.
Durante questa sua esperienza molto formativa, Monty si accorse che, solitamente, “le persone tendono ad applaudire gli artisti bianchi per la loro musica ‘super profonda’, quando intendono invece dire ‘triste e lenta’. Questo stesso pubblico spesso deride la musica latina allegra e ballabile, perché appare loro come qualcosa di superficiale o di 'semplice'".
Fu proprio all’epoca dei Costco Boyfriend che l’artista di Aliso Viejo definì al meglio il suo rapporto con le proprie influenze, che vanno da Rubén Blades a Peter Brotzmann, dai Café Tacvba a Carlos & Luis Enrique Mejia Godoy, dai Black Eyes a Victor Jara, dai Corea a Stravinsky, passando per gli Arco Iris, i Meridian Brothers, Astor Piazzolla, i Brave Little Abacus e Charlie Haden. Fondamentali, poi, per la sua musica, sono l’afro-latin jazz, la nueva canción latinoamericana, la musica sass, emo e quella post-hardcore. Nello stesso tempo, da comunista convinta, avviò un processo di radicalizzazione del suo impegno politico, nella convinzione che “tutta la musica ha un valore politico, anche attraverso il rifiuto totale della premessa. Per essere più precisi, l’arte è fatica e l’atto stesso di faticare è un processo politico.”
Con queste idee ben piantate in testa, l’avventura musicale di Monty proseguì con la semplice sigla Cime, con lo scopo di “costruire, a partire dall'eredità e dalla struttura definita dalla nueva canción latinoamericana, un sound che tenesse conto degli sviluppi musicali verificatisi dopo la sua nascita negli anni Settanta, o che comunque ritengo contribuiscano a promuoverne i principi: insomma, sto pensando al punk, alla no wave, all’industrial, al noise (e noise-rock), all’emo, e via di questo passo”.
A interessare Monty è soprattutto la no-wave, "perchè", ci spiega, "rappresenta un ponte incisivo tra il mondo accademico e quello popolare. La metodologia è decisamente di origine classica occidentale del XX secolo (post-minimalista), ma le sue caratteristiche sono del tutto folkloristiche: la preminenza dell'emiolia, la ripetizione, il tamburo tribale, la tavolozza armonica e melodica limitata, i testi astratti, il flusso di coscienza e così via... sono tutti rappresentativi del folklore latinoamericano. Le tecniche compositive 'introdotte' da musicisti come Steve Reich o Philip Glass erano già utilizzate negli stili musicali latinoamericani e africani. L'unica distinzione è che una aveva l'autorità istituzionale dell'accademia dalla sua parte per affermare la propria legittimità, l'altra no".
Il primo frutto dell'avventura dei Cime fu l’Lp The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment (9 tracce; 30:36), pubblicato nel luglio del 2022 dalla Syzygy Records (l’etichetta che la stessa artista honduregna aveva fondato cinque anni prima per diffondere la propria musica) e accompagnato da una copertina che assomiglia, spiega Monty, “a un romanzo rilegato in pelle su cui campeggia un mio ritratto di profilo, che guarda nervosamente l'osservatore, forse in cerca di conferme, sul modello di una famosa litografia dell'eroe politico centroamericano Francisco Morazán, il quale, contro un'intensa opposizione politica, sostenne - fino a inscenare una guerra - la necessità di mantenere un'unione federale degli Stati centroamericani, in modo da salvaguardare la stabilità politica contro gli avversari stranieri, siano essi potenze coloniali o altro”.
Per quanto riguarda il titolo di questo primo lavoro dei Cime, la stessa artista spiega che lo aveva in mente già da diversi anni, e questo perché “'The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment' utilizza il pretesto dei principali eventi della storia centroamericana come mezzo per riflettere sugli eventi cha avevano caratterizzato il mio ultimo anno fino a quel momento, disegnando una fitta rete di connessioni tra figure ricorrenti o conflitti nella storia centroamericana e gli eventi del mondo reale, riguardanti sia la mia vita che l’attuale geopolitica centroamericana. Al di sotto di tutto questo, c'è una storia di autorealizzazione che mi vede alle prese con la mia identità di donna trans, pur essendo, allo stesso tempo, troppo, troppo spaventata per dire una qualsiasi di queste cose in un modo che potrebbe anche assomigliare all'essere schietta. L’'indipendenza' cui si fa riferimento nel titolo è sia quella sociopolitica dell’America Centrale rispetto agli imponenti Stati Uniti, sia, in termini funzionali, quella mia personale rispetto al mio vecchio Io, ucciso in una battaglia tra le tante che definiscono il processo di transizione in corso. In ultima analisi, il mio intento è quello di portare avanti l’idea che la mia vita e la mia esperienza sono un microcosmo e un riflesso della stessa storia centroamericana, proponendomi come un successore dello spirito di Morazán e dell'Honduras (se non dell'America Centrale tutta)”.
In quest’opera fortemente politicizzata, si avvertono gli echi di quattro fondamentali album. Innanzitutto, “Santa María de Iquique” dei cileni Quilapayun, un disco del 1978 che alterna canzoni e intermezzi di spoken word, mescolando elementi del folclore musicale locale con quelli della musica colta e religiosa. Dunque, “Maestra Vida” di Rubén Blades, un doppio Lp del 1980 che colpì l’immaginazione di Monty per la sua capacità di spaziare tra diversi stili musicali sudamericani, dal son cubano alla salsa classica. “Ascoltandolo”, precisa ancora Monty, “sembra di essere alle prese con qualcosa di prezioso. Che era proprio quello che volevo ottenere realizzando questo mio primo lavoro".
Un altro album fondamentale fu “Hang” (2017) dei Foxygen, caratterizzato da “un pop barocco e satirico, ampiamente influenzato dalle colonne sonore hollywoodiane degli anni Quaranta, che mette in guardia dai pericoli dell'imperialismo culturale americano e dalla natura autodistruttiva di coloro che cercano fama e fortuna trasferendosi a Hollywood, con messaggi ampiamente avvolti in metafore estese e allusioni alla Bibbia. È strutturato come un musical, con il lato A e il lato B che rappresentano rispettivamente due atti”.
Infine, Monty cita il nome del cantautore honduregno Guillermo Anderson, soprattutto in riferimento all’album postumo “Ese Mortal Llamado Morazán” (2017), “una colonna sonora scritta per un'omonima opera teatrale che è stata ispirata dalla vita di Francisco Morazán, un eroe internazionale e connazionale honduregno celebrato come il liberatore dell'America Centrale”. Si tratta, probabilmente, dell’album che ha avuto più peso nella realizzazione di The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment, “soprattutto per quanto riguarda l'uso di leit-motiv e l'approccio metaforico alla scrittura di eventi storici.”
Una traccia evidente del peso dell’opera di Guillermo Anderson tra i solchi di questo esordio dei Cime è “Canción Para Guillermo (Song For Guillermo)”, brano che, nel suo muoversi disinibito tra le varie influenze fin qui richiamate, potrebbe ottimamente funzionare da manifesto di una sintesi di nueva canción latinoamericana, freak-folk, rigurgiti post-punk, pop psichedelico e giocosa sperimentazione. Così, se “¡Convicción! (Campaña Nacional)” fa pensare a cosa avrebbe potuto fare uno come Dogbowl se avesse ricevuto in dono qualche disco da Monty Cime, “Compay (Independencia)” tratteggia un panorama sbilenco e volutamente sgraziato, mentre si inneggia a Simón Bolívar, che diede un contributo essenziale all'indipendenza di Bolivia, Colombia, Perù e Venezuela (“Bolivar ci aspetta/ Niente è mai veramente finito/ E tu puoi cambiarlo/ Se iniziamo a camminare, Compay/ Possiamo farcela”).
“Friends/Enemies (Earnest/Irony) [Disolución]” ha invece le fattezze di un noir-jazz registrato alla meno peggio; “Mother” sembra alludere, con la sua piccola babele di voci più o meno intonate, più o meno in primo piano, al sincretismo che è alla base della moderna identità latinoamericana, mentre “God, The FSLN, And The Despots (The Age-Old Story)” regala sprazzi di salsa e poliritmie ricavate da un tamburo garifuna.
Dedicata da Monty a sua madre e “incentrata sull'ascesa delle repubbliche delle banane e sull'attuale migrazione di massa della nostra gente, che si lascia alle spalle l’Honduras a causa della crisi del capitalismo”, “By The Bunches (Banana Dictatorships)” assomiglia a un pezzo folk-country suonato da una Magic Band dei Monti Appalachi, e perciò sgangherato e sgraziato, ma con una logica tutta sua. “Molte delle canzoni di ‘The Independence...’ toccano esperienze formative. Nel caso specifico, ‘By The Bunches’ parla di crescere in un'identità vagamente borghese, dove i tuoi bisogni sono soddisfatti, anche se sei ancora costantemente in lotta per la stabilità. Gran parte dell'album cerca di concentrarsi sulla conciliazione tra passato, presente e futuro, non solo a livello personale. Quello che cerco di fare è trovare parallelismi tra il mio passato e il presente. Anche ‘By The Bunches’ ritorna al mio Io attuale, dove voglio diventare una musicista, ma non so come posso permettermi il college e l'affitto. Direi che è proprio così che ho conosciuto me stessa, costruendo paralleli tra chi sono e chi sono sempre stata, e cercando di conciliare il tutto in vista del futuro”.
Mentre la Bonzo Dog Doo-Dah Band guida sotto oppiacei e al rallentatore lungo “200 Years… (And What Came of Them)”, Monty chiama in causa alcuni grandi cantautori (Phil Ochs, Nick Drake, Bob Dylan, Victor Jara), prima di piegarsi sotto il peso della disperazione, dato che, dopo duecento anni, “Cosa ne è venuto fuori?/ Abbiamo spezzato le nostre catene, ora siamo di nuovo incatenati/ Ci siamo liberati, poi ci siamo venduti/ Solo per nutrirci, ora è andato tutto a rotoli/ Il vincolo è forte, sì, è più forte del legame dell'unione, che appartiene al nostro passato”. Non c’è, quindi, nulla da festeggiare, perché “l'indipendenza dell'America Centrale è ancora solo un esperimento”.
200 years, what came of them?
we broke our chains, now we're re-chateled
we freed ourselves, then we sold ourselves
just to feed ourselves, now it's gone to hell
the bind is strong, yes, it's stronger than the bond
of the union, which to our own past belongs
Morazán still lives within us
he is not dead, hope is not dead
God is not dead, we are not dead
but above all else, I ask with full intent
how am i supposed to celebrate with laughter and merriment
when the independence of central america is still just an experiment?
Con la partecipazione del fido Rowan Collins alla chitarra elettrica e di una dozzina di altri collaboratori, divisi tra batteria, basso, chitarre, flauto, quena, quenacho, tastiere, violoncello, tromba, sax alto, violino, clarinetto, contrabbasso e xilofono, tra l’ottobre 2022 e l’agosto 2023 Monty si getta a capofitto nella realizzazione dell’Ep Laurels Of The End Of History (6 tracce; 18:51), su cui la Nostra, oltre a cantare, si divide tra un’infinità di strumenti, tra cui organo da teatro, tamburi garifuna, wooden frog, batteria, bongos, conga, fisarmonica, chitarra acustica, ukulele baritono, autoharp, marimba, basso elettrico e fretless, cajón e maracas. Presentato come un "megamix di feste latine", Laurels Of The End Of History è “un feroce atto d'accusa al neoliberismo” che, nell’auspicare la nascita di una nuova utopia latino-futuristica, fa leva su un folk d'avanguardia votato alla creazione di una cacofonia proteiforme.
Ormai avviati verso una particolarissima fusion centro/latinoamericana, i Cime preannunciano un irrobustimento del loro sound sul live Frida And The Filibusters Bid Farewell And Fall Asunder (12 tracce; 34:58), registrato il 18 agosto 2023 al FTG Warehouse di Santa Ana, California, e pubblicato all’inizio del dicembre successivo. “Per noi si trattò”, dirà Monty, “oltre che di una riflessione sul nostro passato, del culmine della nostra crescita (per quanto riguarda il lavoro in studio e dal vivo), nonché un bivio in direzione del nostro futuro. Quel giorno d’agosto, sette persone si riunirono su un piccolo palco per dare il massimo e ognuno dei loro background musicali si fuse per creare un suono viscerale e a suo modo lirico. Dopo un anno passato a trasformare e perfezionare le mie canzoni in modo da poterle suonare al meglio dal vivo, il nostro suono finì per diventare praticamente irriconoscibile rispetto ai nostri album in studio, eppure la direzione sembrò più che naturale; in pratica, quello ci apparve come il modo in cui avremmo sempre dovuto suonare”.
Ecco, dunque sfilare una versione punk-jazz-rock, e con un finale pregno di visioni ayleriane, di “Compay (Independencia)”, una frenetica e rabbiosa “¡Convicción! (Campaña Nacional)”, il funk acido & latin-jazz di “Por Esa Negra” di Guillermo Anderson, mentre “City Upon a Hill” presenta una ritmica sghemba, sprazzi di fiati metafisici e una voce ubriacante, laddove “The Lost Last Man” (originariamente posto in chiusura di Laurels Of The End Of History) diventa un obliquo congegno psych-jazz-rock dai connotati latineggianti e pronto, all’occorrenza, a gettarsi nelle fauci del punk.
Dal vivo, racconta Monty, “la nostra è una guerra di suoni. Siamo anche una band molto provocatoria. Mi piace andare tra la folla, mi piace farmi male sul palco. La nostra filosofia, che nasce spontaneamente dal fatto di suonare, abitualmente, per pubblici pressoché indifferenti, è semplice: se non gli importa, allora il minimo che possiamo fare è rendere difficile ignorarci.”
Dopo una breve pausa di riflessione, i Cime si assestano in una formazione espansa che, oltre alla leader, è costituita da Rowan Collins (chitarra elettrica, basso, synth, voce), Sean Hoss (tastiere, pianoforte, sax soprano e tenore, clarinetto basso, voce), riley. (flauto, flauto basso, sax alto e tenore), Austin Jenkins (chitarra elettrica, batteria), Jonas Phipps (basso, voce), Brian Watson (tromba), Elijah Parra (trombone), il multistrumentista, nonché produttore, Lautaro Akira Martinez-Satoh e la cantante Kaydi Sweet.
Nel luglio di questo 2024, la band è tornata in studio (i Bing Bong di San Clemente, California) per incidere il materiale destinato a finire su The Cime Interdisciplinary Music Ensemble (6 tracce; 56:50), che ha visto la luce lo scorso 2 agosto, accompagnato da una copertina che riprende il dipinto intitolato "L'incendio della locanda" ("La Quema del Meson"; 1896) del pittore costaricense Enrique Echandi e raffigurante la seconda battaglia di Rivas (1856), "il punto di svolta principale della guerra di ostruzionismo, che vide mercenari sostenuti dagli Stati Uniti tentare di conquistare la regione dell'America Centrale per trasformarla in uno stato schiavista" .
Come si può notare dal minutaggio e dal numero delle tracce, siamo ben lontani dai brani relativamente brevi di The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment, segno che la musica di Monty e dei suoi sodali si è ormai rivolta a forme strutturalmente più complesse per dare fondo a tutta la sua forza politica e al suo impatto catartico. Ma il nuovo corso della band è stato segnato anche da alcuni profondi cambiamenti che hanno caratterizzato la vita della sua leader, cui conviene, a questo punto, ridare la parola: “Negli ultimi due anni, ho attraversato una fase di transizione sociale e, al momento in cui scrivo, sono in terapia ormonale sostitutiva da quindici mesi e due giorni. Non sento che la mia espressione personale debba essere nascosta tra le righe o sotto metafore. Durante il tempo che ho trascorso scrivendo e registrando ‘The Cime Interdisciplinary Music Ensemble’, ero una senzatetto, e questo alla fine si è riflettuto sulla musica. Questo disco non doveva essere il seguito del nostro debutto, ma alla fine mi si è presentato alla mente. Avevo anche rotto con la persona che, in un certo senso, era stata la musa ispiratrice del progetto. Non penso sia giusto definirlo un album di rottura, ma so che ho dovuto fare i conti con questa nuova realtà sociale e che mi è toccato dover dimostrare di esserne capace. È interessante notare, però, che questo è stato anche il caso di ‘The Independence Of...’, solo che, all’epoca, invece di rompere con un partner, avevo rotto con la mia vecchia band. Inoltre, avevo imparato molto, anche a livello artistico, dal tempo che avevo trascorso nell’ambito della scena dell’Orange County, per cui sentivo ormai di dover dimostrare che ero capace e che il mio approccio non era fondamentalmente difettoso. Nel frattempo, Cime si è evoluto, passando dall’essere un progetto solista a una band di circa nove persone e per questo nuovo lavoro devo ringraziare soprattutto Rowan Collins, che ha scritto e arrangiato una buona parte del suo materiale, in ciò supportato da riley. e Sean Hoss”.
Proprio Sean Hoss ha così raccontato la nascita di The Cime Interdisciplinary Music Ensemble: “Monty è una senzatetto da un po' di tempo, così all'inizio di quest'anno l'ho fatta stare da me per qualche mese. Ricordo vividamente che è rimasta seduta nel mio armadio per interi giorni senza dormire, registrando demo con la sua chitarra e la mia economica tastiera di plastica. È stato bellissimo vederla sbocciare in un album così ambizioso con una strumentazione enorme. Quest’album è fusion senza sacrifici. Le sue radici latine non sono annacquate da elementi di noise rock, jazz e classica occidentale. Anche l'identità di Monty non è annacquata, le sue esperienze e le sue intense emozioni messe in scena in questo album non si annullano mai.”
La “fusion senza sacrifici” di cui parla Hoss è, fuor di metafora, un ibrido particolarmente intenso di tante cose diverse, che vanno dalla nueva canción latinoamericana all’avant-prog, dal tropicanibalismo al jazz d’avanguardia, dall’emo alla neo-psichedelia, passando per il post-hardcore, lo screamo e la no-wave.
I Cime di The Cime Interdisciplinary Music Ensemble sono una formazione in stato di grazia, che ha digerito buone dosi di avant-prog e jazz-rock, il tutto condito da spezie no-wave, Zolo e Zeuhl: “In un certo senso, credo di essere inciampato nell’avant-prog, mentre Rowan è stato più proattivo al riguardo. Insieme, abbiamo ascoltato molto i Soft Machine prima di lavorare al disco e, nel periodo precedente alle sessioni di registrazione, mi sono finalmente appassionato a John Zorn e ai Naked City. Ma la no-wave è stata sicuramente una fonte di ispirazione diretta per me; sentivo che le connessioni tra la no-wave e le canzoni popolari latine erano tutte da esplorare! Per quanto riguarda lo Zolo, è stato soprattutto Rowan a interessarsene (mi ha fatto appassionare ai Cardiacs, anche se sarebbe sciocco da parte mia affermare di conoscerli bene), e lo stesso si può dire per lo Zeuhl: mentre scriveva i brani del disco, Rowan ha ascoltato molto Magma, Soft Machine, This Heat, James Chance, La Máquina de Hacer Pájaros e altri progetti di Charly Garcia”.
The Cime Interdisciplinary Music Ensemble prende la rincorsa da “A Tranny's Appeal To Heaven”, un latin-jazz progressivo (ispirato alla morte di Nex Benedict) che presenta tracce di blues, bossanova, nueva canción e ballata messicana. La progressione del brano è lenta e inesorabile, e ci conduce fin su un ottovolante impazzito, con tastiere e fiati talmente su di giri da far pensare a un festino carburato con qualche sostanza non esattamente lecita o a una versione kraut-rock della Hampton Grease Band. Nel frattempo, dopo aver invocato Dio (“God save my soul, God give me strength/ Come close to feel within arm's length/ Forgive my father for which I’m unable/ Forgive everyone for which I'm unable”), Monty (la cui voce passa da toni colloquiali a violente esternazioni) confessa di non voler morire e, se proprio ciò dovesse accadere, si augura almeno di avere un bell’aspetto (“I don’t want to die/ But if I do, I hope I look al right/ Should I put my makeup on tonight?/ Just in case I die, just in case I die”).
Il passo saltallente e svagato della prima parte di “The Ballad Of Tim Ballard” lascia spazio a un cadenzatissimo jazz-rock che le Mothers Of Invention avrebbero altamente gradito. Si tratta di uno dei brani più ironici del disco, anche perché tratta di Tim Ballard, il quale, dopo aver fondato un’organizzazione no-profit impegnata contro lo sfruttamento dei minori e la pedofilia, è stato recentemente accusato di molestie sessuali… Ispirata dalle canzoni di Guillermo Anderson (si pensi a "Estos Marineros (Barco Centroamericano)" e "Por Esa Negra"), dalla musica di Bartók, Scriabin e Strauss (“per espandere la tavolozza armonica” di Anderson), nonché dal jazz di Eddie Palmieri e dal progressive rock/fusion degli argentini Serú Girán, “The Ballad Of Tim Ballard” getta luce sul motto tipicamente americano: “Causa il problema, sostieni di averlo risolto”.
Ancorata a un ottuso riff di basso, “DIYUSA” (un brano che riflette le frustrazioni dell’artista di Aliso Viejo rispetto alla scena dell’Orange County) getta un ponte tra post-punk, Zolo e no-wave (soprattutto “il serrato approccio post-minimalista di Glenn Branca e Swans”), lanciandosi in una chiassosa festa percussiva che vede come gran cerimoniere Lautaro Akira Martinez-Satoh, mentre Monty aggredisce il microfono con la sua lingua spagnola, prendendosela, a modo suo, con l’imperialismo, sotto mentite spoglie, degli Stati Uniti d’America. In coda, ecco a voi quello che avrebbero potuto fare i Gang Of Four sotto il sole dell’Africa.
Prima di esplodere in una chiassosa scazzottata jazzcore, “Lempira (Or, The Lencan Crusade)” sembra un brano tipico di una qualsiasi band ossessionata dagli Slint, ma di Slint suonati al doppio della velocità. “Tematicamente”, spiega Monty, “si tratta di un brano molto avventuroso, in cui emerge la questione per cui la reificazione delle minoranze da parte del liberalismo porta inevitabilmente a riduzioni fasciste della storia, e questo perché la violenza e la disumanizzazione di milioni di persone, per mano dei loro governi, è insita nella fondazione e nel mantenimento degli stati nazionali”.
Musicalmente parlando, invece, “Lempira (Or, The Lencan Crusade)” riflette l’analisi delle “somiglianze tra i dialetti musicali del tango e la musica emo/screamo/skramz”, e in particolare, in riferimento a questa triade, il nome che più ha impattato sulla cretività di Monty è stato quello dei lasveghiani Crochet, il cui chitarrista, Zach Tarzi, aveva preso parte alle registrazioni di The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment.
Il capolavoro del disco e il brano più importante dei Cime fino a questo momento è “The North”, che risale all’ultima fase dei Costco Boyfriend, anche se a quell’epoca aveva una veste jangle-pop ed era incentrato “sull'ipocrisia di coloro che si battono per la ‘sostenibilità’ attraverso il veganismo, supportando, al contempo, le industrie che si basano sulla manodopera dei migranti”. “’The North’ e il suo testo sono, in ultima analisi, definiti da una parola che aleggia su tutto il disco: "ricorsivo". ‘The North’ è una canzone tripartita: un'introduzione, un'outro e una sezione principale; tuttavia, la sezione principale (quella con le parole) è, a sua volta, divisa in tre "part" principali. Nella sua forma più elementare, questo brano riguarda le relazioni geopolitiche tra Honduras e America, ma analizzate da tre diverse prospettive (interpersonale, sociale e intrapersonale; o, in alternativa: quella della riflessione, quella dell’invito all'azione e quella, infine, riguardante l’introspezione). C’è, dunque, il migrante, un'entità singola che si staglia sullo sfondo di un fenomeno più ampio di migrazione di massa dal Triangolo del Nord dell'America Centrale; c’è, poi, l'ordine mondiale neoliberista, che vede gli Stati Uniti perpetuare l'instabilità regionale, così da promuovere la migrazione di massa per un vantaggio economico; e poi ci sono io, un'honduregna-americana che è, in ultima analisi, un prodotto di entrambi i punti precedenti, e le cui obiezioni agli Stati Uniti sono interamente, e molto fortemente, moralistiche. ‘Il Nord’, una metafora e una frase spesso usata in America Centrale per riferirsi agli Stati Uniti d'America, è uno spettacolo che colpisce sia il concreto che l'astratto; è letteralmente gli Stati Uniti d'America, ma è anche uno spettro della mente. L'imperialismo culturale degli Stati Uniti imposto all'America Centrale alimenta la migrazione di massa, impiantando il Nord nella coscienza collettiva e rendendo impossibile una forte identità honduregna, perché posiziona la cultura centroamericana a un livello intrinsecamente inferiore e questa mentalità persiste, anche quando non viene insegnata esplicitamente, nei cuori dei figli dei migranti che vivono, come me, nel Nucleo Imperiale. È una canzone che, ironicamente, parla sia della costruzione dell'identità honduregna, sia del Nord, perché l'Honduras, così com'è oggi, non può essere discusso senza il Nord. Il migrante è convinto che non ci sia più niente per lui in Honduras. La cultura gli viene trasmessa, fin dalla nascita, sempre in relazione agli Stati Uniti. Ho vissuto in America Latina, quindi in definitiva la mia esperienza è leggermente diversa, ma mi sento triste per vite che non ho mai conosciuto e morti che ho evitato per un pelo. Non è importante dove ci troviamo: finiamo sempre per sentirci alieni per il semplice fatto di di vivere lì. Nonostante la disconnessione fondamentale, che è alla base del mio essere honduregna e artista, la mia esistenza persiste per dispetto. E mentre molte persone leggono questa come una posizione terribile, definire l'esistenza attraverso la sfida è incredibilmente promettente.”
“Esercizio di performance massimalista abbinato al tipico songwriting in stile Cime”, nonché “documentazione in prima persona della migrazione in mezzo all'indifferenza dell'americano medio”, “The North” fa fermare il cronometro a venticinque minuti e ventisette secondi ed è, come ormai sappiamo, diviso in tre parti. Innanzitutto, “un'introduzione dinamica e rumorosa”, in cui, per circa nove minuti, pianoforte, synth e flauto delineano un paesaggio insieme misterioso e sconfinato, tra radure e conflagrazioni atonali; c'è, quindi, un'“anti-epica densamente orchestrata”, inaugurata dal suono di un clarinetto basso e in cui si fa spazio una tipica narrazione di migrazione a piedi, dovuta alla precarietà economica. Si tratta, spiega Monty, di “un set-up basato su ‘Chago (Santiago)’ di Guillermo Anderson, in cui il protagonista, man mano che si allontana da casa, incontra livelli crescenti di violenza”. In questa seconda parte, la musica viene spinta dalla pulsazione del basso nel campo di un ossessivo funk-punk jazzato, che lascia crescere sullo sfondo l'ombra minacciosa dello Zeuhl dei Magma. Nel suo tragico srotolarsi dinanzi alle nostre orecchie, il testo va progressivamente ricongiungendo la dimensione storica con quella privata - lasciandosi dietro immagini di migranti morti nel tentativo di oltrepassare il confine con gli Stati Uniti (“Shot dead in the water/ May the river lead me home/ The North is where I die/ Wet, cold, and alone”) - e il desiderio di Monty di non essere quella che è, sia da un punto di vista socioculturale-economico (“I wish I hadn't come here either/ And I wish I’d never been born/ I wish I didn't speak English/ And I wish I wasn't homeless”), che sessuale (“I wish I wasn't transgender”).
Nell’ultima parte di “The North”, una chitarra acustica risuona mesta e triste dentro la notte verticale, mentre le cicale fanno risuonare la propria voce.
The Cime Interdisciplinary Music Ensemble si conclude con “Goodnight From La Ceiba”, una registrazione di una Punta tradizionale di Puerto Cortés, che la Ethnic Folkways Library raccolse sul campo nel 1952 dai Garifuna* dell'Honduras. Una scelta solo apparentemente fuori contesto. Ecco quanto ci ha confessato Monty: “Gran parte del disco si concentra sulla fusion, ma penso che le persone prendano la fusion come una sfida retorica: 'Qual è la combinazione di cose più strana che mi viene in mente?'. E poi provano a dare una risposta. È per questo motivo che personalmente non aderisco all'etichetta. Per quanto mi riguarda, la fusion è una struttura; penso ci siano così tante cose in comune in tradizioni musicali apparentemente lontane, si tratta solo di essere in grado di sceglierle in modi che siano ponderati e al servizio di uno scopo musicale più alto. Detto questo, c'è stata una discreta quantità di discussione nella band sullo scopo di ‘Goodnight From La Ceiba’. Alcuni volevano che la trasformassimo in una canzone vera e propria, registrandola ex-novo. Per alcuni motivi, però, il sample era estremamente importante. Innanzitutto, il campionamento è fusion, ma quest'ultima è più di una semplice composizione: essa è contesto. Alcuni volevano integrare il sample nel brano ‘The North’, ma ho avuto la sensazione che, da solo, 'Goodnight From La Ceiba' rappresentasse una dichiarazione potente quanto qualsiasi altra traccia del disco. Lasciarla assorbire in ‘The North’, invece, avrebbe cancellato tutto questo. Penso che la ricontestualizzazione e il campionamento di per sé siano strumenti compositivi estremamente importanti. Il sample di ‘Goodnight From La Ceiba’ è tratto da una registrazione d'archivio degli anni 50 intitolata ‘The Black Caribs Of Honduras’ e gli è stato dato il titolo poco cerimonioso di ‘Punta’, che non è un titolo, ma il nome della danza. Attribuito a un autore ‘unspecified', ho avuto la sensazione che rappresentasse il nadir assoluto dell'approccio accademico alla musica, spersonalizzato e decontestualizzato, ma non in modo interessante, semplicemente spogliato di ogni significato e di ogni emozione che un tempo erano una forza ontologica della musica. Avessimo ri-registrato il brano, tutto questo sentimento sarebbe andato perso. ‘The North’ riguarda la costruzione di significato e identità dalle crepe metaforiche nel cemento; 'Goodnight From La Ceiba' documenta correttamente il processo di germinazione dei semi che ora germogliano in rose spinose e bellissime. Così è incrinato il confine tra fusion e tradizione, tra ciò che è accademico e ciò che è popolare e, come una volta ha osservato Rowan quando sosteneva che avremmo dovuto ri-registrare ‘Goodnight From La Ceiba’, tra il campionamento e il plagio".
Il testo originale di "Goodnight From La Ceiba", in lingua garifuna, è il seguente:
Nuruhumaariheihabuidumeninamafarulubadena
Lamisehuarinugunetiliveuaiuaicameasagare
Naumalulenolabruhabalubauadubiregunielunlasagerone
ArensebabiludoBerona
In italiano:
Siediti, osserva il piacere. Non mi ucciderà.
La miseria raggiunge il cielo, i fiori e gli alberi.
I miei fratelli cadranno e i corvi arriveranno.
Prepara il tuo lutto, Berona [nome di una donna, ndr]
The Cime Interdisciplinary Music Ensemble è l'opera di un'artista e di un ensemble consapevoli della propria forza. A questo punto, non resta che aspettare le loro prossime mosse: “Sono molto orgoglioso di questo disco, ma non è stato realizzato senza la sua giusta dose di dolore. Il successo ha focalizzato la nostra attenzione e ha fatto schizzare alle stelle la nostra motivazione. Per la prima volta, sembra che tutti ne siano entusiasti tanto quanto me. Abbiamo una base filosofica molto solida per il nostro prossimo progetto: ampliare il successo della densa strumentazione di questo disco, scegliendo anche una tavolozza strumentale molto più strana con cui lavorare, basata sul concetto di un'anacronistica orquesta típica o banda musicale latinoamericana di inizio XX secolo, facendo un uso maggiore di sintetizzatori analogici e mixer senza input, sia per scopi tonali che atonali, scrivendo un numero maggiore di canzoni relativamente più brevi, che salgono e scendono ancora tanto quanto in questo disco, mentre fluiscono insieme senza soluzione di continuità… Insomma, dovranno essere canzoni un po' più coese, tentando infine di coniugare i trionfi sincretici della prima sass con le dinamiche emblematiche dell'emo, ma anche con la big band sperimentale e lo spiritual jazz, in modo da creare un nuovo songbook latinoamericano simile all'incredibilmente caustico tropicanibalismo. Per molti versi, il nostro prossimo disco sarà un successore spirituale molto diretto, ma anche un'espansione e un perfezionamento, a livello di linguaggio, di 'The Cime Interdisciplinary Music Ensemble'”.
Nota
* I Garifuna sono un gruppo etnico dislocato soprattutto nelle regioni costiere dell’America centrale: Belize, Honduras, Guatemala e Nicaragua. La loro cultura, si legge sul sito “Latinoamericapop”, affonda le radici nella storia dell’Africa, dei popoli indigeni dell’America centrale e degli influssi culturali europei, creando una ricca tradizione culturale con una lingua, una musica e una danza distintive.
The Independence Of Central America Remains An Unfinished Experiment (Syzygy Records, 2022) | |
Laurels Of The End Of History (Ep, Syzygy Records, 2023) | |
Frida And The Filibusters Bid Farewell And Fall Asunder (live, Syzygy Records, 2023) | |
The Cime Interdisciplinary Music Ensemble (Syzygy Records, 2024) |
Sito ufficiale | |
Blog | |
Bandcamp | |
Syzygy Records |