Autore: Lorenzo Barbagli
Titolo: Guitar And Video Games - Tracce di progressive rock nel post emo 2018-2024
Editore: lulu.com
Pagine: 204
Prezzo: 17 euro (tascabile), 10,43 euro (ebook)Che fine ha fatto l'emo? Dopo la grande esposizione mediatica del termine, a ridosso del 2010, per molti l'etichetta è pressoché sparita dalla circolazione. Non un grave danno, penserà chi la moda legata a quella sorta di pop-punk rabbioso e depresso non l'ha mai potuta soffrire, né ha mai apprezzato il look simil-goth che le si abbinava. Una piccola frangia di sapientoni avrà potuto rallegrarsi di questo tramonto anche perché quel fenomeno lì, quell'emo-pop tutto trucco&parrucco, non sembrava avere molto a che fare col vero emo, quello primigenio, l'emotional hardcore figlio dei Rites Of Spring, degli Embrace, evolutosi poi nel suono dei Fugazi...
Insomma, la scomparsa dagli orizzonti di quello che è stato, a occhio e croce, l'ultimo fenomeno rock ad aver raggiunto ampia notorietà, assunto contorni sottoculturali e perfino una risonanza generazionale - beh, all'appassionato di rock indipendente e alternativo questa sparizione tutto sommato non sembra spiacere granché. Salvo che... In realtà, l'emo non ha affatto smesso di esistere.
Non è solo questione che, un po' come ormai per tutti i generi, anche per l'emo ci sono decine di nuovi revivalisti e formazioni per nostalgici. Proprio l'emo, infatti, ha avuto nell'ultima decina d'anni un'evoluzione che lo rende un'eccezione in ambito rock: mentre altri filoni sono intrappolati nella riproposizione di canoni risalenti a decenni fa, gli artisti emo hanno saputo reinventare a più riprese contorni e tratti caratteristici del genere, allargandone lo spettro stilistico fino a rendere oggi la galassia emo un oggetto multiforme di cui è davvero difficile tracciare mappe o anche solo confini.
Visto il sostanziale disinteresse della critica "generalista" di area indipendente e alternativa, a tentare una categorizzazione delle numerose fasi di sviluppo di questo panorama poliedrico hanno provveduto i fan. Scambiandosi prospettive attraverso forum, social network, blog e piattaforme di streaming, le community online di appassionati dell'emo hanno realizzato cartografie spesso tentacolari e decisamente da adepti (d'altra parte, spesso tra i partecipanti più attivi ci sono proprio artisti del settore). Ma hanno anche fornito chiavi interpretative più immediate, ripartendo gli svariati decenni di storia del genere in molteplici "onde" successive e parzialmente sovrapposte, delle quali quella più recente - la quinta - presenta una varietà talmente ampia da aver meritato un soprannome particolarmente intrigante: post-emo. Un termine che esprime sia l’eredità delle precedenti ondate, sia una consapevole rottura, una proiezione verso nuove possibilità stilistiche e identitarie.
Proprio su questa rete di influenze e trasformazioni si concentra l’indagine di Lorenzo Barbagli, curatore del blog Altprogcore e autore oggi di "Guitar and Video Games - Tracce di progressive rock nel post-emo 2018-2024". Nel suo libro, acquistabile online su lulu.com, Barbagli esplora le connessioni, tutt’altro che scontate, tra il post-emo e l’ethos progressivo. Se il prog tradizionale è giunto a strutture elaborate, virtuosismi strumentali e un’ambizione grandiosa soprattutto attraverso la commistione con generi esterni al campo rock, il post-emo giunge a risultati simili adottando un approccio diverso: invece di guardare all’esterno, molti artisti della quinta onda hanno ricercato ispirazione nei generi affini (math-rock, metal, post-rock di stampo quiet/loud) e soprattutto nei sottogeneri che hanno caratterizzato le precedenti quattro fasi dell’emo.
L'esplosione creativa risultante è in corso proprio in questi anni, e l'abilità di Barbagli sta nel riuscire a tracciare, nel bel mezzo della tempesta, un percorso divulgativo minuzioso. Il suo libro presenta sia i protagonisti principali che le molteplici correnti sotterranee che li collegano, aprendo spiragli per approfondimenti ulteriori che un lettore più intraprendente o appassionato potrà sviluppare.
L'analisi di Barbagli non si limita alla dimensione storica o stilistica del fenomeno, ma si spinge a indagare le dinamiche culturali, sociali e tecnologiche che ne hanno influenzato l'evoluzione. Nel contesto di questa ricerca, il post-emo emerge come un fenomeno che, pur mantenendo l’intimità e la forza espressiva distintive del genere, ne espande la complessità in direzioni inedite. Non cerca una rottura radicale, ma punta a superare i limiti dei modelli consolidati attraverso un arricchimento dei linguaggi sonori. L’attitudine progressiva si traduce in atmosfere mutevoli e trame intricate, dove impulsi musicali diversi si intrecciano per creare un’esperienza sonora articolata e coesa, che guarda al futuro senza tradire le proprie radici. La ricostruzione di Barbagli è lucida e ricca di passione, e fornisce un’interpretazione ricca di spunti per comprendere uno dei fenomeni rock più sfaccettati e innovativi dell’ultimo decennio.
Oltre alle risposte alle domande, pubblichiamo con il permesso dell'autore del libro anche una playlist che raccoglie al suo interno tutte le liste di brani consigliati riportate nei diversi capitoli del libro, suddivisi anno per anno. La speranza è che possano essere un viatico accattivante verso un territorio musicale entusiasmante che, con buona pace di tutte le prospettive apocalittiche sulla "morte del rock" diffusissime fra gli ascoltatori pigri, sta avendo il suo massimo sviluppo proprio in questi anni.
Partirei da una domanda inevitabile. Il tuo libro tratta in modo approfondito la cosiddetta "quinta onda emo". Il lettore non avvezzo alla tassonomia in uso fra i fan del genere si chiederebbe sicuramente: "E quali sarebbero le altre quattro?".
In effetti, io stesso preferisco l’uso del termine più autonomo “post emo”, dà un’immediata contestualizzazione anche a un profano, permettendogli almeno di avere un riferimento per orientarsi e paragonabile ad altri ambiti stilistici dove ormai è consuetudine usare il prefisso “post”. Ad ogni modo, la questione delle varie ondate emo è ormai abbastanza dibattuta e documentata a livello storiografico. Per chi non si cura dei generi questa ulteriore suddivisione potrebbe sembrare una superflua o inutile classificazione. In realtà, è piuttosto funzionale nell’esporre come effettivamente l’emo abbia cambiato forma durante la sua storia che ormai sfiora i quarant'anni e la linea che separa un’onda dall’altra è individuabile facilmente. Questo per dire che non si tratta di un capriccio della stampa musicale, sempre pronta a imporre catalogazioni eccessive o aleatorie. Nel libro ovviamente ne parlo in modo più ampio ma, per essere brevi, ecco qua:
Ovviamente ognuna di queste onde è stata accompagnata da tratti sociali e culturali che non sono da sottovalutare, anche per il fatto che si parla di un fenomeno musicale soprattutto statunitense e che in Europa non ha mai attecchito in pieno.
Di tratti progressivi, nella storia dell'emo, se ne sono incontrati in diversi momenti. Anche volendo tracciare una linea fra formazioni più propriamente post-hardcore (Mars Volta, The Dear Hunter, Coheed And Cambria, The Sound Of Animals Fighting, Brazil... insomma, molte di quelle di cui scrivevi nel tuo precedente "Altprogcore") ed emo fatto e finito: non erano già abbastanza "prog" i Sunny Day Real Estate di "How It Feels To Be Something On" e "The Rising Tide", i Brand New, i Gospel, i My Chemical Romance di "The Black Parade" ecc.? In che cosa consiste la novità nella "progressività" di questa nuova ondata?
Sì, certo, il prog non è una novità in campo emo e post-hardcore (anche se quando si prendono in esame questi due sottogeneri si entra in un ambito di differenze veramente sottili). Comunque, la quinta onda ha saputo affrontare un cambiamento stilistico da una prospettiva totalmente nuova. In questo l’emo ha dato prova, sia in passato che nel presente, di essere uno dei generi artisticamente più stimolanti, poiché ricco di sfumature, mutamenti e sviluppi. La principale differenza è che le band sopracitate, soprattutto quelle di cui parlo su “Altprogcore”, si sono servite di elementi esterni all’emo/post-hardcore, come heavy-metal, psichedelia, fusion, avantgarde, rock barocco ecc. e nella loro proposta li hanno collocati in primo piano al fine di mantenere un linguaggio progressivo grandioso e ambizioso. La quinta onda emo, invece, ha rivolto la sua attenzione principalmente ai tanti sottogeneri che hanno popolato il bagaglio estetico delle precedenti quattro onde (ovvero easycore, chiptune, post-rock, power-pop, math-rock ecc.), si parla quindi di influenze endogene e da qui si è andata a creare una versione massimalista del pop-punk, applicandovi l’attitudine sperimentale e aperta tipica del prog. Il punto di partenza stesso è quasi una contraddizione con i dettami prog: molti artisti della quinta onda sono partiti dall’etica di registrare nelle proprie camere da letto e poi desiderare di realizzare un prodotto finale sonoro in grande scala. È un po’ una sorta di “bedroom prog” dove la sfida è quella di annullare la tassonomia: i gruppi che ne fanno parte non suonano nemmeno come fossero la stessa band da una canzone all'altra, o dalla strofa al ritornello al bridge.
Come e quando nasce nella comunità emo la percezione che fosse in atto "qualcosa di nuovo"? E come reagiscono gli artisti a questa nuova etichettatura? Rivendicano la propria appartenenza alla corrente, o ne prendono le distanze? L'essere accostati al progressive rock è da loro visto tendenzialmente come un orgoglio, un'onta, un'ovvietà o come ancora?
Per rispondere a questa domanda penso che la persona più indicata potrebbe essere Brandon MacDonald, cantante e leader degli Home Is Where. MacDonald è diventato uno strenuo sostenitore e teorico della quinta onda emo, tanto da esserne nominato “ambasciatore non ufficiale” dalla rivista Spin. Quindi credo che riferirsi a lui per orientarsi nel rispondere sia la cosa migliore. La percezione di qualcosa di nuovo nasce tra il 2017 e il 2018 e cioè quando si notano nell’emo cambiamenti nei metodi di produzione (ad esempio, il ricorso alla pratica Diy del bedroom pop), nel sound (che intensifica il ricorso all’elettronica attraverso chiptune, ma anche a una eterogenea pletora di stili come easycore, power-pop, metal, shoegaze, post-rock ecc.) e nel momento in cui questa inclusività musicale si è andata a riflettere socialmente anche nei testi e nell’identità di genere, accogliendo chiunque senza preclusioni o pregiudizi (dato che fino alla quarta onda l’emo era stato appannaggio di maschi bianchi etero). Questa “coscienza collettiva” si è risvegliata principalmente online attraverso siti di nicchia come Reddit e Discord, una parte fondamentale per spiegare il fenomeno sociale e culturale della quinta onda emo. Di riflesso, il fatto di aderire a una comunità più che a un sottogenere, ha rafforzato il senso di appartenenza alla cosiddetta quinta onda ovvero, se in passato quasi tutti gli artisti rigettavano, si vergognavano o disprezzavano l’essere associati all’emo, adesso lo si accetta senza problemi, anzi lo si usa pure volentieri come tag su Bandcamp. Su quanto riguarda l’essere accostati al progressive rock, non credo si abbiano opinioni precise in merito, perché sono artisti molto giovani che provengono da un background musicale totalmente estraneo a quei parametri e dubito che alcuni di loro abbiano persino ascoltato qualche album prog. Come già avevo notato nel mio precedente libro “Altprogcore”, negli Stati Uniti il termine “prog” per le nuove generazioni ha un significato molto più libero e slegato da dettami ben precisi.
Fin dall'introduzione del libro prendi però le distanze da un eventuale inserimento a pieno titolo di questa corrente - o della sua parte più progressiva - nel campo del progressive rock. Timore delle reazioni scomposte dei fan più conservatori (purtroppo tanti, sia fra chi è legato al prog storico che fra coloro che apprezzano l'emo in quanto punk)? O ci sono ragioni, stilistiche e di altro genere, per non riconoscere alle band di cui ti occupi lo stesso status progressivo che quasi subito spettò a band come Dream Theater, Mew o Mars Volta?
Delle reazioni dei sostenitori più intransigenti del prog rock non mi preoccupo, penso di aver chiarito nell’introduzione che non si sta parlando di una continuità stilistica con quel genere (sia passata che contemporanea), ma che se ne intravede la stessa intraprendenza strumentale nella curiosità di accostare generi, di arrangiare con metodologia più ricercata e rendere le strutture più dinamiche e multipartite. Le ragioni sono direi piuttosto di carattere squisitamente formali e stilistiche. In questo caso, ci troviamo in quell’area sospesa dove il prog fa capolino solo in quanto apparato propedeutico all’apertura verso nuove soluzioni per far progredire il genere, che possano passare attraverso sperimentazione o contaminazione. Band come Dream Theater o Mars Volta sono penetrate con più “coerenza” nel prog con brani estesi, virtuosismi strumentali e un senso di ambizione che punta al grandioso. Al contrario, band come Glass Beach e Topiary Creatures è come se rileggessero questi modelli su una scala ridotta, ma non in termini qualitativi, semmai come una condensazione di tante idee che comunque rimangono legate al perimetro dell’emo. Questo per dire che, in ogni caso, l’impronta primaria rimane associata al genere primario di appartenenza, mentre al progressive rock ci si può riferire solo in base alla volontà di spingersi oltre i confini attraverso soluzioni più articolate. Quindi non credo che i fan più conservatori del prog possano essere inclini ad accettare o apprezzare ciò che sta succedendo ora nel post-emo. Da parte mia, posso solo testimoniare che non ho avuto problemi in tal senso e al momento trovo molto più stimolante e fresco l’ascolto dei Topiary Creatures o degli Adjy piuttosto che un qualsiasi album di Dream Theater, Neal Morse o Big Big Train.
Mi piacerebbe a questo punto prendere in esame alcune band chiave nello sviluppo del post-emo. La prima di queste è una formazione cronologicamente antecedente a questa mutazione: i Brave Little Abacus. In che modo - e con che ruolo - sono diventati di culto?
I Brave Little Abacus sono quasi un’anomalia all’interno dell’emo, poiché cronologicamente appartengono alla terza onda ma hanno prefigurato la quarta, eppure sono considerati aderenti alla quinta. Questo per far capire quanto siano stati lungimiranti. Il paradosso è che mentre questa band era in attività (tra il 2007 e il 2012) nessuno si accorse del suo gran potenziale. Diciamo che nei Brave Little Abacus si ritrovano tutti i prodromi di quelle che saranno le caratteristiche salienti della quinta onda. Innanzitutto le dinamiche che li hanno portati a un successo di culto sono legate strettamente al passaparola online all’interno della comunità emo, ma non solo, anche aggregatori di classifiche come RateYourMusic hanno svolto una parte in questa ascesa. Consuetudini che oggi si ritrovano nel modo in cui hanno raggiunto la popolarità artisti come Parannoul e Glass Beach. Musicalmente invece i Brave Little Abacus sono stati allo stesso tempo innovatori e pionieri, dato che si sono affidati coraggiosamente alla bassa fedeltà della registrazione casalinga per poi svilupparci intorno un’idea compositiva ad ampio raggio. Insieme ai classici strumenti di una rock band hanno innestato sample da anime e serie Tv, console Dreamcast, fiati e metallofoni per arricchire e rendere sperimentale il sound math-rock del Midwest emo. La resa sonora è molto peculiare a causa soprattutto della scelta radicale di non usare uno studio di registrazione professionale, ma tutto ciò ha contribuito a rendere affascinante e unica la loro proposta. Oggi i soli due album prodotti dai Brave Little Abacus sono considerati non solo dei classici ma un’influenza fondamentale per l’emo revival e molte delle caratteristiche sonore sperimentate dai Brave Little Abacus si ritrovano nell’etica del post-emo.
Andiamo su un'altra formazione di culto, gli Origami Angel. Un nome che ha saputo attrarre attorno a sé una community assai appassionata e, con il suo stile energico e scanzonato, è diventato quasi un simbolo di quanto la nuova onda si sia emancipata dai toni dimessi tradizionalmente associati al campo emo. Quali punti di forza hanno portato il duo americano a imporsi presso un nuovo pubblico (con 300.000 ascoltatori mensili su Spotify, sono nei primissimi posti fra i più seguiti in questo filone sulla piattaforma)?
Gli Origami Angel hanno saputo intercettare quella natura dell’emo che da sempre è imprescindibilmente legata all’adolescenza e a tutto ciò che ad essa viene associato, in primis la nostalgia per quell’età spensierata. Con questa filosofia sono riusciti subito ad ammaliare quelle comunità di nerd e outcast che si ritrovano online, un seguito talmente fedele e appassionato da ricevere anche il nomignolo di Gami Gang. Per comprendere lo status di culto degli Origami Angel bisogna penetrare nei meccanismi di una comunità fortemente legata a forum e social online, ovvero i luoghi preposti in cui oggi si consuma il passaparola tra gli emo kids. Il tutto avviene alla stessa velocità della connessine e quindi, nel momento in cui un fenomeno parte, fa anche molto in fretta a espandersi. Il duo di Washington, al contrario di come l’emo nella cultura di massa viene associato a sentimenti depressivi, ha affrontato tutto ciò con una sfrenata esaltazione di positività e amicizia. La loro musica è divertente da ascoltare, perché incorpora nella classica formula del pop-punk sprazzi easycore, math-rock e una direzione mai scontata a livello tematico, sviluppata con grande attitudine strumentale, il che si traduce in una gran quantità di idee dentro canzoni relativamente brevi. Tutto ciò ovviamente non basta ad accostarli al prog, ma il loro primo album “Somewhere City” (2019) - un concept ambientato in una città immaginaria di eterna giovinezza, popolata solo di videogiochi e parchi tematici aperti h24 - è diventato un classico istantaneo della quinta onda.
Anche i The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die sono un nome in giro da prima che si iniziasse a parlare di "quinta onda": in che modo gli sviluppi del loro stile hanno portato a esservi ricollegabili? Il primo album, che era stato apprezzato anche in questi lidi non è che avesse molto di prog...
In effetti, non si è mai parlato di prog per i TWIABP nella loro fase Midwest emo revival, al massimo ci sono stati riferimenti al post-rock con il secondo album “Harmlessness”, che proprio per questa intraprendenza cominciava a distaccarsi dai soliti canoni emo. Come ho detto, la quinta onda si è nutrita di tutti quegli elementi stilistici che le onde precedenti avevano aggiunto e per i TWIABP non è stato difficile fare un salto ulteriore in tal senso. È con il quarto album in studio, “Illusory Walls”, che anche la stampa americana ha iniziato a parlare apertamente di loro come prog emo rocker. “Illusory Walls” è uscito nel 2021, un anno importante per la definizione della quinta onda emo, poiché fino ad allora sembrava un qualcosa di sporadico e senza continuità, dato che l’unico caso rilevante ad aver dato un assaggio di questo movimento era rimasto “The First Glass Beach Album” del 2019. Nel 2021 invece, con le uscite di Parannoul, Really From, Adjy e degli stessi TWIABP, viene presa coscienza che l’emo si stia effettivamente evolvendo verso forme più ambiziose e articolate. Nel caso di “Illusory Walls”, oltre a due estese suite finali nelle quali il gruppo amplia la propria idea di post-rock con elementi psichedelici, math-rock e orchestrali, rispetto ai loro album precedenti emergono episodi sperimentali e un’aura elegiaca più epica e metal, il che, se vogliamo, ha facilitato la critica ad accostarli al filone prog. I Leprous inoltre quest’anno li hanno scelti come gruppo spalla per aprire i concerti del loro recente tour estivo in Nord America, qualcosa vorrà pur dire.
Parliamo di label: fra i nomi di riferimento, Triple Crown e Run For Cover hanno attraversato molteplici "onde" dando spazio ad artisti fondamentali come Brand New e The Dear Hunter (su Triple Crown) e mewithoutYou (Run For Cover). Alcuni dei progetti più eclettici della quinta onda sono usciti proprio attraverso queste etichette: Foxing, Crying, Glass Beach, Adjy... Credi sia visibile nella musica di questi artisti una qualche “impronta comune”, che li avvicini fra loro e ad altri della stessa etichetta? E in un’era di registrazioni domestiche e diffusione attraverso social e subreddit, qual è la funzione svolta da "aggregatori estetici" come le etichette indipendenti?
Nella varietà di band che può aggregare una label in questi casi ho sempre trovato qualcosa di comune, magari non evidente a livello stilistico ma sicuramente di attitudine. Voglio dire che, anche se si esce dai confini del prog-rock, quando questo tipo di etichette propone nuove band in campo indie-rock, alternative rock o persino pop-rock, non sono mai attaccate a una formula standard per il genere che le fa apparire uguali a mille altre, ma per fortuna vi si trova sempre un che di insolito, originale o personale. Essendo un grande fan della prima ora dei The Dear Hunter, ho seguito costantemente con interesse le proposte della Triple Crown e grazie a ciò ho potuto scoprire Adjy, Foxing, From Indian Lakes, As Tall As Lions (per chi lamentasse la continua citazione di nomi sconosciuti ai più, ricordo che l’ex-frontman di questi ultimi, Dan Nigro, è diventato un produttore e autore molto richiesto, al momento dietro ai successi di Olivia Rodrigo e Chappell Roan) e vi ho trovato sempre qualche elemento distintivo caratterizzato dalla forte personalità. Una delle etichette più interessanti in questo ambito penso sia la Tooth & Nail, all’interno della quale si possono trovare band con caratteristiche comuni, sempre votate a un post-hardcore molto “progressista” nell’approccio. Quindi sì, esiste un’impronta comune che avvicina gli artisti di un’etichetta e, se ne si apprezza anche solo uno, esplorarne il roster spesso è uno dei metodi migliori per conoscere nuove band. Una delle mie ultime scoperte, ad esempio, i Cheen, è avvenuta proprio esplorando gli artisti della Lonely Ghost Records, label conosciuta da poco grazie agli Hey, ily! che ne sono entrati a far parte con l’ultimo album “Hey, I Loathe You!”.
Per ciò che riguarda la funzione delle label indipendenti, in un mondo come oggi dominato dalla musica fluida e dallo streaming, si potrebbe pensare che abbiano fatto il loro tempo. Invece, casi emblematici come quello dei Glass Beach - che inizialmente hanno pubblicato il primo album in modo del tutto autonomo e autoprodotto riscuotendo poi un forte riscontro grazie al passaparola nel web, optando comunque in seguito di appoggiarsi alla Run For Cover per stamparlo e distribuirlo - fa pensare che ancora una propria funzionalità è riconosciuta a queste etichette. Oltre a questo (distribuzione e promozione), le label possono far percepire una band come parte di una comunità più estesa, dove le affinità sono parte integrante della proposta e per un artista può essere un sigillo di garanzia nei confronti di chi ancora non ne ha sentito parlare.
Il tuo libro ha come titolo "Guitar and video games": una citazione dai Sunny Day Real Estate, ma anche una sintesi dell'ethos che anima quella parte di post-emo di cui hai scelto di occuparti. In che modo i videogiochi, il molto tempo trascorso in casa, la condivisione online anziché agire come freni alle relazioni e alla creatività (spettro da sempre agitato da una parte della società) ne sono diventate volano? E come si riflette, tutto questo, nella musica prodotta dalle band a cui si applica il discorso?
Iniziamo con il premettere che l’emo da sempre è un genere legato all’adolescenza. Nonostante abbia quasi 40 anni, ogni sue evoluzione è riuscita a intercettare, raccontare e connettersi con un pubblico giovanile. La consuetudine di isolarsi e usare Internet per connettersi con una comunità di emarginati, nerd o introversi con gli stessi gusti musicali, letterari e cinematografici era presente anche agli albori del web quando esplose la terza onda. Ma con il post-emo queste abitudini sono diventate parte integrante dell’etica musicale e culturale e la pandemia con il relativo lockdown non ha fatto altro che legittimare un modus operandi che era già in atto. In una platea di nativi digitali gli artisti stessi utilizzano in modo compulsivo social network e videogame portatili come il Game Boy. Il lockdown ha popolarizzato concerti virtuali su Minecraft e il movimento del post-emo è stato quello che ha sfruttato meglio tali possibilità. Gli emo kids della Gen-Z sono stati nutriti dalle soundtrack dei videogame e inevitabilmente ne hanno subito un’influenza che si rispecchia in questo Dna musicale. Nella società di oggi, in cui quasi tutto avviene a distanza, la primaria fonte di informazioni e il modo di comunicare si sono trasferiti online, è ovvio che anche la musica abbia seguito lo stesso schema. La quinta onda emo è stata quella che ne ha colto al meglio l’etica e le potenzialità, trasferendole in un modo nuovo di fare musica ma anche di narrarne il lato positivo nel saldare un valore di amicizia autentico tra spiriti affini, come testimoniano le tematiche dei Glass Beach e degli Origami Angel. Per loro, è un modo per distaccarsi dal caos della vita reale e ritrovare nel virtuale l’autenticità e la nostalgia per l’età adolescenziale. Anche se con gli ultimi loro lavori - guarda caso usciti entrambi quest’anno (“Plastic Death” e “Feeling Not Found”) - iniziano ad affiorare aspetti più adulti e contradittori sui riferimenti alla vita online. Inoltre, la quinta onda ha altri principali esponenti che affrontano in maniera più radicale il lato bedroom pop, intensificato inevitabilmente dal lockdown e riflesso nell’estetica musicale. C’è tutta una costola lo-fi che ha eletto a cifra stilistica il Diy e la registrazione casalinga, tra cui alcuni nomi sono Your Arms Are My Cocoon, Lobsterfight, Hey, ily!, Weatherday.
Per quanto saturo di influenze - dalla chiptune al jazz, passando per metal, ska e bedroom pop - il filone di cui stiamo discutendo è un fenomeno eminentemente rock. Rock e creatività negli anni Venti del ventunesimo secolo! Che cosa impedisce alla musica di questi artisti di raggiungere e convincere le schiere di appassionati orfani delle svariate epoche in cui il rock è stato un motore di innovazione, arciconvinte oggi che gli unici a tenere alta la bandiera del genere, mettere in campo nuove idee, realizzare capolavori possano essere (in un'apparente contraddizione nei termini) proposte revivalistiche e artisti di lungo corso come Radiohead/Smile, Cure, Swans, Nick Cave, Primal Scream... Mi pare che perfino presso gli amanti del progressive rock, per vocazione aperti a contaminazioni e novità, riscuota molta più attenzione un nuovo album dei Porcupine Tree (o, per star più schisci, dei Pineapple Thief) che ciò che stanno combinando i Glass Beach...
Dal mio punto di vista, il classico adagio secondo cui l’epoca migliore e più creativa per la musica sono stati gli anni Settanta può essere ampiamente ridimensionato. Personalmente sono 16 anni che gestisco un blog la cui spinta per inaugurarlo fu proprio aver trovato un filone di musica contemporanea che ritenevo nuova, stimolante e che valesse la pena promuovere, nonostante avessi già un ampio background di ascolti di vario tipo in ambito rock. Con questo voglio dire che, anche se si pensa che ormai ogni ambito musicale abbia esaurito le idee e tutto sia stato già provato, ancora oggi c’è la possibilità di scoprire proposte di una freschezza inaspettata. Per “nuovo” intendo della musica che possa spingersi oltre certi schemi o formule prefissate, quella che quando premi play su Spotify non sai dove può andare a parare. Non si chiede di essere rivoluzionari, ma almeno che suoni fresca alle tue orecchie e che eviti le trappole del revivalismo.
Però capisco anche che magari non tutto possa rientrare nei gusti personali, a maggior ragione il post-emo, che nella sua proposta pone l’accento su tratti stilistici molto peculiari e inconsueti per qualcuno che da una vita è abituato ad ascoltare classic rock (ad esempio), capisco poi il disorientamento e il disinteresse nei confronti di un nome mai sentito, ma sfido il lettore ad ascoltare la playlist qui allegata e a non trovare nulla che gli piaccia. Quando ascoltavo Yes o Pink Floyd, mai avrei creduto di potermi appassionare alla furia selvaggia del post-hardcore, però i Mars Volta hanno operato da grimaldello per entrare in quella sfera.
Riguardo all’ascoltatore di progressive rock, paradossalmente penso che sia altrettanto refrattario e conservatore rispetto alla novità. Trovo che da tempo ci sia un allineamento verso una comfort zone molto indirizzata all’omologazione di un sound sinfonico infuso di metal bilanciato da melodia di cui la InsideOut e la Kscope si sono fatte portavoce, sempre facendo riferimento al discorso delle label prima citato. Non che ci sia nulla di male, ma come sempre si finisce per auto-imporsi dei paletti che limitano una visione più ampia.
Da un lato, rilevo pigrizia e scarsa curiosità nei confronti del nuovo. Cullarsi sulla sicurezza dei soliti nomi storici affermando che il nuovo non ha slanci creativi è una giustificazione figlia della superficialità con cui ci si pone nei confronti della musica. Le novità in campo musicale ci sono, basta cercarle al di fuori di ciò che propone la stampa mainstream… e anche alternativa, vorrei aggiungere, dato che ormai tutto pare allineato, anche nelle classifiche di fine anno che tendono a proporre sempre gli stessi nomi. Dall’altro lato, non so fino a che punto il non apprezzare una band sia del tutto imputabile alle proprie idiosincrasie. La gestione di un blog che per primo ha promosso dei nomi che in seguito sono divenuti più popolari in ambito prog mi ha dato la possibilità di osservare come le persone pongano attenzione a un nuovo artista o band in base all’autorevolezza della fonte che lo consiglia. Ho letto di prog fan che detestano il growl, però in quell’ambito riescono ad ascoltare solo gli Opeth, immagino perché a suo tempo sono stati sponsorizzati da Steven Wilson. Alla fine di tutto, però, la morale resta che c’è bisogno di curiosità e di un’azione attiva da parte dell’ascoltatore, un’apertura che in altri paesi europei è presente ma da noi tende a latitare.
14/12/2024