Senza pretese di completismo, ma neanche quella di rappresentare in toto le classifiche della redazione, abbiamo pensato di farvi ascoltare, con una Top10 a testa, le playlist che meglio rappresentano l'"anno musicale" di ciascuno. Le canzoni che hanno spiccato all'interno di un certo genere, le canzoni simbolo degli artisti rivelazione o delle grandi conferme - o, più semplicemente, le canzoni che hanno significato qualcosa per noi che le abbiamo ascoltate.
Stefano Bartolotta
Quest'anno sono usciti tanti bei dischi e, di conseguenza, tante belle canzoni. Quando un'annata è buona, come questa, non ci sono distinzioni di genere e si finiscono per apprezzare tante cose molto diverse tra loro, che siano uscite italiane o internazionali. Tra sensazioni positive e negative, suoni delicati e potenti, melodie facili e complicate, modernità e retromania, ecco una panoramica ampia e molto varia di questo 2014.
Gabriele Benzing
Piccolo dizionario del 2014
A come Autismo. Mai arrendersi agli ostacoli, parola di Temple Grandin. Andrew Jackson Jihad – Temple Grandin
B come Barcellona. Quel punto sulla mappa con scritto “casa”. A Singer Of Songs – Another Day
C come Carcosa. “La storia è una sola. La più vecchia di tutte. La luce contro le tenebre”. Andrew Bird – Far From Any Road (Be My Hand)
D come Dylan. E se “Street Legal” fosse uscito nel 2014? HissGolden Messenger – Lucia
E come Earworm. Ovvero la canzone che ti striscia nell’orecchio e non se ne va più. George Ezra – Budapest
I come Illusione. Promessa, svolta, prestigio. Il numero di illusionismo dell’anno. Jesse Manley – The Tale
K come Kilt. Cartoline dalla Scozia. King Creosote – Largs
M come Morricone. Spaghetti western in chiave zombie. Timber Timbre – Bring Me Simple Men
O come Oceano. Il vento, le onde e il groove della California. The Long Holidays – San Diego Groove
P come Padre. Lunga vita ai padri come quello di Mark Kozelek. Sun Kil Moon – I Love My Dad
S come Separazione. Quando un “breakup album” diventa la svolta pop. Frontier Ruckus – Bathroom Stall Hypnosis
T come Tempo. “Time shows all fools what they really are”. Justin Townes Earle – Time Shows Fools
V come Vanderslice. John Vanderslice alla consolle, una garanzia. Derek Senn – Whoop De Do
W come Whisky. Quello di segale, il più grezzo e crudo di tutti. The Rye Boys – Misery Keeps
Z come Zolfo. Caro, vecchio, luciferino blues. LukeWinslow-King – Home Blues
Marco Bercella
1. Future Islands – Seasons (Waiting For You)
Bolso oltre il consentito, piuttosto attempato, ma anche incredibilmente soul, Samuel T. Herring è riuscito nell'impresa di capitalizzare al massimo i suoi 15 minuti di celebrità di wahroliana memoria. E' successo un sera di primavera, al Dave Letterman Show, allorché le sue movenze così goffe eppure così verosimili hanno fatto centro. Ma per arrivare a tre milioni di visualizzazioni sul canale Youtube del programma servono soprattutto le canzoni, e allora eccovi il "single" fra i "Singles" per eccellenza: si intitola "Seasons", ed è il classico colpo al cuore, di quelli vibrati col sorriso sulle labbra.
2. Andrea Tich – Una Cometa di Sangue
Ci sono mode e modi: le mode passano, i modi restano. E' questo il segreto che ha permesso ad Andrea Tich di attraversare tre decenni, e di presentarsi oggi a noi ancora intatto, fresco e diretto come solo chi esibisce i suoi sentimenti più sinceri può fare. Questione di modi appunto, e di quel vizio di essere sempre se stessi, a prescindere da tutto il resto.
3. Confusional Quartet – Cometa Rossa
Comete nuove, e comete antiche rimesse a nuovo, tutte rigorosamente di rosso vestite. Ecco come riappaiono nel 2014 i Confusional Quartet, leoni storici della new wave italiana declinata al jazz : marziali come i DAF e ancora tirati a lucido, mentre tallonano da vicino le inseguite scie di Demetrio Stratos.
4. Beck – Blue Moon
Non ho mai amato Beck, e così mi son avvicinato all'ascolto del suo nuovo disco più per il dovere di dire la mia, che non per il piacere di farlo. Poi succede quello che non ti aspetti, e ti ritrovi steso per terra a seguito di un clamoroso knock-out inflittoti da una manciata di ballate d'abbagliante bellezza: davvero troppe per qualsivoglia velleità di restare in piedi. Questa "Blue Moon" poi...
5. The Horrors – I See You
Io ti vedo: tu sei quella canzone che riesce a coniugare new wave e psichedelia senza cadere nei cliché né dell'una, né dell'altra, a suonare così moderna e nostalgica al tempo stesso, ad alzare un gran muro sonoro senza buttarla in caciara e senza rinunciare alla melodia, facendomi trascorrere sette minuti che sembrano tre.
6. Bryan Ferry – Lost
Dalle nebbie di Avalon ai crepuscoli di Avonmore: trent'anni di amori consumati dal tempo, oppure bruciati in un battito di ciglia. Siccome è impossibile parlare con Bryan della sua vita privata, lasciamo che a farlo siano le sue canzoni: ormai sussurrate, eppure sempre così ammalianti.
7. Fanfarlo – A Distance
Ci si può innamorare di una canzone perché esprime la primaverile delicatezza dei China Crisis, e insieme la brezza pop dei Wire di “Kidney Bingos” senza scopiazzare né gli uni, né gli altri?
8. David Crosby – Time I Have
Settantatré anni, un figlio non solo ritrovato ma anche brillante co-autore del suo “Croz”, un fegato (ormai non più) nuovo di zecca, ma un cuore e un talento così grandi da fargli scrivere canzoni come questa, fra le sue più belle da solista dai tempi di “If I Could Only Remember My Name”.
9. La Cassette – Digital Power
C'erano una volta i Fiction Factory, i Wuang Chung, i Real Life, i Rational Youth. Nomi che a molti diranno poco, ma che, negli anni 80, avevano come comune denominatore quello di piazzare una hit assassina per poi scomparire dalle bussole del grosso del pubblico. Ora la hit assassina (degli anni 80) devi andartela giustamente a scovare col lanternino, e il grosso del pubblico non sa nemmeno chi siano i La Cassette. E del resto siamo nel 2014, non nel 1984.
10. Laibach – The Whistleblowers
Mi sono sempre chiesto sei i Laibach ci sono, oppure se ci fanno. Secondo me non hanno molta voglia di scherzare quando mettono in piedi le loro messinscene, ma in questa sede poco importa, perché anche la loro musica, ed è quello che più conta, non scherza affatto. Nemmeno oggi, quando rifà il verso in salsa marziale ai ben più rassicuranti e giocherelloni Pet Shop Boys di “Go West”.
Cosimo Cirillo
1. Jozef Van Wissem And Sqürl - The Taste Of Blood
Il liuto del genio olandese Van Wissem entra finalmente in un film del suo visionario partner musicale Jarmusch. Psichedelia torbida e magnetica, ad alto tasso ematico. Roba da vampiri.
2. Lana Del Rey – Brooklyn Baby
La viziosa ballata per la quale Lana sognava un duetto con Lou Reed. Chitarra-voce, un ritornello che suona disperato come un requiem, per l’ex-Lolita del pop, ormai matura e consapevole.
3. Marissa Nadler – Dead City Emily
Nuove spettrali visioni dalla fuoriclasse del dream-folk dell’ultimo decennio. Vocalizzi riverberati che finiscono inghiottiti nel mixer, tra i pulviscoli di metallo dei Sunn O))) (produce Randall Dunn).
4. Andrea Schroeder - Dead Man's Eyes
L’angelo sopra Berlino. La poetessa e cantautrice tedesca, novella incantatrice da cabaret fumoso d’antan, tra lirismo dark, arpeggi ipnotici, distorsioni elettriche e fremiti di violino.
5. Tom Petty & The Heartbreakers – Red River
Il jingle-jangle delle Rickenbacker torna a scintillare. E dipinge paesaggi desertici su cui si distende uno di quei ritornelli-mozzafiato che Petty sa sfornare con una nonchalance impressionante.
6. Sopor Aeternus & The Ensemble Of Shadows – Beautiful
Bellezza, dolore e morte. L’ineffabile Anna Varney Cantodea pennella un’altra struggente ballata darkwave, facendo della sua voce lo strumento più drammatico, tra archi e rintocchi sinistri.
7. Gold Zebra - Back In The Dust
Synth-pop connection sull'asse Parigi-Montreal, con tappa sulle piste mai troppo usurate della italodisco. Un roboante synth a dettar legge, mentre Julie si strugge in abissi di contrita solitudine.
8. Carla Bozulich - Gonna Stop Killing
Non paga di una carriera ormai stellare, tra Geraldine Fibbers e lavori solisti, Carla l’Evangelista sfodera un’altra prodezza: una processione funebre sinistra e potente, memore della lezione di Nico.
9. Paolo Conte - Argentina
Il ritorno del Maestro astigiano in una storia appassionante, tra migranti sotto la luna e “scarpe frustate” sui viali di Buenos Aires. Tanta nostalgia e tanto di cappello.
10. ROME – A Farewell To Europe
L’epico amarcord rhodesiano firmato da Jerome Reuter. L'epica del vinto, ovvero gli eredi dei coloni europei, in un concept di assoluta bellezza che tocca qui il suo apice emotivo.
Stefano Macchi
Allora gli Adult Jazz richiameranno all'ordine preparando al volt-pop di East India Youth e Sohn, prima di virare nei transazionali Wild Beasts e passare all'analogico profumo di legno e resina con Ben Howard, Conor Oberst e War On Drugs. Gli aborigeni richiami di Hidden Cameras introducono la presto conclusione affidata al cuore di Phil Selway e all'ultimo e assolato saluto dei Twilight Sad: "Bye 2014, you'll never be the same".
1.Jar Moff: On How to Lubricate Capital’s Effect - Ultimo capitolo edestremo compimento della “Financial Trilogy” del compositore, la sua novelty industriale più irretita (ascolta qui)
2. Martjin Comes: Ultrasonic Field - Il momento in cui i silenzi siderali di “Infinite Spaces” diventano divinità di voci ancestrali e droni millenari
3.Pharmakon: Bestial Burden - Tracce più brevi nel secondo “Bestial Burden” di Margaret Chardiet, ma forse anche più intensamente astratte, come prova al meglio la title track
4. Bo Ningen and Savages: Words to the Blind - L’incontro tra i due complessi frutta una traccia di 38 minuti registrata live che riporta a Blind Faith e all’”End Of The Game” di Peter Green
5. A Sunny Day In Glasgow: In Love With Useless - Movenze caraibiche e manipolazioni elettroniche nel gioiello dell’ultimo parto del progetto di Ben Daniels
6.Bernholz: Animals - Il miracolo del primo disco dell’artista di Brighton, costruito tra battito Wyatt-iano e preziosismi elettronici
7.Christian Vialard: AZ - Capolavoro contenuto in “Neukalm”, viaggio di echi cosmici, trip pulsante, sottile danza dalle movenze rituali, un “Autobahn” della recessione (ascolta qui)
8.Perfect Pussy: Driver - La più popolare, finora, tra le fitte punk-noise del combo guidato da Meredith Graves
9.Carla Bozulich: One Hard Man - Uno dei più sinceri conciliaboli alla Nick Cave della Bozulich, impasto cupo di suoni deformi sopra un ritmo opprimente
10. Run The Jewels: Close Your Eyes (And Count To Fuck) L’hit del progetto spartito tra El-P e Killer Mike
Gioele Sforza
Il 2014 è stato un anno di molteplici tendenze; innanzitutto, l’anno del ritorno della house da classifica: molti i pezzi memorabili di questa stagione che mi porterò appresso nei mesi futuri, che si tratti delle folgorazioni eurodance di “My Love” (IL pezzo dell’anno) e “Hideaway”, del dramma cosmico/futuristico di “Walking With Elephants”, o della hip-house di “Down On My Luck”, che porta addirittura alla mente la “Good Life” di Inner City. Ma è stato anche un anno felicemente “classic” per l’indie-rock, dall’heartland americana di War on Drugs e Ryan Adams al pop psichedelico con matrice glam rock dei Temples, passando per le ottime conferme di artigiani del pop come Ariel Pink e Spoon. Ricorderò il 2014 anche per l’estetica sfuggente di FKA Twigs, per il ritorno di D’Angelo, per l’ennesimo gran disco degli Horrors (in un anno altrimenti di magra per la scena brit, Temples esclusi) e per nomi da segnarsi in prospettiva, come Hotelier e Happysad, le mie speranze per il futuro dell’emo. Anno strano, particolare, ricco di grande musica (finalmente anche dal mainstream), eppure indefinibile: forse è per questo motivo che le mie 40 canzoni qui selezionate possono apparire così incoerenti e scollegate tra loro. Per quanto mi riguarda, tale miscuglio senza filo logico è l’unica forma in cui riesco a riconoscere l’anno appena passato.
Marco Sgrignoli
Da tempo mancano nella musica pop artisti capaci di smuovere l'interesse trasversale degli appassionati di più scene e più generi. La situazione ricorda sempre più qualche delta fluviale, zeppo di rivoli che solo raramente tornano a intersecarsi.
In ognuno dei rivoli, tuttavia, i motivi per entusiasmarsi ci sono. Un entusiasmo da appassionati, un po' refrattario alla novità estrema (che tanto all'orizzonte non sembra vedersi) e pronto a cogliere ogni sottile rimescolamento. Ma sono i tempi che corrono, e bisogna imparare a sguazzarci dentro.
Con la mia playlist cerco di risalire il corso dei ruscelletti personalmente seguiti quest'anno. Gli ambiti sono sostanzialmente: il pop un po' arty (Fanfarlo, Zammuto, Alt-J, Dutch Uncles), l'eredità folk britannica (Bellowhead, Arch Garrison, il promettente Cosmo Sheldrake), e il ricco panorama di "quel che resta del prog", rappresentato dalle proposte fra loro assai divergenti di Mermonte, MoeTar, Kayo Dot. Al tutto va aggiunta qualche incursione in territori in apparenza distanti, come l'hip-hop erudito del nostrano Murubutu, la chiptune in odore di electroclash di Dubmood o lo sgargiante power pop videogiocoso degli I Fight Dragons.
Buon ascolto!
Mattia Villa
Un anno di cambiamenti e di scoperte. Una playlist lunghissima con alcune menzioni particolari:
1. Radiator Hospital - Firework (reprise)
La canzone che avrei voluto ascoltare a 20 anni. E che mi fa rimpiangere di non averli ora.
2. Shura - Indecision
Una delle novità dell’anno, da cui mi attendo un grande disco nel 2015. Pezzo irresistibile.
3. Future Islands - Seasons (Waiting On You)
Non è questione di hype. E’ che questo brano è un capolavoro.
4. Yumi Zouma - The Brae
L’indie-pop è vivo e lotta insieme a noi. Cascine non sbaglia quasi mai.
5. Josef Salvat - Open Season
Ok è diventato noto grazie a una cover di Rihanna, ma questo australiano ha una gran classe.
6. Fickle Friends - For You
Una macchina sforna singoli da Brighton.
7. Home Alone - Drive All Night
La canzone da ascoltare se si decide di andare in macchina sulla Luna.
8. The Antlers - Palace
La canzone più bella dal disco più bello e significativo dell’anno (per me, ovviamente).
9. Tobias Jesso Jr. - Hollywood
Dategli un pianoforte e vi scorticherà il cuore.
10. Banks - Drowning
Ogni anno ha la sua regina. Il 2014 è stato l’anno di Banks.
Stefano Ferreri
Diversamente dalla classifica dei migliori album, per le canzoni mi sono ritrovato con un predominio assoluto di voci femminili. Ho pensato quindi di orientare la selezione tutta in tal senso, con buona pace dei King Creosote, dei Gruff Rhys e dei Greg Oblivian. Se nei dieci titoli scelti mancano un pezzo di Elisa Ambrogio e uno della sorprendente cantautrice polacca (berlinese d'adozione) Julia Marcell è solo perché i loro nuovi dischi non si trovano su spotify. Se mancano un pezzo di Fiona Apple, di Joanna Newsom o Josephine Foster è solo perché loro nel 2014 si sono riposate. Che poi, il brano di Marissa Nadler sembra davvero della Foster, via...
1. "Berlin", Hello Saferide
My heart jumped every step we took
My lover wore all white
Berlin, you wore your greenest dress
2. "Archie, Marry Me", Alvvays
So honey take me by the hand
and we can sign some papers
forget the invitations
floral arrangements and bread makers
3. "High & Wild", Angel Olsen
You might as well be blind
You might as well be blind
Cause you don't see me anymore
4. "Red Ropes", Nicole Atkins
I’ll always be a prize fighter
even up against the ropes
5. "Me At The Museum, You In The Wintergarden", Tiny Ruins
So young and so warm
We'll stall, we'll swarm
6. "Was It A Dream", Marissa Nadler
I got a better half
It’s sad, I know you know
7. "Your Love Is Killing Me", Sharon Van Etten
Break my legs so I won't run to you
Steal my soul so I am one with you
8. "Crazy Lady", Vaselines
What was the point?
What were we fighting for?
9. "Your Own Silent Movie", Smoke Fairies
But we could have it all
We could have it all
even if we let the lights go down
10. "Islands", Intergalactic Lovers
We are we are we are
drifters lost at sea
waiting for our ships to come on in
Le classifiche del 2014 di OndaRock |