OndaTop

Un "anti best of" dei Rem

Ecco un "anti-best of" dei Rem. Venti brani mai pubblicati come singoli, scelti dalla discografia ufficiale (niente B-side e cover, che magari tratteremo in un altro OndaTop) estromessi da best e raccolte, e trascurati nei live. Troppo facile - e già visto - celebrare i grandi successi e i capolavori universalmente riconosciuti al centro di documentari, trasmessi puntualmente dalle radio e in vetta a visualizzazioni e streaming su YouTube e Spotify. Concediamo spazio a creazioni non così famose, ma altrettanto belle e intriganti. Passaggi a volte dissonanti, lontani dal “sound madre” definito in maniera impeccabile da Peter Buck: “Minor key, midtempo, enigmatic, semi-folk-rock-balladish things”. Un "anti-best" soggettivo e suggestivo sulla scia di un "anti-concerto" (“Live At The Olympia” e annesso documentario chiamato proprio “This Is Not A Show”) composto da momenti sperimentali, qualche anthem “in the corner” e scorci capaci di offrire un punto di vista diverso. Mentre il tempo scandisce il superamento dei dieci anni dal loro scioglimento, abbiamo trovato l'ennesimo pretesto per scandagliare una delle carriere più ricche di tesori (anche nascosti) nella storia del rock.

20. The Worst Joke Ever

Facile citare le frasi epiche dei grandi classici, provate voi a menzionare “Boy In The Well” come fa Jo Nesbo all'inizio del capitolo 4 de “L'uomo di neve”. Se si discute spesso su quale sia l'unico vero capolavoro del gruppo, forse fan e critica sono molto più veloci e unanimi nello scegliere il passaggio più “trascurabile”. Non userò mai il termine “brutto” riferito a qualcosa fatto dai Rem, ma “Around The Sun”, uscito dopo due album non proprio rock ed energici, risente del lungo periodo di gestazione in studio che non lasciò soddisfatti nemmeno gli autori. Un disco segnato dall'opposizione alla presidenza Bush, sancita dal tour “Vote For Change” con Bruce Springsteen e Pearl Jam (e viene da chiedersi cosa avrebbero fatto i Rem sotto Trump, viste le uscite pubbliche di Stipe sull'argomento). “Around The Sun” è troppo lungo e in alcuni momenti stanco e sfocato. Riascoltati a distanza di tempo, i brani più trascurabili non si riescono a rivalutare, ma in alcuni momenti c'è tutta l'intensità del terzetto, vedi “Final Straw”, con un testo contro la guerra in Iraq, o “The Worst Joke Ever”. Brano criptico (quel 1954 citato nel testo potrebbe essere collegato alla storia americana?), dal suono semplice e acustico e il crescendo pronto a esplodere nel ritornello.

19. Houston

Dopo “Around The Sun” non solo i fan rivolevano qualcosa di più immediato e potente, ma anche gli stessi Rem. Si cambia: via Pat McCarthy, eccellente nel cura e nel confezionamento del suono, meno nel cogliere gli aspetti più vitali della composizione, ed ecco Jacknife Lee. In quella mezz'ora chiamata “Accelerate”, le soste sono poche e significative: “Until The Day Is Done” (le cui genesi è rintracciabile tra le demo di “Monster”) e “Houston”. Quest'ultima, dominata da un synth greve, si apre con “If the storm doesn't kill me, the government will” che tre anni dopo in “Oh My Heart” diventerà “The storm didn't kill me, the government changed”.

18. Every Day Is Yours To Win

All'inizio dei '90's, a chi voleva la nuova “Everybody Hurts” o “Man On The Moon”, la band rispondeva con “What's The Frequency, Kenneth?”. Fatta l'abitudine alle chitarre distorte e al look del Monster Tour, ecco “E-Bow The Letter”. I Rem restano fedeli e coerenti al loro stile e alle loro scelte anticonvenzionali: qual è l'unico album dove si autocitano? Ovviamente l'ultimo, con Stipe in copertina intento a salutare tutti dopo trent'anni di gloriosa carriera. “Collapse Into Now” è un'antologia del suono-Rem: il versante più elettrico e veloce, il lato più acustico, la vomit song “Blue” versione aggiornata di “E-Bow The Letter” (dove infatti torna Patti Smith), e quel jingle-jangle marchio di fabbrica intrecciato per “Every Day Is Yours to Win". Nei testi Stipe gioca sulla tematica dell'addio e parla chiaro e diretto – incredibile! – all'ascoltatore, dandogli del “tu”, lanciando addirittura messaggi ottimistici (“That Someone Is You”). Nella metacanzone a mo' di ninna-ninna “Every Day Is Yours To Win", il cantante richiama alcuni stralci di “Drive” (“And the tick tock clock/ With the rock and the roll”) ed esclama:

Every day is new again
Every day is yours to win
And that's how heroes are made

Qualche idea su chi siano gli eroi?

17. You

Canzone deviata e maniacale. Riff di chitarra desertico, un incedere affossato nelle sabbie mobili, quel salire strascicato e inesorabile verso il ritornello sostenuto dall'indecifrabile suono sul quale i più fini remmofili dibattono. Stipe palesa definitivamente le ossessioni verso l'Altro (spesso il partner di una relazione) che popolano il Mostro:

I love you crazy, just keep on
I love you madly, just keep on
You wipe my lips, you turn me on
My attentions are turned to you

16. Half A World Away

Tra i papabili nomi del disco più venduto dei Rem, c'era “Fiction”. Stipe per la prima volta narratore esplicito (per quanto può essere “esplicito” un impressionista come lui), intento a raccontare le tante facce dell'amore. In “Out Of Time” troviamo i pensieri di un uomo che sta per diventare padre (“Me In Honey”, sorprendente chiusura di scaletta nel live romano del 2005 allo Stadio Olimpico) o il rapporto tra madre e figlio (“Belong"). A dominare però è il “lato oscuro” dell'amore: “Losing My Religion”, “Low” (“I skipped the part about love/ It seems so silly and low”), fino al “tramonto più triste che abbia mai visto” di “Half A World Away”, quintessenza del sound acustico dell'opera. Peter Buck al mandolino, il basso suonato dal batterista Bill Berry e Mike Mills che dal basso si sposta all'organo. Una struggente solitudine alimenta il versante più cupo di un lavoro frettolosamente catalogato come il disco pop sdolcinato dei Rem. Sì, è vero, c'è “Shiny Happy People”, ma ricordiamoci di “Texarcana” e – forse la canzone più bella – “Country Feedback”, mai uscita come singolo ma che tra best e tour ha avuto vendetta.

15. Saturn Return

Uno dei passaggi più stranianti della discografia dei Rem. Prima canzone composta al pianoforte da Buck, un buco nero in un disco solare – fin troppo – come “Reveal”. Un suono alieno e lontano che poco a poco si dissolve al cospetto delle criptiche liriche e della performance vocale da brividi di Stipe. Il cantante la presenterà in solitaria nel 2011 al Tibethouse Annual Benefit Concert al Carnegie Hall di New York.

14. Welcome To The Occupation

Dal 1987 ripeschiamo “Welcome To The Occupation”, proposta insieme all'altrettanto magnifica "Disturbance At The Heron House" nel “Live At The Olympia”. Se “Lifes Rich Peagent” è permeato dall'impegno ambientalista (nonché del “ritorno alla vita” di Stipe, dopo i brutti momenti passati durante “Fables Of The Reconstrucion”), “Document” vede definitivamente apparire il lato politico (“Finest Worksong” su tutte). “Welcome To The Occupation” si muove in un equilibrio magico, dove i dolci quanto avvolgenti suoni della Rickenbacker di Buck accompagnano il cantante verso il meraviglioso picco nel cuore del brano.

13. She Just Wants To Be

Uno dei motivi di questa classifica? Credo che i Rem abbiano spesso scelto di non pubblicare le canzoni più belle come singolo. Soprattutto riguardo quei dischi non proprio definibili capolavori. Passi “Imitation Of Life” passi, come anche la struggente “I'll Take The Rain”, ma perché non pubblicare questo brano in rappresentanza di “Reveal”, insieme a “All The Way To Reno (You're Gonna Be A Star)”? Le sue splendide versioni live (celebri le due tedesche di Wiesbaden e Colonia) ce la restituiscono in tutta la sua grandezza.

12. Shaking Through

Murmur” mantiene ogni molecola di quell'aura enigmatica e affascinante che lo ha reso la pietra angolare – nonché miliare – dell'alternative rock. Merito va alla produzione di Don Dixon e Mitch Easter, con annessi trucchi e suoni nascosti, e a quattro ventenni del Sud che conoscono bene le radici folk, ma sanno come suonare affilati. E soprattutto, sanno giocare sul fascino del mistero, dell'enigma, grazie a quel giovane cantante che a volte non si capisce cosa canti (poiché non lo sa nemmeno lui). Come echi da un mondo lontano ma ancora vivo, appaiono spesso in “Murmur” dei flash frantumanti in puzzle provenienti dall'infanzia, le cui parole indefinite e assemblate solo per il loro suono colpiscono al cuore. Emblematica è “Perfect Cirle”, meno famosa ma altrettanto d'impatto è “Shaking Through”: nel ritornello e in versi come “Could it be that one small voice/ Doesn't count in the room” si percepisce la rievocazione di un bel ricordo del passato, ma chiunque – e questo è il bello – può sentirci tutt'altro.

11. Try Not To Breathe

Una fase aurea segnata dai grigi contorni della morte. Il concept funereo di “Automatic For The People” qui prende la forma di un anziano probabilmente malato (“I need something to breathe”) intento a fare i conti con la vita che finisce. Ma “This decision is mine” delinea la possibilità di una scelta che forse anticiperà il corso degli eventi. Su "R.E.M. Fiction" David Buckley la definisce la canzone più bella del gruppo mai uscita come singolo. Forse su “Automatic” se la batte con “Monty Got A Raw Deal”, ma un brano del genere ci mostra a che livello fossero i quattro di Athens nel 1992.

10. Sad Professor

Con “Up” i Rem fanno i conti con la peggiore delle crisi. Il documentario “Falls To Climb” restituisce l'approccio inedito di composizione, con il terzetto pronto a rimettersi in gioco utilizzando elementi inediti come l'elettronica. Il “cane a tre zampe”, privo delle colonne portanti Bill Berry, Scott Litt e Jefferson Holt, riparte da zero, reinventandosi negli studi di San Francisco. Nell'opera sopracitata possiamo vedere l'esecuzione di “Sad Professor” con Mills alla chitarra acustica e Buck al basso. “Up” ha un pregio: non sembra un disco dei Rem, eppure è un disco che solo i Rem potevano realizzare. La scaletta propone brani in linea con la tradizione, macchiati dalle macchine (“Daysleeper”); scorci inediti (“The Airportman”, “Hope”, “Why Not Smile”), passaggi soft-pop melodici e romantici (da “Suspicion” fino a “Diminished/I'm Not Over You”) e soprattutto una linea oscura, una sequenza di passaggi dove Stipe (che in quel periodo combatteva contro “il blocco dello scrittore”) presenta “The Apologist”, “Walk Unafraid” e un professore triste che fa i conti con l'amore e l'alcolismo. “Sad Professor” è inizialmente “solo” voce e chitarra acustica, e la voce del cantante nel ritornello tocca dei vertici notevoli.

9. Low

“Out Of Time” eccelle nel valorizzare i contrasti. La tracklist si apre con una critica alla radio e subito dopo c'è l'hit per eccellenza (forse già lo sapevano, quando hanno deciso l'ordine dei brani?) e di seguito si piomba in “Low”, proseguendo la celebrazione del “lato oscuro” del disco. Una torva, oscura, ipotetica colonna sonora di un noir southern-gotic. Le corde della chitarra d'acciaio, gli archi straziati e l'organo sinistro, con uno Stipe a dir poco memorabile quando il brano si strappa giunto al culmine. Segue la diametralmente opposta “Near Wild Heaven”, cantata da Mills.

8. Green Grow The Rushes

Sull'eco di un gospel cristiano, in “Green Grow The Rushes” il pulsare granitico del basso di Mike Mills (con echi dei beniamini Pylon) si fonde a meraviglia con i suoni concepiti da Buck: la prima chitarra intreccia i distintivi riff, la seconda sostiene con indomita costanza il dolce refrain. Sul finale, il bassista appare anche in uno dei suoi soliti preziosissimi supporti vocali. Da riascoltarla anche nella versione live dell'ormai storico concerto tedesco del 10 febbraio 1985.

7. Camera

Non manca il pathos in “Reckoning”, il secondo atto del 1984 con in copertina un quadro di Howard Finster. Gli angoli vengono smussati e si accentua il lavoro sulla Rickenbacker di Buck. Dall'altra parte dell'oceano, un altrettanto giovane e talentuoso chitarrista userà il medesimo strumento per accompagnare i testi e le voce di un cantante chiamato Robert Patrick Morrissey. “Reckoning” a tratti è quasi euforico: parliamo pur sempre dei ragazzi che dodici mesi prima avevano piazzato il disco dell'anno secondo Rolling Stone! “Hairborcoat”, “Second Guessing”, “Pretty Persuasion”, le cronache di viaggio di “Little America” convivono con momenti di grande emotività: il verso “I'm sorry” di “So. Centrail Rain”, “Letter Never Sent” e lo struggente “Will she be remembered?” di “Camera”, scritta per Carol Levy, fotografa amica del gruppo. La ragazza morirà prematuramente in un incidente stradale e ogni nota di questa perla, dal morbido momento centrale di chitarra al suono di organo, risente di quel dolore e lo tramuta in bellezza.

6. Falls To Climb

Girava una voce verso la fine degli anni 90: i Rem si sarebbe sciolti il 31 dicembre 1999. Se davvero fosse accaduto, la colonna sonora sarebbe stata la conclusione di “Up”. Un finale ancora più autoritario ed esplicito dell'“I'm not scared/ I'm outta here” posto in coda a "New Adventures in Hi-Fi". Libero da cosa? Con quella marcetta finale posta in coda a “Falls To Climb”, non era folle pensare che Stipe si stesse congedando, dopo aver chiuso una dei passaggi più dolorosi e sentiti di carriera. Il brano è l'anima di “Up”: la chitarra entra dopo e rimane defilata, assieme al lieve manto elettronico, con la voce di Stipe a dominare la scena. Il canto del cigno, catartico e purificatore.

5. The Flowers Of Guatemala

Forse l'assolo più bello di Buck in una dolce ballata dal testo ambientalista, in cui Stipe (“I've took a picture that I'll have to send”) si guarda attorno e aggiorna il diario fotografico. La fotografia è ora la principale attività del cantante, e in questo passaggio del 1986 è finalizzata a un racconto di viaggio aperto poco prima con “Take a picture here/Take a souvenir” in “Cuyahoga”. Ma se nella canzone che deve il titolo al fiume dell'Ohio c'è denuncia e rabbia per la distruzione causata dall'uomo e il trattamento riservato agli indiani d'America, in "The Flowers Of Guatemala" le parole descrivono un'esperienza felice: “People here are friendly and content/ People here are colorful and bright”. Il suo nome è Amanita (come il fungo velenoso) ma il resto è lasciato alla suggestione. L'evocativo “The flowers cover everything” verrà omaggiato – insieme a “Begin The Begin” sempre su “Lifes Rich Pageant” – da Matt Berninger dei The National su “Not In Kansas” presente su “I Am Easy To Find”.

4. Auctioneer (Another Engine)

Siamo nel cuore delle favole del Sud, popolate da comete e vecchi pittori di segnali stradali sparsi per Athens. “Fables” è dove cantano della loro terra e della loro storia, di se stessi, supportati da quel folk-rock macchiato di venature dark stridenti. Nell'introduzione a “Live At The Olympia” di “Auctioneer (Another Engine)", il leader confessa che la canzone parla del nonno materno: un indizio riguardo questa sfinge sonora, venuto a galla decenni dopo, incastrato coerentemente nel puzzle del 1985. “Auctioneer (Another Engine)" è rapida e secca, il ritornello arriva come un bolide che inchioda all'improvviso dopo una corsa a folle e disperata velocità. Qualcosa del brano mi ricorda le impalcature urbane dei racconti di Ligotti, quel senso di "unheimliche" direbbero quelli bravi, mentre Stipe ci ossessiona a colpi di:

Listen to the bargain holler
Listen to the barter holler
Listen to the auctioneer

3. Carnival Of Sorts (Boxcars)

La canzone che più di tutte rappresenta i “primi” Rem. L'originalità, l'ingenua follia e la peculiarità degli esordi. Il suono sinistro di giostra lontana dimenticata nel tempo e negli incubi, il nonsense del testo, un Ep diviso in "Chronic Town" e "Poster Torn" dove dietro il volto del gargoyle è concentrato tutto il Dna della band di Athens. “I vincenti si riconoscono alla partenza”, diceva Noodles in “C'era una volta in America”...

2. World Leader Pretend

La prima ad avere le lyrics stampate all'interno del disco (“Green”, 1988). Una dichiarazione piena di metafore belliche, in cui Michael Stipe, appena sbarcato con i colleghi nel circuito delle major e in procinto di girare il mondo con il “Green World Tour”, fa i conti con l'essere una rockstar. Ruolo che ha sempre vissuto alla sua maniera, con scelte e posizioni controcorrente e lontane dai soliti cliché, alimentando sempre di più la sua aura di culto. Un passaggio epico e solenne, dove ogni nota e parola deve rimanere in eterno. Presentata live nell'immediato, proprio durante il sopracitato tour mondiale, e in qualche sparuta occasione successiva ("Live From Into The Night On BBC Radio 1" del 1991, testimoniato in “R.E.M.” At The BBC”), è come se la band l'avesse voluta custodire gelosamente, fino al 2016, quando una versione live inedita è stata fornita alla campagna anti-Trump organizzata da Dave Eggers e Jordan Kurland in "30 Days, 30 Songs".

1. Leave

Una stella nera caduta dal cielo durante il Monster Tour. Se "World Leader Pretend" è l'incarnazione della canzone classica à-la Rem, “Leave” è una scheggia impazzita e magnifica, capace negli anni di imporsi tra le preferite dei fan. Sette minuti dominati dall'inarrestabile sintetizzatore suonato da Scott Mccaughey, aperti dalla breve e ingannevole intro melodica (dove sembra vi sia lo zampino compositivo, mai valutato abbastanza, di Bill Berry) abbattuto dallo schianto della batteria e dallo slancio chitarristico di Buck, segnato dall'e-bow che darà il titolo al primo singolo del disco del 1996. Apertura spiazzante e avvincente, sublimata dalla voce di Stipe, pronto a descrivere il concept che domina “New Adventures in Hi-Fi”: il viaggio. Su YouTube, un video attesta le prime forme del brano, con la band intenta a suonarlo durante un soundcheck all'Orlando Arena. Stipe è assorto, canta su uno dei posti a sedere, mentre il resto dei musicisti si raggruppano attorno a Berry. I Rem all'apice della fama e del successo registrano uno dei loro dischi più belli, tra una data del tour mondiale e l'altra, nel pieno di una creatività che, oltre a creare grandi classici, sforna passaggi così inclassificabili e affascinanti.

Discografia




Chronic Town(Ep, IRS, 1982)

6

Murmur(IRS, 1983)

8

Reckoning(IRS, 1984)

7

Fables Of The Reconstruction(IRS, 1985)

6,5

Lifes Rich Pageant(IRS, 1986)

7,5

Document(IRS, 1987)

7

Dead Letter Office(antologia, IRS, 1987)

Eponymous(antologia, IRS, 1987)

Green(Warner Bros, 1988)

7

Out Of Time(Warner Bros, 1991)

8

Automatic For The People(Warner Bros, 1992)

9

Monster(Warner Bros, 1994)

7

New Adventures In Hi-Fi(Warner Bros, 1996)

7,5

Up(Warner Bros, 1998)

6

Man On The Moon(original soundtrack, Warner Bros, 1999)

5

Reveal(Warner Bros, 2001)

6,5

In Time: The Best Of R.E.M. 1988-2003(antologia, Warner Bros, 1999)

Around The Sun(Warner Bros, 2004)

4,5

...And I Feel Fine: The Best Of The I.R.S. Years(antologia, EMI, 2006)

R.E.M. Live(doppio cd, live, Warner Bros, 2007)

Accelerate(Warner Bros, 2008)

6,5

Live At The Olympia(doppio cd, live, Warner Bros, 2009)

Collapse Into Now(Warner Bros, 2011)5,5

Part Lies, Part Heart, Part Truth, Part Garbage(antologia, Warner Bros, 2011)

Pietra miliare
Consigliato da OR

Rem su OndaRock