Ci vogliono meno di due minuti perché “Summer Of Soul” agganci anche lo scettico, il cinico e il distratto: è il tempo che serve a uno Stevie Wonder appena diciannovenne per lanciarsi in uno scatenato quanto inatteso drum solo, furente di gioia e rivoluzione. Con questa scelta - l’idea di mostrare un lato nascosto di un’icona della black music pronta a farsi adulta e spiccare il volo - Ahmir Khalib Thompson (aka Questlove, batterista dei Roots) mette subito in chiaro che la sua prima fatica da regista è ben più di un semplice documentario che recupera le memorie di un festival dimenticato. Sì, certo: per le due ore del film si respira un autentico senso di meraviglia e scoperta, alla maniera che gli appassionati di musica avranno imparato a conoscere con “Searching For Sugar Man”; per il cinefilo, invece, sarà automatico associare il salvataggio rocambolesco di materiale audiovisivo alle pellicole abbandonate sul fondo di una piscina ghiacciata alla base di “Dawson City: Frozen Time”, ampia riflessione di Bill Morrison su industria cinematografica delle origini, corsa all’oro e, in ultima istanza, capitalismo. Ma quelle immagini perdute di un artista enorme tracciano un punto interrogativo sul volto di chi osserva: com’è possibile che non se ne sia saputo nulla, per così tanto tempo?
Grazie a un impressionante lavoro in fase di selezione del materiale d’archivio e poi di montaggio, “Summer Of Soul” trasforma i nastri registrati con sole cinque videocamere in un trionfo artistico che riporta in vita l’edizione del 1969 dell’Harlem Cultural Festival, manifestazione organizzata dal cantante di night-club Tony Lawrence con la collaborazione del sindaco repubblicano John Lindsay, che per sei domeniche di quell’estate portò al Mount Morris Park di Harlem oltre 300.000 spettatori. In quelle giornate, ognuna dedicata a un genere musicale differente, uno sterminato pubblico all-black vide alternarsi sul palco artisti del calibro di Nina Simone e Mahalia Jackson, Mavis Staples e Sly Stone, B.B. King e Gladys Knight, Max Roach e Hugh Masekela. Ma quell’evento fu completamente ignorato dai media: alla fine di un decennio di tensioni sociali - “una convergenza di giovani e adulti dell’età dei loro genitori che desideravano condividere reti ed esperienze” (Charles E. Cobb Jr., da “Four Hundred Souls”) - e nell’anno dell’allunaggio e di Woodstock, una celebrazione tanto dirompente della pervasività e della vitalità ineludibile della cultura nera non era qualcosa di cui il whitey on the moon volesse prendere coscienza. Nemmeno definirsi “Black Woodstock” servì all’Harlem Cultural Festival per ottenere un riconoscimento di esistenza: quella rivoluzione non fu mai trasmessa.
Non c’è da sorprendersi che tutto questo sia accaduto a Harlem, centro nevralgico della black culture sin dalla Renaissance degli anni Venti del ‘900 - quando poeti, musicisti, attori, artisti e intellettuali contribuirono a una prima definizione di identità culturale afro-americana - e teatro di riot a sfondo razziale già nel 1935, nel 1943 e nel 1964. E l’Harlem Cultural Festival assume tanto più valore se lo si colloca nel periodo immediatamente successivo agli assassinii di Malcolm X (1965) e Martin Luther King (1968), agli scontri della long hot summer del 1967 e alle conquiste del movimento per i diritti civili (il Voting Rights Act, sempre del 1965), con relativo backlash: “Ciò che i bianchi americani non hanno mai capito davvero”, si legge nel rapporto Kerner commissionato da Lyndon Johnson e pubblicato nel 1968, “è quanto la società bianca sia profondamente implicata in ciò che accade nel ghetto: le istituzioni bianche l’hanno creato e conservato, e la società bianca lo perdona. La nostra nazione si sta muovendo verso due società, una bianca e una nera, separate e diseguali”.
Tutto questo zeitgeist si percepisce distintamente in “Summer Of Soul” e nelle performance infuocate dei musicisti coinvolti, ed è esattamente questo a renderlo magistrale, forse addirittura miliare. La colonna sonora che lo accompagna raccoglie diciassette brani per ottanta minuti di musica altrettanto necessaria e liberatoria, al netto di qualche taglio doloroso (oltre al già citato Wonder, manca almeno una “I Want To Take You Higher” da antologia), di qualche minima inadeguatezza tecnica attribuibile alla povertà dei mezzi dell’epoca e di un lievissimo senso d’incompletezza dovuto alla mancanza di immagini così potenti.
Come il film, la soundtrack svolge con ammirevole limpidezza filologica una matassa di straordinaria black music, seguendo un filo rosso che da un passato fatto di redenzione gospel, blues e soul conduce a un futuro di insurrezioni e speranze jazz e funk: è allora perfettamente congruo che ad aprire le danze, a mo’ di titoli di testa, siano “Uptown” dei Chambers Brothers - call-and-response iper-eccitato che porta dritti nel cuore di Harlem - e la sfavillante Lucille di B.B King, in una “Why I Sing The Blues” dal gran tiro ritmico - “blues is the teacher, funk is the preacher”, per parafrasare James Ulmer.
A seguire, come un uragano, irrompono sul palco i 5th Dimension di Marilyn McCoo e del marito Billy Davis Jr., per un’esecuzione del medley “Aquarius”/“Let The Sunshine In” che quell’anno sta facendo sfracelli: sei settimane in cima alle classifiche per due pezzi tratti dal musical “Hair”, che il pubblico accoglie con un boato. Un soul psichedelico corale, quel singolo, che tracima entusiasmo ed emozione nella performance vocale dell’intero gruppo, per la prima volta chiamato a esibirsi davanti alla propria gente: tutto, nell’esibizione, è fuori misura, come se l’impianto non potesse contenere tutta quella carica, una sorta di rivincita per un gruppo accusato alternativamente di non suonare abbastanza bianco o abbastanza nero - un tipo di critica cui Questlove si può tranquillamente relazionare: “Avevamo aperto per i White Stripes e subito dopo avevamo passato un mese e mezzo in tour con Lauryn Hill. È sempre code-switching. È una cosa estenuante, non poter essere te stesso”.
Ancora passato, ancora tradizione. David Ruffin ripropone nell’entusiasmo generale una hit firmata coi Temptations nel 1964, “My Girl”. All’epoca dell’Harlem Cultural Festival, però, Ruffin è già un ex: per via del carattere bizzoso, la sua band lo ha cacciato per lanciarsi nei marosi di un sound più duro e graffiante, in linea con la situazione socio-politica a cavallo dei due decenni e con il nuovo vocalist Dennis Edwards (“Cloud Nine”, epocale, esce a ottobre 1968). Lo sregolato Ruffin, invece, arranca dietro a un treno che non passerà più: eppure l’aspra sensualità di una voce invidiata perfino da Marvin Gaye lascia interdetti per trasporto e calore. E poi altri classici: “Oh Happy Day”, nell’arrangiamento irresistibile di Edward Hawkins, che fornirà parecchi spunti a certi irregolari dell’alternative bianco (penso a Nick Cave, penso a Jason Pierce); “It’s Been A Change” degli Staple Singers, dalle parti di un passaggio alla Stax che frutterà parecchio successo commerciale e dell’avvio della carriera solista di Mavis (bello fantasticare su cosa avrebbero fatto della linea di chitarra ossessiva di “Pops” Staples due come Martin Rev e Alan Vega); “I Heard It Through The Grapevine”, nella bollente coreografia vocale di Gladys Knight & The Pips, prima versione del brano di Norman Whitfield e Barrett Strong a essere pubblicata come singolo e più grande successo Motown fino ad allora, prima di essere superata dall’interpretazione suadente e notturna dello stesso standard da parte di Gaye.
A metà scaletta, la Storia spezza il sogno, riporta al vero. Jesse Jackson, sul palco, ricorda Martin Luther King a un anno dall’uccisione, introducendo Mahalia Jackson e chiedendole di eseguire il brano più amato dal Reverendo, “Precious Lord, Take My Hand” - Nina Simone l’aveva fatta propria alla Westbury Music Fair, tre giorni dopo la morte di King; Aretha Franklin la eseguirà ai funerali della stessa Jackson, nel 1972. La performance di Mahalia è devastante, qualcosa cui i nove minuti di questa versione audio rendono solo parzialmente giustizia: osservare i suoi lineamenti distorcersi in un urlo rauco che valica i confini del corpo mortale è un’esperienza realmente trasformativa. A un certo punto, Mavis Staples la affianca in un terrificante botta-e-risposta, e quell’istante suona come un passaggio di consegne a una nuova generazione di interpreti e a un nuovo tipo di attivismo.
Dopo una simile tempesta, è naturale che la tensione cali nell’intervallo latino di Mongo Santamaria (con la sua “Watermelon Man”, uno dei primi successi boogaloo) e Ray Barretto (manifesto di melting pot: “The blood of mankind flows in me/ And so in every face, in every face I see/ I see a part of you and you and you and me”); il flautista Herbie Mann regala invece una rilettura pre-Blaxploitation di “Hold On, I’m Comin’”, impreziosita dalle pazze dissonanze chitarristiche del virtuoso Sonny Sharrock - da recuperare almeno i suoi “Guitar” (Enemy, 1986) e “Ask The Ages” (Axiom, 1991).
E così, appropriatamente, l’ultimo quarto della tracklist è quello della festa, della lotta, delle fughe in avanti. Nel 1969, Sly Stone è all’apice della fama e dell’ispirazione: “Stand!” (Epic) è diventato un million seller grazie a singoli come la title track e, soprattutto, “Everyday People”/“Sing A Simple Song”; ancora non si scorgono, da qui, tutti i problemi personali e relazionali che a breve affliggeranno il leader e il gruppo - nel futuro ci sarà spazio per il fosco masterpiece “There’s A Riot Goin’ On” (Epic, 1971), l’ottimo “Fresh” (Epic, 1973) e poco altro. Sul palco di Harlem, la band è un prodigio multigenere, multietnico e multicolore, un’onda d’urto che mette a dura prova l’amplificazione: è in momenti come questo che “Summer Of Soul” dà l’idea di una rivoluzione prossima ventura - fatto emblematico: la NYPD si rifiutò di occuparsi della sicurezza del live dell’imprevedibile Stone, lasciandola nelle mani del Black Panther Party. Ancora più su, sempre più rumoroso, “Summer Of Soul” offre anche un grandioso spaccato di jazz militante nella linea vocale guerrigliera con cui Abbey Lincoln plana su “Africa” di John Coltrane, riletta con veemenza dalla band di Max Roach, pioniere dell’avanguardia black politicizzata sin dai tempi di “We Insist!” (Candid, 1960).
Chiude Nina Simone, e non potrebbe essere altrimenti. Scrive Alan Light nella biografia “What Happened, Miss Simone?” (Il Saggiatore, 2016): “Quando salì sul palco di Mount Morris Park – in un lungo abito giallo stampato con motivi neri, i capelli raccolti in una voluminosa acconciatura afro, enormi orecchini d’argento che le pendevano lungo il collo – rese esplicite le tensioni e le potenzialità di un evento che celebrava la cultura e l’orgoglio dei neri in seguito alle rivolte scoppiate nelle aree urbane durante le estati precedenti”. E in effetti, nei tre minuti di “Backlash Blues” - uno degli originali del capolavoro “Nina Simone Sings The Blues” (Rca, 1967) - c’è già tutto: la tecnica al servizio dell’espressione, nel pianismo nervoso e nel pieno controllo delle sfumature dell’interpretazione; la rabbia, nel sopracciglio inarcato per la concentrazione e nelle liriche scelte per il brano, una delle ultime poesie di Langston Hughes. Costruiti sulla “Poor Man’s Blues” di Bessie Smith, i versi di Hughes azzannano alla gola il razzismo bianco di ritorno, promettendo vendetta.
“Are you ready?”, chiede l’ultimo pezzo in programma, e a quel punto sembra davvero che una rivolta possa avere inizio: le parole stavolta sono di David Nelson dei Last Poets e gli incitamenti di Simone si fanno sempre più minacciosi ed espliciti - “smash white things”, “kill if necessary” - mentre dietro di lei infuriano le sole percussioni: quelle parole non avranno seguito, fuori dal Mount Morris Park, ma resteranno il simbolo del sacro fuoco di un’artista mercuriale, imprendibile - “Non avevamo figure di riferimento. Lorraine Hansberry era morta, Langston Hughes era morto, Eldridge Cleaver era in prigione. Paul Robeson ci aveva lasciati da molto tempo ormai, Stokely Carmichael se n’era andato, Malcolm X era morto, e Martin Luther King era morto. Non ci era rimasto più nessuno”. (ibid.)
La soundtrack di “Summer Of Soul” finisce così, con un picco d’indignazione e frustrazione, ma sarebbe errato ridurre questo viaggio vertiginoso nella black music e il film da cui origina a un affresco, per quanto portentoso, del trauma afro-americano. Nel montaggio delle immagini così come nella compilazione della scaletta, Questlove riesce nell’intento miracoloso di equilibrare gli estremi: da un lato, il dolore scaturito da un’esperienza di oppressione lunga centinaia di anni, che si parli di schiavismo o di un semplice festival capace di mobilitare folle immense - “Summer Of Soul” andrebbe mostrato a chiunque blateri di cancelling senza capire cosa implichi realmente la rimozione di un’intera cultura; dall’altro, la gioia del ballo e del canto, della connessione e della condivisione, del rinnovamento di una tradizione viva e vitale, nonostante tutto. Ma anche questo lo aveva già detto Nina Simone, meglio di chiunque altro: “When you feelin' really low/ Yeah, there's a great truth that you should know/ When you're young, gifted and black/ Your soul's intact”.
15/02/2022
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Tredicesimo appuntamento con lo spazio periodico per analizzare le realtà italiane che normalmente godono di minori attenzioni. In questo numero, tra gli altri: Maieutica, We Are Waves, Christian Alati, Pocket Chestnut
Cinquantasettesimo appuntamento con lo spazio periodico per analizzare le realtà italiane che normalmente godono di minori attenzioni. In questo numero, tra gli altri: Stanley Rubik, Motta, Yellow Traffic Light
Infornata primo-autunnale per i nostrani mensili. Tra i migliori di turno: Stegosauro, Palmer Generator, Irene Buselli
Ventitré brani per una carrellata sulle classifiche del 2021 di OndaRock. Podcast da scaricare o ascoltare in streaming
Quando una voce femminile fa svoltare una band: da Nico alla corte dei Velvet Underground a Patti Smith insieme ai Rem, passando per i tanti featuring rimasti nella storia. Ascolta online
Un'immersione francofona: dall'era yé-yé di Gall e Hardy alla saga Gainsbourg, dalla lezione di Brel e Brassens ai tesori acustici di Stivell e Tiersen, fino ai novelli chansonnier pop. Ascolta online
Una panoramica sul meglio del decennio 90 attraverso le classifiche di OndaRock. Podcast da scaricare o ascoltare in streaming
Ventiquattro brani per una carrellata sulle classifiche del 2022 di OndaRock. Podcast da scaricare o ascoltare in streaming
Beach Boys, Jefferson Airplane, CSN&Y, Eagles, America, Joni Mitchell, Jackson Browne, Steely Dan e tanti altri in un viaggio sulle strade della West Coast. Ascolta online
Ventisei brani per una carrellata sulle classifiche di OndaRock delle migliori colonne sonore originali di sempre. Podcast da scaricare o ascoltare in streaming
Da Laura Nyro a Linda Perhacs, da Maria McKee a Jane Siberry, da Nadine Shah ad Andrea Schroeder: le outsider del cantautorato in rosa. Ascolta online
Dai Cocteau Twins ai Beach House: la storia del dream-pop attraverso le nostre recensioni e 24 brani per sognare a occhi aperti. Ascolta online
Cover dark di brani non dark: 22 riletture d'autore, da Nico a Siouxsie, dai Joy Division ai Sisters Of Mercy, dai Bauhaus a Nick Cave, dai Diaframma ai CSI. Ascolta online
Visto da parte della critica come dozzinale costola del post-rock, il soft/loud è un filone ricco, capace di emozionare una fanbase eterogenea
Il ritorno degli Arcade Fire a un sound orientato al mainstream suggerisce di dare uno sguardo al filone rock più ascoltato (e più bistrattato) del decennio appena trascorso
I pionieri del punk tricolore, tra testi demenziali, provocazioni e sonorità taglienti
Roma raccontata attraverso le voci e i generi più distanti, da Venditti a Gabriella Ferri, dagli Ardecore all'hip-hop di Noyz Narcos, fino al nihilist suicide pop degli Spiritual Front e alle allucinazioni di Bobby Joe Long's Friendship Party
Venti brani che testimoniano il legame tra la popular music e il mondo del pallone
Nata nel 2008, l'etichetta londinese si è imposta negli anni come riferimento in un vasto ambito che guarda al progressive del passato non come fonte di suoni, ma di atmosfere e approcci
Camaleontici, avventurosi, ma inguaribilmente pop. Guardando a Queen, Beatles e Broadway, una compagine di artisti sta ridefinendo i confini dell'indie
Tra prog, wave e stravaganze sintetiche, lo stile che non avete mai conosciuto ed è sempre stato lì sotto al vostro naso
Venticinque tracce per rievocare il mito della lista di culto per gli amanti del rock sperimentale
Londra ma non solo Londra: la rinascita del suono interetnico che avvicina jazz e ritmi ballabili
1981-1991 sono gli anni che per il giornalista Michael Azerrad hanno scolpito e definito "the American Indie Underground"
Da Brel a Bowie, da Reed ai Japan, dai Cure ai Clash, dagli Style Council agli Interpol, passando per una ricca sezione italiana: il rapporto tra musica e città nella nostra nuova playlist
Tra folk, indie-rock, indie-pop e chamber-pop, una playlist di rarità provenienti dal mondo del nuovo cantautorato in lingua inglese
Quasi scomparse dalla circolazione fino a una dozzina di anni fa, le sonorità fusion e smooth jazz sono oggi ubique. Dal metal alla vaporwave al pop di alta classifica, cinquanta brani per scoprire i molti versanti di questo revival nascosto
Suoni sintetici e pomposità a fiumi, in salsa radiofonica. Chi ha stomaco per il genere più fuori moda di tutti i tempi?
Dal prog selvaggio alla psichedelia elettronica, trenta tracce per scoprire storia e diramazioni della cultura che connette figli dei fiori e rave party
In tempi di scenari distopici - tra pandemia, guerra e disastri naturali - una playlist a tema, che cerca di rievocare ed esorcizzare quegli incubi
Dalla Scandinavia all'Indonesia, trenta brani per raccontare la rinascita del sound sinfonico
Una seconda playlist ricca di rarità, singoli e outtake provenienti dal mondo del cantautorato degli ultimi anni
Trenta brani per tracciare le diramazioni del pop/prog/wave più ingegnoso degli ultimi dieci anni
Dai Big Star ai Replacements, fino ad arrivare agli Weezer: la gloriosa epopea del power pop in 50 canzoni irresistibili
Suggestioni lusitane dall'indie al prog, dal folk al trip-hop: 40 brani per un viaggio in Portogallo che si snoda da lidi più confortevoli verso terre via via più avventurose
Accordature e temperamenti non convenzionali sono in questi anni alla frontiera della sperimentazione progressiva, elettronica, metal. 50 tracce per scoprire il panorama.
Quaranta brani per un percorso che connette Stevie Wonder a Thundercat
Quali sono stati i migliori album italiani usciti nel 2022? L'abbiamo chiesto ai nostri lettori e il risultato è stato netto: trionfa Max Fuschetto con "Ritmico non ritmico"
Folk, rock, soul, d'avanguardia: uno sguardo femminile sul ricchissimo scenario autoriale dal profondo Nord, in una selezione a spasso tra i decenni
Venti canzoni per scoprire l'attuale scena scozzese, tra nomi noti, gemme nascoste e talenti emergenti
Ventidue brani per iniziare a conoscere le band più rappresentative della nuova scena post-post-punk
Venti canzoni senza barriere di genere o generazione per raccontare l'esperienza della genitorialità
Prima dell'abbuffata delle classifiche dei migliori album di fine anno, un antipasto con le playlist della redazione sui migliori brani del 2022
La nostra nuova playlist è una raccolta di canzoni invernali di autori vari: da Cohen a De André, dai Cure ai Diaframma e ai Lycia, passando per Kate Bush, Bjork e Marissa Nadler
Sulla scorta del recente successo televisivo, ripercorriamo le molte volte in cui elfi, stregoni e hobbit hanno ispirato la musica pop
Il paginone delle classifiche vi mette in soggezione? Scoprite i dischi dell'anno con le playlist della redazione
Venticinque gemme per scoprire il frutto più raffinato della Summer Of Love
Stavolta chi ha vinto? La destra. Sarà quindi la sinistra musicale a rifarsi viva con il suo classico piglio?
In omaggio alle classifiche, in barba alle graduatorie, una scaletta alternativa di un decennio discusso
Il calo d'interesse che si trasforma in perdita di potere quando non addirittura nella fine dei giochi
L'inventore, il musicista, l'ispiratore e i suoi figli (tanti, tantissimi)
Monarchia sì o no? Il pop e il rock tra strofe di consenso e ritornelli di dissenso
Suggestioni paradossali e danzanti da parte di profili generalmente considerati "artistici"
Venerati e sdegnati da chi troppo spesso dimentica gli occhiali, nel tempo hanno generato un mondo a parte da ricordare
La musica progressiva che genera il rock alternativo: dalla bestemmia alla certezza
Una tradizione anglofona reinterpetata da altre, e piuttosto alte, culture
Gli spettacolari quadri di un sottogenere che ha dato nuova linfa al metallo e catturato anche interessi esterni
Il ritorno di Kelela ridisegna ancora una volta i contorni della canzone che si sposa con i club più avanguardisti
Non si può sempre far finta di nulla, non è possibile rispondere sempre con la facile ironia, serve qualche base
Prog e punk, una storia caratterizzata da poche carezze e tanti insulti. Ma quelle ferite non erano reali...
Serve ancora ai giorni nostri progettare e pubblicare un disco di cover? Il tributo deve essere rispettoso o rivoluzionario?
Il salone che ospita le leggende della musica popolare, per molti un titolo assoluto per altri l'ennesima baracconata a stelle e strisce
L'anno azzurro per antonomasia raccontato da differenti prospettive
La stagione aurea del pop rock e non solo, anche e soprattutto per le spinte costanti verso il futuro
Accordi ruggenti, soli sempre improvvisati, memorie lucide e obiettivi precisi... che commozione che tenerezza
Lo Stivale ha il polso della situazione sul fronte pop-rock e dintorni? Scopriamolo dando uno sguardo ai giudizi esteri
Le coincidenze dell'autunno, uscite tricolori nazionali, tra nomi classici e novità inattese
Carlo Basile, l'amico delle rockstar, il discografico di Bowie e Reed ospite da noi.
Gli ascolti difficili nelle parole di Marco e Davide.
A 30 anni dal disco di debutto degli Stone Roses, Davide e Marco fanno un excursus sulla Manchester degli anni 90. Ascolta la puntata
Cristiano Alberici di Ho Fame e X-Mary ospite live.
Il progressive più oscuro ripercorso con Marco Sgrignoli e Valerio D'Onofrio
Sound & Vision, una storia che si rinnova, tra vecchi ricordi e nuove uscite cinematografiche
Le novità degli over 60
Pictures Of Me, con Paolo Ciro alla scoperta delle nostre prime volte musicali
I primi 40 anni di un disco magistrale
Prima puntata del "Come eravamo" dedicato al 1980
Le novita del pop elettronico targato 2019.
Le commistioni fra letteratura e musica nell'ambizioso viaggio radiofonico di Davide e Marco.
La nuova frontiera della musica nera, con ospite Giuliano Delli Paoli della nostra redazione.
Federico Guglielmi ospite a tutto volume, fra punk e hardcore.
La stagione del dream-pop, iniziata negli anni 80 e mai realmente finita
Ascolta online le novità dell'attuale scena pop italiana
Davide e Marco alle prese con una puntata tutta al femminile, con ospite Cinzia La Fauci dei Maisie.
Le versione più stravagante del pop è la protagonista di questa puntata.
Davide e Marco trattano dei redivivi del rock con il loro ospite Alberto Rezzi.
L'ultma puntata della stagione: l'inquietudine sociale messa in musica
Il Neapolitan Power rivisto da Davide e Marco.
Il ritorno degli Ac/Dc apre le porte al racconto di un genere oggi un po' in affanno
Dalla doppia uscita dei SAULT del 2019 un excursus nei meandri della musica black (e non solo)
Altre storie dal decennio musicale più chiacchierato di sempre
L'improvviso, inatteso cambio di registro: quando un album cambia le carte in tavola su tutti i fronti
Le strade che portano al dancefloor sono infinite e ogni volta diverse
Le ricette di seconda mano ma sempre gustosissime di un astuto cantautore australiano
Le classifiche 2020 targate Ondarock, proprio loro!
Un brusco risveglio, la fine dei giochi che però riprendono a girare, in un gioco di agganci sintetici tra passato e futuro
Nulla si inventa tutto si ricrea, anche il senso estetico di una volta (quando tutto era più bello?)
A Londra la musica è sempre verde, tra colori naturali e artificiosamente creati
Cambiare è anche un po' morire, fino alla prossima resurrezione
Storie e misteri dentro le trame del techno pop dalle parole e dalle note di un protagonista
Equivoci fisico-artistici, pregiudizi che nascono e si diffondono al primo sguardo, che però mente
Il ritorno del rock rumoroso, che non era mai andato via...
Uno sguardo alla filosofia shoegaze, 30 anni dopo "Loveless"
Il dilemma tra sentimento e romanticismo risolto dalla canzone d'autore italiana
Steven Wilson guida la nutrita ciurma dei "traditori" dell'idea di gruppo
Percorsi letterari celebri e meno famosi declinati in musica
A 35 anni dalla pubblicazione di Joshua Tree, piccola sintesi di ugole ruggenti, autorevoli, prepotenti
Sintesi impossibile del decennio caotico per eccellenza
La Scozia raccontata da alcuni dei suoi cantori, famosi o meno
La crisi di un mondo, quello della canzone classica e dei suoi eroi, sembra ormai definitiva
Hit dimenticate che nascondono artisti comunque inconsueti e poco raccontati. Fino a ora
La seconda settimana di agosto ci regala i nuovi singoli di Tom Waits, The Smile, Oasis e Xiu Xiu.
L'epico concerto di quattro corazzate metalliche
La band reggiana fa fronte con classe ai problemi di acustica allo Hamlin Fest
Sbarca a Bologna il talento americano Bill Callahan
Una line-up letteralmente schizofrenica per la terza edizione della tappa berlinese del Lollapalooza
Abbiamo seguito la serata con King Hannah, Thurston Moore Group e Horse Lords
Musica antalgica e finemente composta nel nuovo disco del jazzista inglese
Escursione in solitaria per uno dei due fratelli noti come Lemon Twigs
Il secondo capitolo del progetto urban-dub di Pontiac Streator, Ben Bondy e Shine
Le fatine Casady riaccendono la magia del loro weird-pop a 21 anni da "La Maison De Mon Rêve"
Un colto e originale mix di folk ed elettronica per il geniale musicista tedesco
La nuova deriva drum and bass del veterano dub techno è una piacevole ventata di freschezza
Il progetto elettronico del molisano Nazario Graziano, già chitarrista del gruppo post-rock Il rumore del fiore di carta
Il folk come balsamo che lenisce il dolore nella nuova opera del cantautore americano