Lucia Ronchetti

Biennale Musica a Venezia, si parte!

Per l'imminente edizione della Biennale Musica a Venezia, OndaRock seguirà lo svolgimento del calendario dei concerti, con nomi di punta: da Brian Eno agli Autechre, passando per Kali Malone, John Zorn, Loraine James, Robert Henke e molti altri. Per farci raccontare un'edizione così ricca e variegata, abbiamo deciso di intervistare la direttrice artistica, Lucia Ronchetti, dal background per certi versi distante dall'amalgama sonoro costruito in questa edizione.

Lucia Ronchetti
Lucia, la prima domanda verte inevitabilmente sul suo percorso alla Biennale. Questo sarà il suo terzo anno alla guida di Biennale Musica. Come "arriva" a questo appuntamento?
Sono molto soddisfatta dei risultati dei due festival precedenti, che hanno registrato un folto pubblico, nuovo e appassionato, fatto da professionisti e da ascoltatori interessati di tutte le età, con una importante presenza di organizzatori, artisti e critici internazionali. Sono quindi incoraggiata da questa risposta a proseguire nel lavoro di programmazione tematica di ogni festival, anche se questo comporta un continuo azzeramento delle esperienze organizzative e artistiche: considerate le tematiche estremamente specifiche e la partecipazione di diverse tipologie di artisti, compositori e performer in ogni festival, ogni volta ci troviamo di fronte a una nuova avventura, piena di complessità, di interrogativi e di ipotesi realizzative, da affrontare con estrema cautela e attenzione per creare le condizioni migliori possibili per ogni artista invitato. Sicuramente abbiamo ora un pubblico curioso e pronto a immergersi in eventi sonori nuovi e affascinanti, e immagino che anche quest’anno non rimarrà deluso, data la qualità eccezionale degli artisti coinvolti.

Ci può descrivere il percorso sonoro dei primi due anni di "regia" della Biennale?
Il primo festival, Choruses, nel 2021, ha riguardato la musica vocale a cappella, una tradizione di scrittura per le voci senza accompagnamento strumentale che collega la contemporaneità ai primi esperimenti realizzati a San Marco dai compositori della famosa Scuola Veneziana, allievi di Adrian Willaert, Maestro di Cappella e animatore del più importante laboratorio compositivo che la storia ricordi nel secondo ‘500 all’interno della basilica. Questo cenacolo internazionale di grandi talenti musicali, ha potuto fare ricerca grazie alla stabilità delle istituzioni musicali di San Marco che già dalla fine del XIV secolo aveva istituito i Cantores Sancti Marci, l’attuale Cappella Marciana, il primo coro stabile riconosciuto. Accanto ai lavori rinascimentali veneziani sono stati eseguiti grandi affreschi vocali contemporanei di Christina Kubisch e Valentin Silvestrov con il coro della Cappella Marciana, di David Lang, con il Theatre of Voices, di Georges Aperghis e Luca Francesconi, con i Neue Vocalsolisten Stuttgart e il SWR Vokalensemble Stuttgart.
Lavorando sulla voce senza accompagnamento, la Scuola Veneziana rinascimentale ha integrato le tradizioni più antiche di canto d’insieme che si tramandavano oralmente dall’antichità, sintetizzandole in forma scritta e compiuta, attraverso un continuo lavoro di sperimentazione. Ancora oggi sopravvivono delle forme di musica vocale a cappella molto complesse nell’ambito della tradizione orale, come lo stile vocale Zulu Isicathamiya o il canto a tenore sardo e forme solistiche come lo xöömej della tradizione tuvana, che testimoniano la complessità dell’uso della voce non accompagnata in culture e tempi diversi. A partire da questo legame profondo tra la scrittura virtuosistica per ensemble vocale di oggi e le diverse tradizioni sul trattamento vocale, una serie di vocalist di diverse culture musicali, come Jennifer Walshe, Joy Frempong e Zuli sono stati invitati a presentare la voce sola come possibile strumento espressivo completo e autonomo dell’ideazione compositiva.
Il secondo festival, Out of Stage del 2022, è stato dedicato a tutte le forme di teatro musicale che presentano aspetti sperimentali nella concezione, nell’organico, nell’uso delle nuove tecnologie e nella concettualizzazione del luogo. Anche in questo caso, i primordi dell’opera sperimentale si sono svolti a Venezia e molti lavori commissionati facevano riferimento al mitico Teatro San Cassiano, inaugurato a Venezia nel 1637 e oggi scomparso, e ai grandi compositori che hanno lavorato alle prime produzioni operistiche aperte al pubblico, come Claudio Monteverdi. Nell’ambito delle varie sezioni del festival, il teatro strumentale, la teatralizzazione del rito del concerto, in termini di nuova sperimentazione drammaturgica, ha coinvolto il compositore e performer iraniano Mehdi Jalali, la statunitense attivista nera Yvette Janine Jackson e i classici contemporanei di questa forma, come Giorgio Battistelli, Carola Bauckholt e Georges Aperghis, mentre sul fronte della riflessione oratoriale contemporanea, Helena Tulve, compositrice estone erede del minimalismo mistico di Arvo Pärt, ha creato una sacra rappresentazione per la Basilica di San Marco basata su frammenti medievali ritrovati a Venezia dal grande musicologo scomparso Giulio Cattin, e un gruppo di compositori nativi americani hanno presentato un dramma corale collettivo Native American Inspirations con prime assolute del mohicano Brent Michael Davids, restituendo una grande varietà e complessità di tendenze e ricerche.

Quali sono i paletti che ha deciso di mettere per questa sua terza edizione?
Questo terzo festival, intitolato Micro-Music, è dedicato al suono elettronico e digitale ed è una indagine sulla nuova era dell’ascolto attraverso l’analisi della continua evoluzione dei mezzi di riproduzione del suono e l’accesso sempre più ampio alla miriade di materiali sonori, registrazioni e nuove produzioni digitali disponibili in Rete. Il programma risponde a una visione aperta della produttività musicale contemporanea nell’ambito dell’elettronica, senza preclusioni rispetto ai mezzi e alla provenienza stilistica dei musicisti e senza distinzioni tra musica scritta, elaborata in studio o improvvisata sulla base di media digitali.
La capillarità della diffusione della Rete e l’amplificazione della possibilità di confrontarsi attraverso documenti sonori e performance virtuali con il passato più remoto e di ipotizzare avveniristici futuri compositivi attraverso piccoli studi personali fatti da un laptop e minimi mezzi per captare ed elaborare suoni, ha generato un fronte creativo immenso e molto più democratico e aperto del passato. Come a Venezia tutti camminano attraversando la città alla stessa velocità tra calli e ponti, in modo che non si può distinguere lo stato sociale delle persone in movimento, così le nuove tecnologie legate al suono hanno creato la possibilità per molti creativi emergenti di auto-produrre i loro lavori ed esporli nel teatro caleidoscopico della Rete. Dare un'idea esaustiva di questa nuova realtà non sarebbe possibile, ma attraverso testimonianze, ascolti, letture attente dei materiali recenti, si possono scoprire meravigliosi fiori sonori in apparenti deserti culturali e tentare di creare un programma musicale che sia il meno eurocentrico possibile.

Lei viene da un ambito che non è propriamente quello di certa "elettronica" contemporanea qui proposta. Come ci si avvicina a questo ambito?
Come compositore, da tanti anni mi dedico al teatro musicale e a progetti di opera con commissioni da grandi istituzioni europee, un ambito molto impegnativo che assorbe tempo ed energie e lascia poco spazio per sperimentare altre possibilità. Ma come ascoltatore e come direttore artistico, sono immersa come tutti noi nel mondo della musica riprodotta, registrata con mezzi tecnicamente impressionanti e ascoltata con cuffie sofisticate o con impianti di diffusione futuristici, cattedrali dell’ascolto da cui emerge un suono artificiale di una bellezza inaudita. Per realizzare questa idea di programma, ho dialogato con tanti ascoltatori esperti di elettronica per capire gli orizzonti di questo ambito, caratterizzato da una vitalità creativa che genera la proliferazione continua dei generi e delle definizioni. Ascoltare i grandi festival berlinesi di musica digitale, come il CTM, Transmediale, Atonal e Strom, e condividere le mie impressioni con gli appassionati del genere all’interno dello staff della Biennale, mi ha aiutato molto, perché il fascino e la rivelazione si annidano sempre nei cardini umani in cui diversi mondi si uniscono e comunicano. In un mondo musicale artificialmente settorializzato, è importante incontrare le persone che da sempre osservano la produzione musicale da fronti paralleli, come il direttore artistico del CTM di Berlino, Remco Schuurbiers, il direttore artistico di Sonic Acts di Amsterdam Lucas Van der Velden e il direttore di Ars Electronica, Gerfried Stocker, tre sapienti socratici dell’elettronica che saranno a Venezia per presentare alcuni progetti e proporre le loro visioni sulla creazione musicale attuale.

Leggiamo nomi molto contemporanei nel cartellone, da Kali Malone agli Autechre, passando per Henke. Cosa ha fatto sì che li chiamasse?
Questi nomi emergono per la qualità compositiva, l’originalità e l’attualità dei loro lavori. Non importa se non scrivono delle partiture, la loro musica è il risultato di una pratica costante e monastica, una ricerca performativa complessa e virtuosa che li porta a dominare strumenti, sorgenti sonore e la creazione dello spazio sonoro, comunicando perizia infinita nella loro ricerca compositiva con lo stesso senso di emergenza e necessità di alcuni dei grandi compositori dell’ambiente più “ufficiale” della ricerca elettronica anche presenti nel festival, come Brigitta Muntendorf, Francesca Verunelli e Johanna Bailie, e penso che assistere alle loro performance sia un grande privilegio.

Il nome che più di tutti salta agli occhi è quello di Brian Eno, all'interno del suo primo tour di sempre, peraltro alla Fenice. Come avete fatto a convincerlo?
Ho l’impressione che nessuno possa convincere Brian Eno a fare qualcosa e che quello che fa sia sempre una sua scelta, imperscrutabile, forse basata anche sulla sorpresa e sulla curiosità. Immagino che sia rimasto positivamente sorpreso dalla richiesta proveniente da un mondo antico, rituale e fondante come quello della Biennale di Venezia, un mondo che contrasta con l’estrema acrobaticità e con l’allegria contaminante della sua ricerca musicale e compositiva. Il luogo deputato per il progetto di Brian Eno, il Teatro La Fenice, con le sue spettacolari morti e le sue impressionanti resurrezioni, la sua straordinaria bellezza e la posizione dentro la città, è un faro della cultura musicale che continua a segnare la storia attraverso la direzione intelligente e sofisticata di Fortunato Ortombina, e per me è la destinazione ideale delle inaugurazioni della Biennale Musica per accogliere e celebrare i Leoni d’oro della Musica, quindi anche Brian Eno, dopo Kaija Saariaho e Giorgio Battistelli.
Per il manager di Brian Eno, Ray Hearn, il problema della Fenice era la ridotta capienza e hanno subito proposto due concerti, con mio grande spavento, ma alla prima messa online dei biglietti, tutto si è esaurito in pochi minuti e ho capito le loro motivazioni. Ora, pensando all’imminente futuro, spero che un dialogo positivo, una inedita sinergia possa instaurarsi tra questa architettura dell’ascolto iper-storicizzato e il creatore dell’idea che i repertori infiniti di musica registrata di tutti i tempi e di tutti i generi creino una palette compositiva inedita ed esplosiva, un ponte tra il passato acustico e la digitalizzazione del passato che deve potersi realizzare nei pochi giorni in cui Brian Eno, con Melanie Pappenheim, Peter Serafinowicz, Leo Abrahams, Peter Chilvers e la Baltic Sea Philharmonic diretta da Kristjan Järvi, saranno nella Fenice, ed è una grande scommessa che crea una bellissima sensazione di suspence.

Quale è il concerto dal quale si aspetta di più?
Da molti degli eventi in programma mi aspetto risultati sorprendenti, ma credo che più di ogni altro il concerto finale del 29 ottobre, affidato a Nicolas Becker e Robert Aiki Aubrey Lowe, regalerà al pubblico una performance che potrebbe divenire leggendaria. I due riconosciuti sound designer, creatori di sonorizzazioni di produzioni cinematografiche di successo planetario, come Sound of metal (Nicolas Becker ) o Candyman (Robert Aiki Aubrey Lowe), nel loro lavoro di ricerca e invenzione della sonorizzazione, hanno creato un nuovo genere e si presentano dal vivo per la prima volta insieme: un dialogo musicale live tra il sofisticato e riflessivo artista francese e la personalità calamitante del sound artist, compositore e artista visivo nero americano, per un concerto di elettronica senza confini e senza etichette, con il pubblico in piedi, libero di avvicinarli e di influire sul loro pathos improvvisativo. Credo che sarà una bellissima e significativa conclusione del festival.

Il 2024 sarà il suo ultimo anno alla guida di Biennale Musica, può darci già qualche anticipazione?
Il festival 2024, Absolute Music, riguarderà la musica come linguaggio non verbalizzato, come linguaggio autoreferenziale e assoluto. Il programma presenterà grandi lavori di musica scritta, come il tentativo più raffinato di trascrivere flussi acustici di suoni in un codice simbolico ipercomplesso, ma anche la musica non scritta, musica speculativa improvvisata. Il festival mostrerà lo stato dell'arte di questa disciplina alchemica e impressionante, il laboratorio dei compositori e degli esecutori più rigorosi e inventivi, che producono partiture, programmi, codici ed esecuzioni dal vivo di musiche senza alcun riferimento extra-musicale. Il festival sarà una grande forma di “Ricercare” che, oltre a concerti di diversa natura, presenterà incontri, tavole rotonde e lezioni di musica per indagare i diversi misteri, quesiti e ipotesi della musica come linguaggio assoluto. La musica pura, sogno del romanticismo e miraggio di tutti i musicisti della storia, troverà i suoi spazi nella Venezia storica e contemporanea, coinvolgendo - spero - il grande pubblico di questi anni, in modo da consegnare al successivo direttore artistico, o alla successiva direttrice artistica, un festival vitale e importante.



Discografia

Pietra miliare
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