House per introspezioni notturne

Dieci Ep deep-house fuori dai riflettori

L'immaginario della deep-house è riconducibile a pochi, evocativi elementi: viaggi solitari in metropolitana, orizzonti urbani dopo il tramonto e, soprattutto, una sala immersa nel buio, avvolta dai vapori delle proprie esplorazioni interiori. Il genere incarna l'emotività del dancefloor, un raccordo astratto che si regge tanto sulla drum machine quanto sui pad (accordi dal piglio ambientale) ma è anche una fusione di matrici jazz, soul e funk. Non è un caso che tra i caldi abbracci della strumentazione analog sia possibile intravedere un'origine squisitamente black, un'eredità che emerge anche dall'utilizzo frequente di campionamenti vocali che ricordano le più grandi voci afroamericane, siano esse cantate o estratte da speeches. Si tratta di un'alchimia delicata, un santuario che trova i suoi discepoli in pochi elementi: il beat essenziale, la bassline scarna e le tessiture dilatate. Questi sodalizi trovano forma negli Ep più che altrove; in fondo è risaputo che la dance music si esprima al meglio attraverso il formato ridotto. Si tratta di un dettame libero, pensato per il dj: l'album ha i suoi vincoli da tracklist, uno storytelling interno che l'Ep ha poche intenzioni di rispettare, preferendo raccontare una storia nel respiro del dj-set.

I dieci Ep selezionati, qui in ordine alfabetico, non vogliono delineare un percorso puramente storico: per quello ci saranno altre occasioni, ma vale comunque la pena spendere qualche parola in merito. Si tratta di un genere nato dalle ceneri della Chicago house, e che vede in Marshall Jefferson e Mr. Fingers (alias di Larry Heard) i suoi pionieri, in Moodymann e Louie Vega i suoi alfieri, e in "Midtown 120 Blues" di Dj Sprinkles una delle sue preziose perle: fin qui tutto chiaro. Questa lista, però, non vuole essere una semplice introduzione (o forse un po' sì?), ma un invito a immergersi in profondità, raccogliendo dischi che non si concedono immediatamente a chi muove i primi passi. Il criterio selettivo non è quello della critica o del giornalismo musicale. La lente utilizzata è quella dei classici amati soprattutto da dj, selector e spiriti danzanti di ogni sorta, attraverso il formato più utilizzato nelle piste da ballo. È un percorso pensato per chi desidera andare oltre i soliti nomi: indiscutibili, certo, ma che, almeno stavolta, possono lasciare spazio a voci meno osannate, anche se solo in parte. Dopotutto, forse è proprio esplorandone il substrato che si può cogliere appieno la poetica della deep-house.

Callisto - Need Ur Love - 1997

9895183_01Callisto è, insieme a DKMA, uno dei due pseudonimi adottati da Dana Kelley, prolifico artista scomparso prematuramente nel 2013. Pilastro di Guidance Recordings, la sua visione oscilla tra abissi di sub-frequenze e una gioiosa declinazione deep-garage, dove il sostrato afroamericano si manifesta nel vigore bionico dei sample vocali e nell'esuberanza delle improvvisazioni dell'organo Fender Rhodes. "Need Ur Love" è un inno alla vita, con il garage sincopato dello "Stalactite Mix" che scolpisce un classico senza tempo, o il broken-beat di "The Groove", un flusso avvolgente di synth-flutes che, pur mantenendo una pulsazione continua, si colloca in bilico tra la fusion e la dance music. Quella di Callisto è sì una raccolta di tool da club, ma anche un perfetto bilanciamento tra groove e sensibilità melodica, dove lunghi assoli intrecciano il proprio linguaggio a un costante 4/4.

Da Kine - Mellow Tip - 2002

r820815700023017489_600Driftwood è stata un'etichetta cruciale nei primi anni Zero: con una manciata di Ep ha ridefinito il futuro della deep-house e non solo. Il suo approccio pionieristico fonde l'intimismo della deep con la spazialità della dub-techno, in un beat programming più serrato rispetto alla tradizione e vicino alle pulsazioni della tech-house. Il risultato è di una raffinatezza magnetica e, nel caso di "Mellow Tip", un compendio di tre tracce che trasudano emozione e leggiadria. "Downstream" segna un'evoluzione rispetto ai canoni black, trasfigurando il lirismo afro in un miraggio cosmico; è come se fosse ambient-techno, ma sotto i canoni dell'house music. Texture lunari incontrano atmosfere terse e piovose, in un mood che sprigiona romanticismo da allucinazioni sintetiche. Gli immancabili assoli di synth-organ si dissolvono in echi soffusi, riverberati in un'atmosfera di estasi mistica e ipnosi sensoriale.

DaRand Land - Calming Effect - 2001

7476724_600DaRand Land incarna come pochi l'essenza più pura della deep-house: un suono notturno, urbano e contemplativo. È musica per il dancefloor, ma dal respiro profondamente introspettivo, un viaggio interiore sorretto da pad di chiara matrice black che si stagliano sulle ombre di un drum programming essenziale e bassline che, come in un mantra ipnotico, si ripetono con ossessiva eleganza. La resa è spoglia, i suoni ridotti all'osso, eppure capaci di avvolgere l'ascoltatore come un abbraccio silenzioso in una sala illuminata da deboli riflessi. I ritmi sincopati si manifestano nella loro nudità, senza stratificazioni e senza orpelli: la drum machine suona pura, senza ricalchi né artifici, in una retorica del suono essenziale e al tempo stesso vibrante di energia ("Blind Sided"). È una musica radicata nelle medio-basse frequenze, ma che, grazie alla sua purezza espressiva, brilla con una limpidezza cristallina.

Fred P. - Finale Revisited Vol. 1 - 2012

7976787_600Fred P. è tra gli artisti che meglio hanno saputo traslare la poetica urbana nella solitudine metropolitana, autore di alcuni dei capisaldi della nuova scuola deep-house, tra cui l'album "The Incredible Adventures Of Captain P", che nel 2010 ha ridefinito i confini del genere. L'Ep si compone di due lunghe tracce: sul lato A, "Emotive Vibrations" si snoda in una jam ipnotica di dodici minuti, tra flebili variazioni nei pad e un tema jazz reiterato come un rituale. "Dawn", sul lato B, si estende per quattordici minuti lungo un arpeggio di bassline ripetuto fino allo straniamento, intrecciato a intime tessiture sintetiche su archi digitali. Il pathos si trasforma in arte ipnotica, l'estetica bebop si riduce a un espediente meccanico per raggiungere la pace interiore. È come se "Kind Of Blue" fosse stato spogliato fino all'osso, reso minimalista fino a diventare pura geometria ritmica, e il risultato è uno degli esperimenti più intensi dell'intero genere.

Fresh And Low - Little 'I' - 1997

6301517Molta della club music più iconica è strutturata in modo da dare l'impressione che nulla accada. Gli accordi si ripetono invariati, la drum machine procede immutabile. E allora dove si cela la bellezza? Nelle micro-variazioni, nei suoni che affiorano appena per poi dissolversi, nei campionamenti vocali soul che si trasformano in litanie rituali, nello spazio sonoro che trova la sua profondità nel vuoto tra un transiente e l'altro ("New Life"). Questa formula, apparentemente elementare, si rivela un emblema di eleganza e vertigine sensoriale. È il 1997 quando la West Side Records pubblica un Ep destinato a trovare posto tanto nelle librerie dei dj quanto degli ascoltatori. "Little 'I'" diventa una delle release più iconiche del genere: voci sospese galleggiano su tappeti impalpabili, cullando l'ascoltatore in un limbo surreale ("Seven Miles Up"). Imbevuto di sfumature dub-techno, l'Ep, a quasi trent'anni dalla sua uscita, conserva ancora oggi una freschezza pressoché inalterata.

Optik - Music Harmony And Rhythm - 1991

9716419Nei primi anni Novanta, sulla Riviera Romagnola, è emersa una corrente house dai toni sognanti ed eterei, talmente distintiva da guadagnarsi il nome di Italian dream house. Erano artisti e visionari capaci di plasmare atmosfere contemplative e immerse in una luce liquida. Questo esperimento si consumò rapidamente, restando confinato nell'underground fino alla sua riscoperta grazie alle compilation "Welcome To Paradise: Italian Dream House", pubblicate da Safe Trip alla fine degli anni Dieci, che hanno riportato in superficie un'intera generazione di sognatori. Optik, e in particolare "Illusion", sono il manifesto perfetto di questa utopia sonora, la trasposizione su dancefloor di un innamoramento. Ascoltare "Illusion" è perdersi in un bacio, nel calore degli affetti, nella dolcezza di un abbraccio sospeso nel tempo. È l'esaltazione di tutto ciò che di luminoso e avvolgente la club culture può offrire.

Needs - So Many Things - 2000

r10077814543314027688_600I Needs sono stati un trio attivo nei primi anni Zero, capace di fondere un drum programming bionico e di matrice tech con reminiscenze future-jazz, in una miscela di ritmi e bassline profondamente intrise di funk e gospel. Attivi anche in altri progetti iconici del periodo, come Boobjazz e Passion Dance Orchestra, hanno concepito una club music non solo per la danza raffinata, ma anche per un ascolto attento, tra lunghi fraseggi fusion ("Karimi Jazz Version") e una solida anima boogie ("Original Pass"). Con una manciata di Ep, i Needs hanno saputo innestare soltanto colpi vincenti, esplorando le introspezioni tipiche del genere attraverso la lente della visionarietà tech-house ("(So Many) Dreams"). I loro sono loop, ma in perpetuo mutamento, blocchi di cemento al cui interno prendono vita microcosmi sonori, sospesi in una tessitura cristallina, scolpita per i migliori soundsystem.

Pal Joey - #3 - 1991

r2132913493474966868_600Dietro il moniker Pal Joey si cela Joseph Longo, producer attivo soprattutto nella prima metà degli anni Novanta e tra i fautori del primo sound deep-house. A metà strada tra clubber e b-boy, il suo approccio ritmico assorbiva l'influenza hip-hop dell'epoca, ma la plasmava su armonie dal timbro nostalgico. Sample vocali sospesi tra il sognante e l'eerie ("Spend The Night") si alternano a digressioni blue-note del pianoforte, che evocano il lirismo di una ballad ("Flight 801"). Il rapporto A-B side è un micro-manifesto di ripetizione e magnetismo ma ancora profondamente legato al decennio appena trascorso. Con sole due tracce, "#3" distilla l'essenza primigenia del genere: un suono ruvido eppure ipnotico, una lisergia gentile e priva di orpelli, che nella semplicità dei mezzi tecnici trova la sua forza espressiva, tessendo meditazioni urbane per skater e dichiarazioni d'amore per writer in cerca d'ispirazione.

Uniile - Uniile 1 - 2015

6023471_600Il caso Uniile è una delle anomalie più affascinanti del sottobosco house. Nato nell'anonimato e diffuso attraverso i canali YouTube, il progetto ha alimentato per anni un'aura di mistero: chi si celava dietro Uniile? Pubblicato inizialmente sotto l'enigmatica dicitura "unknown artist", solo di recente il nome dietro il moniker è stato rivelato: Leo Pol, giovane talento francese della nuova ondata deep-house, quella smaterializzata tra micro-elementi frantumati e nostalgie low-fidelity. "Uniile 1", però, si distingue da questa formula, disegnando un percorso più sfaccettato, di raffinatezza modale, con fugaci incursioni nella French-house, come nel magnetico groove funk di "You Got The Funk". Il punto di forza dell'Ep è senza dubbio la sua versatilità: dalla sincopata eleganza ritmica dell'opener "What Up" ai momenti che abbandonano quasi del tutto la dimensione club per tuffarsi in un jazz-in-loop dai toni solari ("A Jazz Thing"), fino al banger dal respiro r&b ("Une Ile"). Un viaggio che, una volta svelato il mistero, si è subito imposto come un nuovo classico del genere.

YMC - Satellite Traxx - 2000

r1584013838121559987_600Chicca sottovalutata (ma neppure troppo) del versante più etereo e danzereccio della deep-house, gli YMC sono stati un duo capace di incarnare al meglio la freschezza e il positivismo del sound club anni Duemila. Qualcuno potrebbe ricordarli per "Nu Direction", traccia inclusa nella versione 2.0 di Reason, una DAW (Digital Audio Workstation, ovvero un software per la produzione musicale, come Ableton Live o Logic Pro) particolarmente popolare nei primi anni Zero. Ma "Satellite Traxx" va oltre la brillantezza di quegli esperimenti, condensando in quattro tracce un microcosmo di sublimazioni notturne. La loro visione, affine a quella della label Driftwood, si modella su un substrato di trance celestiale, dove emergono "Weightless", un viaggio fluttuante nell'onirico Bpm della tech-house, e l'estasi mentale di "Mr. Gone". Queste escursioni timbriche, disegnate con cura per il dj-set, si snodano in lunghi intro e sottili mutazioni nel sound design, dando vita a un piccolo capolavoro sommesso.

05/03/2025

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