Giorgio Valletta - Club To Club

Il futuro dell'avant-pop

Insieme a Sergio Ricciardone, ha formato prima l'associazione Xplosiva, che anima le serate torinesi da più vent'anni, e poi, nel 2002, Club To Club. Dj, conduttore radiofonico (Radio Flash, Radio Raheem), giornalista musicale (Rumore), talent scout.
Abbiamo fatto due chiacchiere con Giorgio Valletta, co-responsabile delle scelte artistiche di uno dei festival più importanti d'Europa, per farci raccontare di Aphex Twin e del futuro dell'avant-pop.

Partiamo dalle presentazioni: in cosa consiste il tuo ruolo di Music Advisor in un'associazione come Xplosiva e, più specificatamente, nel contesto del Club To Club?
Il mio contributo consiste nel mettere al servizio del festival la mia attività quotidiana di ascoltatore di musica e artisti nuovi, cosa che faccio sin da quando ero adolescente. Non è ovviamente l’unico contributo, ci sono anche quello di Sergio Ricciardone (presidente e art director del festival), con il quale ho fondato Xplosiva nel 1995, e di Roberto Spallacci (director e cultural manager). In più, nello staff da alcuni anni c'è Guido Savini, che affianca Sergio sia nelle scelte musicali sia dal punto di vista delle relazioni con le agenzie di artisti. 

Il tema di quest'anno ("La luce al buio") è nato dalla passata edizione del C2C, quando Nicholas Jaar ha proposto la sua versione di "L'ombra della luce" di Battiato inserendo un campione dell'autore che dice "Io adesso posso dire che preferisco la luce al buio": è stato solo questo a guidarvi nel scegliere la line-up 2018 o ci sono stati anche altri parametri?
In realtà la scelta è sempre di più guidata dal nostro gusto, dalla voglia di accostare nomi emergenti o spesso al debutto italiano dal vivo, cercando di profilare quella che potrebbe essere la musica più interessante nell'immediato futuro. La definizione che più accompagna il festival ultimamente è quella di avant-pop, nel senso che ci riteniamo troppo poco sperimentali per essere definiti un festival d'avanguardia e troppo poco mainstream per essere definiti pop. Siamo in pratica in un'area grigia, una via di mezzo che ci permette di mescolare influenze e mettere in relazione un pubblico che normalmente segue artisti "di massa" con uno che normalmente segue cose più di nicchia. Penso che sia una caratteristica peculiare del festival e anche parte della sua forza.

In parte hai già risposto alla mia domanda successiva: oggi C2C è più una vetrina sull'elettronica contemporanea o un momento di avanguardia pop?
Per me è tutte e due le cose. Con il claim, la luce al buio, ci siamo ritrovati subito, perché il festival da molti anni a questa parte cerca di accendere spazi che prima erano vuoti, portare la luminosità della musica più stimolante dove in realtà spesso e volentieri imperano scelte banali o mediocri. Crediamo sia una frase nella quale il festival può specchiarsi. Spero che la cosa non suoni troppo presuntuosa.

Tutt'altro, è chiaro che la vostra proposta mira ad allargare l’orizzonte di ascolti del pubblico.
Ne approfitto per aprire una parentesi: noi abbiamo mantenuto il nome Club To Club negli anni ma oggi può apparire un po' fuorviante. All'inizio il festival era davvero dedicato al clubbing ed era itinerante, quindi il nome aveva senso. Oggi, come tu ben sai, le performance dal vivo prendono il sopravvento rispetto ai dj set e anche per quanto riguarda i generi musicali la definizione va un po' stretta. Quest'anno c'erano Iceage e Beach House, in passato Swans e Battles, oppure Battiato.

In genere, come si compila la timetable di una serata C2C? Gli artisti fanno richieste in tal senso?
È una combinazione di molti fattori, e a volte ci sono richieste specifiche. La sintesi finale permette di arrivare a un flusso che abbia senso dal punto di vista delle abitudini del pubblico (i live più indie all'inizio, i dj-set nell'ultima parte, perché nelle ore piccole il pubblico vuole ballare), però a volte ci piace sovvertire queste regole. Normalmente gli artisti di punta si esibiscono al centro del programma, ma ci sono state delle eccezioni, tipo gli Autechre (che nel 2016 si sono esibiti alle 4 del mattino, ndr).

Questa edizione ha visto il festival fare un salto ulteriore in termini di visibilità e importanza. Non che ce ne fosse davvero bisogno, data la risonanza che ormai il festival ha a livello europeo, ma il nome di Aphex Twin è stato un ovvio catalizzatore di attenzione per una larga fetta di pubblico. Come è nato il suo coinvolgimento a C2C?
Non ti nascondo che si tratta di uno di quei nomi che avevamo nell'agendina da qualche anno a questa parte. Quando è nato Club To Club, non avremmo mai sperato di mettere nel programma nomi come il suo o i Kraftwerk o Thom Yorke, però ovviamente poi gli inseguimenti riescono a concretizzarsi soltanto quando la reputazione di un festival come questo comincia ad avere una certa solidità e quando c'è anche una credibilità forte presso gli artisti internazionali. A quel punto, alcuni di loro che non vengono molto facilmente a suonare in Italia, o non si fidano delle cose che sentono dire, iniziano ad avere una percezione diametralmente opposta.

So che tu hai intervistato Richard un paio di volte negli anni Novanta, quando il suo status non era ancora quello di semidio...
Confermo. La prima volta al telefono, la seconda volta di persona in un pub nel centro di Londra.

Quest'anno hai avuto occasione di fare due chiacchiere con lui?
Io no, ma c'è riuscito Sergio: sia Richard che il suo manager erano molto contenti di come era andata la performance. Hanno espresso particolare soddisfazione, pare che sia stata una delle date di cui sono stati più contenti negli ultimi tempi.

Sapevate come sarebbe stato il suo show o la cosa ha sorpreso anche voi? Mi riferisco in particolare ai volti dei personaggi importanti, piemontesi e italiani, stravolti da Weirdcore.
Ci sono state delle scelte che ci hanno stupito, su altre invece ci sono stati dei nostri input, ma poi alla fine il prodotto finale è stata opera di Weirdcore, così come tutto il lavoro creativo attorno a quei volti.

Io ho perso il set a sorpresa di Kode9 proprio perché cominciava dopo quello di Aphex, e in quel momento sentivo il bisogno di smaltire l'overdose sensoriale.
Abbiamo avuto la stessa esigenza (ride, ndr).

Davvero Kode9, già ospite di diverse edizioni precedenti, aveva deciso che avrebbe suonato nel momento in cui tutti cercavano, se mi passi il termine, la sigaretta del dopo-amplesso?
Noi in realtà avevamo annunciato prima che ci sarebbe stato un ospite a sorpresa, indicato da un punto interrogativo sul programma, cosa che in qualche modo ha attirato ulteriore attenzione su quello slot. Kode9 è un amico del festival e sapevamo che si sarebbe prestato volentieri al gioco, ma in ogni caso penso che anche per lui sia stato un privilegio esibirsi dopo Aphex. Ovviamente, dopo un set come quello, chiunque si sarebbe trovato in difficoltà, quindi in un certo senso colgo l'occasione di questa intervista per ringraziare ufficialmente Steve (Goodman, vero nome di Kode9, ndr) per avere permesso questa cosa. E comunque, a giudicare dai feedback del pubblico, il suo set pare sia stato particolarmente coinvolgente. Stiamo parlando di fuoriclasse, di gente che magari non avrà lo status di personaggio incredibile la cui faccia e le cui gesta sono note a tutti, ma la sua Hyperdub è un'etichetta che ha comunque segnato la musica di questi due decenni.

Un tema sempre sottotraccia, quest'anno rappresentato da artisti come Yves Tumor e Blood Orange (ma mi viene in mente anche Elysia Crampton un paio di edizioni fa), è quello relativo alla rivendicazione di una sessualità non legata necessariamente al dato biologico. Pensi che la club music resti il contesto musicale che meglio permette agli artisti di esprimere questo aspetto?
Sì, lo è da sempre, anche se Yves Tumor in realtà sfugge alla categoria club music, così come Blood Orange. Basti pensare alla disco negli anni Settanta (e a tutto quello che ne seguì), che si impose come la musica delle minoranze in America e in particolare quella della minoranza afroamericana e di quella gay. Il dancefloor è sempre la stata la dimensione in cui affermare la propria identità e la liberazione da questo punto di vista, due cose che la società ha sempre cercato di reprimere in tutti i modi. Credo che poi oggi sia un argomento all'ordine del giorno in molta della musica più innovativa. Altri artisti che hanno preso parte a C2C in passato, tipo Arca, ci fanno capire che non si tratta solo di una posa o di una moda, ma che c’è qualcosa di molto più profondo al riguardo.

Club To Club ha felicemente compiuto 18 anni. Musicalmente, ritieni che il festival sia diventato adulto proprio per la sua capacità di imporre una personalissima visione di clubbing contaminato?
Non saprei, è stata una scelta progressiva, organica, che come ti dicevo ha preso le distanze dal club sound fine a sé stesso. In questo momento il festival, almeno in Italia, è un punto di riferimento per chi ascolta la musica più attuale, più innovativa, e cercherà di esserlo ancora di più nelle prossime edizioni. Il compimento della maggiore età ci responsabilizza da questo punto di vista. Questa fase di crescita può portare a un'evoluzione anche non strettamente legata al numero di spettatori coinvolti. La prossima edizione, su cui stiamo già cominciando a fare dei ragionamenti, porterà qualche cambiamento.

Sentite il peso delle nuove sfide?
Sì, lo abbiamo sentito e abbiamo cercato di reggerlo. Parlando banalmente degli spazi, il fatto che quest'anno siano stati utilizzati per la prima volta due interi padiglioni del Lingotto è una scommessa che abbiamo vinto anche grazie al coinvolgimento di artisti importanti come Aphex. Così come l'evento domenicale, che negli ultimi anni si era tenuto nel quartiere di San Salvario, si è spostato in un luogo in questo momento importantissimo per quella che sarà l'evoluzione della Torino dei prossimi anni, ovvero Porta Palazzo. Anche questo ci ha permesso un'affluenza di pubblico ancora più importante. Una delle cose della domenica vissute con maggior piacere è stato l'evento in partnership con il festival "Diggin' In The Carts", grazie al quale due compositori giapponesi di colonne sonore per videogiochi – Yuzo Koshiro e Motohiro Kawashima - si sono esibiti insieme a Kode9, dando vita a un'altra di quelle cose che si vedono raramente in Italia e di cui siamo particolarmente orgogliosi. Diciamo che Club To Club cercherà sempre di più di offrire esperienze e momenti unici, che difficilmente si vedono dalle nostre parti.

Avete già tutta la mia riconoscenza a prescindere. Tu sei un personaggio chiave della scena musicale torinese da tanti anni, in ogni caso da ben prima che nascesse C2C. Insieme agli altri soci di Xplosiva hai messo la tua esperienza anche al servizio dello scouting di nuovi talenti dell'elettronica. The Italian New Wave (il progetto che ingloba artisti come Bienoise, Vaghe Stelle, Lorenzo Senni) è nato così?
Sì, The Italian New Wave è proprio nato per promuovere la scena italiana legata alla musica elettronica poco convenzionale, anche qui piuttosto distante dal clubbing, visto che pochi di loro sono artisti che producono musica per il dancefloor. Molti sono difficilmente definibili, altri sono diventati capiscuola, come Lorenzo Senni.

Uno che è stato citato proprio da Aphex Twin...
Sì, sono molto amici, e ora anche colleghi di scuderia, da quando Lorenzo è approdato a Warp. Una cosa che tuttora continua a stupirmi e a inorgoglirmi riguardo a Lorenzo è il fatto che spesso le riviste internazionali, quando parlano di artisti nuovi, per trovare una pietra di paragone dicono "Eh, questo ricorda un po' Lorenzo Senni". Questo significa aver creato una scuola. The Italian New Wave ha proprio la missione di promuovere artisti con un percorso individuale originale, gente che nella maggior parte dei casi ha oggi una visibilità internazionale notevole. Sono quasi più famosi all'estero che in Italia, e questo è un punto su cui ci sarebbe da riflettere seriamente.

Per concludere, una domanda che non si può non fare a un Music Advisor, soprattutto a fine anno: quali sono i dischi preferiti da Giorgio Valletta nel 2018?
Ahia, è la domanda più impensabile a cui non posso rispondere (ride, ndr). Come sai scrivo per Rumore, che nel numero di gennaio conterrà le chart di fine anno individuali dei redattori, per cui non posso "bruciarla". Posso dirti però, e credo che non mi uccidano per questo, qual è il mio disco numero uno: "Devotion" di Tirzah.

Mi è piaciuta moltissimo al C2C quest'anno...
Anche a me. Temevo che il live potesse essere inferiore alle mie aspettative, visto che il disco mi era piaciuto così tanto, ma in realtà è stata fantastica. La presenza di una come Mica Levi (produttore, ndr) è stata determinante, ed è davvero un progetto che sono curioso di vedere come si evolverà nel tempo.

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